NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS - LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 20 - n. 45 - 28-11-2020

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI
2.  NEWS FLASH: DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA
3.  NEWS FLASH: APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO SUL RISCHIO DI AZIONI TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO
4.  NEWS FLASH: ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI CONDANNA PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN IRAN
5.  NEWS FLASH: SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN SOMALILAND PER OMICIDIO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


LETTERA ALL'UNIONE EUROPEA DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: SALVIAMO AHMADREZA DJALALI
In una lettera congiunta all'Alto Rappresentante dell'Unione Europea per gli Affari Esteri, Josep Borrell, dieci organizzazioni internazionali per i diritti umani chiedono un'azione immediata per salvare la vita di Ahmadreza Djalali. Il testo completo della lettera e l'elenco dei firmatari sono i seguenti:

H. E. Josep Borrell
Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza,
Vicepresidente della Commissione Europea
Rue de la Loi / Wetstraat 200-1049 Bruxelles

Roma, 25/11/2020
Gentile HR / VP Josep Borrell,
Le scriviamo per esprimere la nostra profonda preoccupazione per il caso di Ahmadreza Djalali.
Abbiamo appena appreso che il dottor Ahmadreza Djalali è stato messo in isolamento e sarà presto trasferito nella prigione di Rajai Shahr dove verrà eseguita la sua condanna a morte.
Il dottor Djalali è un ricercatore iraniano-svedese affiliato all'istituto svedese Karolinska di Stoccolma e all'Università italiana del Piemonte Orientale a Novara, dove ha svolto ricerche sul miglioramento delle risposte di emergenza degli ospedali al terrorismo armato e alle minacce radiologiche, chimiche e biologiche. È stimato a livello internazionale e collabora regolarmente con i principali istituti di ricerca europei. Il contributo del Dr. Djalali è innegabile in questo campo di ricerca. La sua ricerca innovativa è stata condotta in ambienti multiculturali e in collaborazione con colleghi e istituzioni in diversi paesi. I suoi studi hanno portato alla pubblicazione di più di quaranta articoli scientifici con lo scopo di migliorare la risposta all'emergenza non solo nel suo paese, l'Iran, ma anche in Europa.
Il dottor Djalali è stato arrestato in Iran nell'aprile 2016 e successivamente condannato per spionaggio, senza che venissero fornite prove materiali, a seguito di un processo affrettato e segreto, guidato dal tribunale rivoluzionario iraniano, e senza dare spazio alla difesa.
Il dottor Djalali ha trascorso un lungo periodo di detenzione, con isolamento inizialmente totale e poi parziale nella prigione di Evin. Per tutto il periodo di prigionia è stato sottoposto a torture psicologiche così pesanti, che è stato costretto, in due occasioni, a registrare false confessioni, leggendo testi preparati dai suoi inquisitori. A seguito di un processo svoltosi a porte chiuse e in violazione di ogni minimo standard di legalità, il 21 ottobre 2017 è stato condannato a morte per “corruzione sulla terra” (Efsad-e fel-arz).
Secondo quanto riportato dal settimanale scientifico internazionale Nature (23 ottobre 2017), una fonte vicina a Djalali ha rivelato, attraverso un documento presentato come trascrizione letterale di un testo manoscritto prodotto da Djalali all'interno del carcere di Evin, che nel 2014 è stato avvicinato da agenti dell'intelligence militare iraniana che gli hanno chiesto di raccogliere informazioni sui siti chimici, biologici, radiologici e nucleari occidentali, nonché sulle infrastrutture critiche e sui piani operativi antiterrorismo. Il documento afferma che Djalali crede di essere stato arrestato per essersi rifiutato di spiare per conto dei servizi segreti iraniani.
Noi firmatari di questo appello chiediamo all'UE di intervenire immediatamente per ottenere la sospensione della condanna a morte che, a tempi brevi, può porre fine alla vita di un innocente, e per garantire che Ahmadreza Djalali possa ottenere accesso a cure mediche tempestive e adeguate.
Grazie per l'attenzione e la risposta.
Cordiali saluti,

FIDU - Federazione Italiana Diritti Umani
Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica
CRIMEDIM - Centro di Ricerca in Medicina d'Emergenza e Disastri (Università del Piemonte Orientale)
ECPM - Ensemble Contre la Peine de Mort
Eumans!
Comitato Globale per lo Stato di Diritto "Marco Pannella"
Iran Human Rights
Nessuno Tocchi Caino / Hands Off Cain
Scholars at Risk Italy (SAR Italia)
Scienza per la Democrazia

Questo appello è supportato anche da:
Sen. Prof. Elena Cattaneo
Amb. Giulio Maria Terzi di Sant'Agata, già Ministro degli Affari Esteri italiano
Prof. Frederick Burkle. Harvard Humanitarian Initiative, Università di Harvard
Prof. Gregory Ciottone, Presidente WADEM - World Association of Disaster and Emergency Medicine
Prof. Francesco Della Corte, Direttore di CRIMEDIM

(Fonte: IHR, 25/11/2020)


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

DRAMMA CARCERI, PROSEGUE IL SILENZIO DI MEDIA E POLITICA

Articolo di Rita Bernardini pubblicato su Il Riformista del 27 novembre 2020

Due lettere che mi arrivano dal carcere. La prima è di un familiare di un detenuto della Casa di reclusione di Milano-Opera che racconta, dopo una telefonata, della diffusione del Covid nelle sezioni dell’Alta sicurezza, AS1 e AS3. Mi colpisce quando riferisce dei detenuti dell’AS3 dove si trovano – afferma – i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non escono dalla stanza o non si alzano dal letto e li penso mentre vivono minuto dopo minuto la loro straziante solitudine.
«Buongiorno Rita, le scrivo per metterla al corrente della situazione Covid a Opera nella sezione degli AS. Nella casa di reclusione di Opera le restrizioni sono partite subito alla fine di ottobre quando sono state bloccate le uscite dei permessanti i quali, da mesi isolati nel centro clinico perché potessero usufruire dei permessi senza mettere a rischio i compagni di sezione, sono stati riportati nelle loro celle, dopo essere stati sottoposti a tampone.
Dopo un primo periodo, dove pareva che anche la seconda ondata di contagi avesse risparmiato Opera, l’11 novembre, da una telefonata con il mio familiare ivi ristretto, vengo a conoscenza di numerosi positivi nel corridoio dell’AS3, posto sullo stesso piano della AS1. È una parte della AS3 dove sono collocati i più anziani, i più fragili, coloro che spesso non escono dalla stanza o non si alzano dal letto. Ancora gli AS1 risultavano indenni al virus. Nel giro di poche ore però il tam tam dei familiari e dei volontari alza il numero dei positivi oltre la ventina. Di questi alcuni sono della sezione degli AS1, per la precisione 3. Nei giorni a seguire risultano positivi altri AS1, tra questi c’è anche un detenuto sempre presente ai laboratori di Nessuno Tocchi Caino Spes contra Spem.
I familiari apprendono del trasferimento del proprio caro attraverso di me e rimangono alcuni giorni senza sue notizie. Quando la comunicazione riprende regolarmente apprendono che verrà trasferito a San Vittore. Ancora oggi si trova in quel carcere, nel reparto destinato ai positivi al virus. Dice di trovarsi bene e di avere i sintomi di una lieve influenza. Lunedì 23 novembre ha effettuato il tampone che è risultato ancora positivo, pertanto dovrà attender per rientrare a Opera. Degli altri non so nulla, ma pare siano in maggioranza asintomatici o con sintomi lievi. Oggi ho avuto un ulteriore aggiornamento, altri 8 positivi nella sezione AS3 e 5 in uno dei due corridoi degli AS1, per l’altro corridoio i risultati arriveranno presumibilmente nella giornata di domani. Sommando tutti i casi si arriva a un considerevole numero che oltrepassa il 40.
In tutto questo tempo l’intero piano è rimasto in quarantena, chiusi gli spazi comuni, le salette hobby e i passeggi sono con i compagni del proprio corridoio. Inoltre, sono state cancellate tutte le videochiamate Skype in quanto si svolgono nell’area colloqui, non più accessibile a coloro che risultano in quarantena. I colloqui sono stati interrotti da metà novembre. Nel frattempo è partita la fornitura regolare di mascherine e sono stati posti igienizzanti nei corridoi. Vi scrivo questo poiché i detenuti sono dispiaciuti del fatto che la notizia non è ancora giunta ai media, in particolare, alla voce di radio radicale».
La seconda è una lettera di solidarietà allo sciopero della fame in corso che mi giunge dal carcere di Velletri. Un messaggio pieno d’affetto che centra due problemi: il silenzio dei mezzi di informazione sul carcere e il cinismo della politica: noi e gli immigrati – afferma questo recluso – siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e della demagogia per poi raccogliere consenso.
«Ciao Rita, mi chiamo F.M., sono detenuto presso il carcere di Velletri.
Prima di tutto vorrei chiederti: come stai? In secondo luogo vorrei ringraziarti a nome di tutti gli altri 500 detenuti – o “compagni di avventura”, come amo chiamarli io – per tutto quello che fai per noi. In modo particolare per quello che stai facendo in questo momento. E vorrei sottolineare l’assordante e vergognoso silenzio da parte di quasi tutti i media sul tuo sciopero della fame per richiamare l’attenzione delle istituzioni politiche e parlamentari affinché si accenda un faro sulla drammatica situazione nelle carceri e sulla mala-giustizia italiana.
Al momento qui nel carcere di Velletri la situazione sembra essere sotto controllo, ovviamente per quel che ci è dato sapere. Ma trovo assolutamente vergognoso e non degno di una società che si ritiene civile il comportamento e le misure che ci vengono riservate dalla politica. Se possibile, siamo considerati peggio di una discarica sociale. Peggio, perché viene sfruttata la nostra disperazione e quella dei nostri familiari per meri scopi politici o, peggio, di propaganda. Certa informazione e certi esponenti politici hanno bisogno di noi, poveri detenuti, come il formaggio per il topo. Noi e gli immigrati siamo il terreno fertile dove piantare il seme dell’odio e della demagogia per poi raccogliere consenso.
Avrei molto altro da scrivere, ma non ti voglio tediare. Ti invio 500 abbracci virtuali.
Un caro saluto, F.M.».
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/dramma-carceri-prosegue-il-silenzio-di-media-e-politica-178878/

APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO SUL RISCHIO DI AZIONI TERRORISTICHE CON COPERTURA DELLO STATO IRANIANO
Al Ministro degli Esteri Luigi di Maio

L’associazione Nessuno tocchi Caino Le esprime grande preoccupazione per la continua violazione dei diritti umani in Iran e per le impiccagioni degli arrestati nelle manifestazioni antigovernative che esplosero un anno fa e che costantemente monitoriamo.
La preoccupazione riguarda anche l’estensione all’Europa della violenza repressiva, brutale di un regime che se vede un militante dei diritti umani, un oppositore politico, insomma una voce dissenziente, ad esso si relaziona con la pulsione e l’atto della soppressione, dell’annientamento, del mettere a tacere. Fino a giungere a concepire e realizzare azioni terroristiche anche nel nostro continente.
Esponenti della nostra associazione ne hanno fatto l’esperienza diretta quando, il 30 giugno 2018, parteciparono al raduno annuale del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana a Parigi, un movimento di opposizione, fatto per lo più di esuli, guidato da Maryam Rajavi che vuole un Iran libero e democratico. Il suo è un programma improntato al rispetto dei diritti umani e allo Stato di Diritto. Il solo fatto che una donna iraniana presieda questa organizzazione spiega la forza alternativa che incarna e dunque la furia annientatrice, cieca e mortifera, che provoca in un Iran teocratico e misogino.
Maryam Rajavi è stata infatti l’obiettivo dell’attentato terroristico ordito per far saltare in aria, oltre che lei, molti partecipanti alla manifestazione del 30 giugno 2018. Persone come le centinaia di personalità del mondo libero e democratico: Ingrid Betancourt, Patrick Kennedy, Gilbert Mitterand solo per citarne alcuni. L’attentato è stato sventato e il 27 novembre si aprirà un processo a carico di quattro persone iraniane, tra cui un diplomatico iraniano, in carcere in Belgio.
Nell’ultima relazione annuale dell’Intelligence Service federale tedesco, del luglio 2020, è scritto: “Un diplomatico in servizio all’ambasciata iraniana a Vienna, il terzo segretario Assadollah Assadi, è stato arrestato, il 1° luglio 2018, in Germania in seguito a un mandato d’arresto europeo spiccato dalle autorità giudiziarie belghe. Assadi, in pieno servizio presso il Ministero delle Informazioni, è accusato di essere stato il coordinatore di un tentativo di attacco con esplosivi al raduno annuale dei Mojahedin del Popolo a Parigi che ha avuto luogo il 30 giugno 2018”. L’Intelligence Service federale tedesco nelle sue relazioni precedenti aveva affermato che un importante centro di attività d’intelligence del regime “incentrato sui Mojahedin del Popolo e sul Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana” era “l’ambasciata iraniana a Berlino”.
La Francia ha espulso, il 2 ottobre 2018, un diplomatico iraniano; tre ministri francesi hanno condannato l’azione terroristica iraniana in Europa. Negli ultimi due anni sono stati espulsi sei diplomatici iraniani dai Paesi Bassi e dall’Albania. Il primo ministro albanese Edi Rama ha svelato, il 19 aprile 2018, un importante complotto terroristico del regime iraniano in Albania, che doveva essere attuato nell’occasione della festa del capodanno iraniano; questo ha causato l’espulsione dell’ambasciatore iraniano e capo dell’intelligence iraniana di stanza a Tirana.
Queste azioni terroristiche condotte in Europa sono solo l’altra faccia dell’intensificazione dell’oppressione all’interno del Paese; come l’impiccagione del campione iraniano Navid Afkari, che ha scioccato l’opinione pubblica mondiale.
Sappiamo che la Dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea del 29 aprile 1997, prevede che gli agenti iraniani dell’intelligence con copertura diplomatica, giornalistica, economica eccetera siano espulsi e i centri con copertura religiosa o culturale in servizio al terrorismo che diffondono l’integralismo siano chiusi.
Ci rivolgiamo dunque a Lei Ministro per informarla e per chiederle, al di là del corso giudiziario sul tentato attacco terroristico a Parigi, di occuparsi della minaccia che l’Iran costituisce.
Siamo profondamente convinti che il condizionamento al rispetto dei diritti umani di ogni relazione con l’Iran, tanto in sede bilaterale quanto in quella multilaterale, sia il miglior deterrente ad ogni minaccia terroristica.
Pensiamo anche che, vista la comprovata copertura diplomatica dello Stato iraniano a obiettivi terroristici in Paesi europei, si debbano prendere tutte le misure necessarie a verificare la situazione rispetto al nostro Paese, come in Europa e, se del caso, adottare i provvedimenti conseguenti come previsto dalla Dichiarazione del Consiglio dell’Unione Europea.


ONU: 67ESIMA RISOLUZIONE DI CONDANNA PER LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI IN IRAN

Il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, competente in materia di diritti umani, il 18 novembre 2020 ha approvato una Risoluzione che condanna le violazioni dei diritti umani in Iran.
Si tratta della 67a risoluzione di condanna da quando i mullah hanno preso il potere nel 1979.
Il Terzo Comitato (Sociale, Umanitario e Culturale) ha inviato all'Assemblea Generale sette bozze di risoluzione, cinque delle quali incentrate su situazioni specifiche di singoli paesi, e oggetto di un acceso dibattito.
Una bozza di risoluzione sui diritti umani in Iran - approvata con un voto registrato di 79 a favore, 32 contrari e 64 astensioni - esprime seria preoccupazione all'Assemblea Generale per la frequenza allarmante con cui viene imposta la pena di morte, in particolare contro i minori. La Risoluzione chiederebbe all'Iran di garantire che nessuno sia sottoposto a tortura - o altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti - e di porre fine all'uso diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrarie, inclusa la pratica della sparizione forzata.
Il rappresentante dell'Iran ha affermato che la presentazione di una bozza di risoluzione politicamente motivata riflette il comportamento distruttivo di coloro che manipolano le questioni relative ai diritti umani. "Questi falsi predicatori" agiscono come complici volontari del terrorismo economico intrapreso dagli Stati Uniti contro i civili in Iran, ha detto, denunciando le misure coercitive unilaterali illegali imposte al suo paese.
La bozza di Risoluzione esprime seria preoccupazione “per la frequenza, alta in misura allarmante, con cui vengono emesse ed eseguite condanne a morte, […] in violazione dei suoi obblighi internazionali, comprese le esecuzioni compiute contro persone sulla base di confessioni forzate o per reati che non si qualificano come i più gravi, compresi reati la cui definizione è eccessivamente ampia o vaga, in violazione del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici […] la continua imposizione della pena di morte contro i minori […] in violazione della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia”.
La bozza di Risoluzione esprime anche allarme per “l’uso diffuso e sistematico di arresti e detenzioni arbitrari […] l’uso della tortura per estorcere confessioni, come nei casi di Navid Afkari e di altri, e anche per casi di morte sospetta in custodia”, come per le violazioni di lunga data che coinvolgono la magistratura iraniana e le agenzie di sicurezza, comprese le sparizioni forzate e le esecuzioni extragiudiziali, e la soppressione del “diritto alla libertà di espressione e opinione, comprese le restrizioni diffuse all’accesso a Internet e nei contesti digitali, e del diritto alla libertà di associazione e riunione pacifica”, nonché per “molestie, intimidazioni e persecuzioni di oppositori politici, difensori dei diritti umani e tutte le forme di discriminazione e altre violazioni dei diritti umani contro donne e ragazze nella legge e nella pratica”.
Le misure repressive del regime sono aumentate negli ultimi mesi, mentre si avvicinava il primo anniversario della rivolta del novembre 2019, quando imponenti manifestazioni contro il governo si tennero in tutte le principali città del paese.
Il regime iraniano è furioso per la risoluzione. Il 16 novembre, Ali Bagheri-Kani, a capo dell'Alto Consiglio per i Diritti Umani della magistratura iraniana, ha dichiarato all'agenzia di stampa ufficiale IRNA: "Gli sforzi di alcuni paesi per approvare una risoluzione nel Terzo Comitato dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite contro la Repubblica islamica non hanno basi legali e non si basa sulle realtà dei diritti umani in Iran".
Bagheri-Kani ha anche accusato il Canada, che ha preparato la bozza di Risoluzione, di essere un violatore dei diritti umani.
La signora Maryam Rajavi, Presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI), ha accolto con favore l’adozione della 67a Risoluzione delle Nazioni Unite che condanna le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani in Iran.
“I responsabili della maggior parte dei crimini ai quali si riferisce la Risoluzione sono le stesse persone che hanno trasformato la rivolta del novembre 2019 in un bagno di sangue, uccidendo almeno 1.500 persone, compresi molti giovani, ferendone 4.000 e arrestandone altre 12.000. Sono gli stessi dirigenti del regime che hanno perpetrato continuamente crimini contro l’umanità negli ultimi quattro decenni, in particolare il massacro di prigionieri politici del 1988” – ha detto la signora Rajavi.
(Fonti: ncr-iran.org, UN, 18 /11/2020)


SOMALIA: SEI GIUSTIZIATI IN SOMALILAND PER OMICIDIO

Le forze di sicurezza del Somaliland, regione autonoma della Somalia, il 26 novembre 2020 hanno fucilato sei detenuti che erano stati riconosciuti colpevoli di omicidi deliberati.
Erano stati condannati a morte dai tribunali regionali di Hargeisa e Buroa, che avevano anche respinto i loro appelli.
I sei prigionieri messi a morte sono stati identificati come:
Yasiin Mohamed Yusuf, Sharmarke Sahal Ogle, Qulle Mohamed Elmi, Khalid Abdi Haydar, Khadar Mohamed Warsame e Abdikariim Mohamed Mahdi.
La fucilazione è stata eseguita nel carcere di Mandhera, circa 106 km a est della capitale Hargeisa, a circa due ore di macchina dalla città.
È la seconda volta che detenuti riconosciuti colpevoli di omicidi vengono giustiziati sotto l'attuale amministrazione guidata dal presidente Musa Bihi Abdi.
(Fonti: Somaliland Standard, 26/11/2020)

 

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