"Mi chiamavano piccolo fallimento" di Gary Shteyngart (Guanda, traduzione di Katia Bagnoli) + Ryan Adams + STAR

 


 

"Mi separo dai miei genitori per la serata. Mi trovo con il mio buon amico K nel sobborgo meridionale in cui vive. Ci facciamo un piccante kebab in un locale armeno. Ci raccontiamo barzellette su un certo leader del Cremlino dalla faccia cavallina e io bevo più vodka che posso. Lui domani lavora, ma quando ci abbracciamo e cerca di mettermi su un tram che mi riporterà in piazza della Rivoluzione, non voglio lasciarlo. Da ubriaco, guardo la città assemblarsi fuori dal finestrino del tram, il sovietico cedere al barocco. Mio padre è stato un malato di mente. Quindi adesso lo perdono? Il problema non è mai stato il perdono, bensì la comprensione. L'intero percorso psicoanalitico verte sulla comprnesione. Che cosa disse quando anni fa lo informai che ero in cura da uno psichiatra? "Avrei preferito che mi dicessi che eri omosessuale". Eppure lui lo sa, giusto? Sa che cosa significa non avere il controllo di se stessi. Vedere il mondo che ti scivola fra le mani. Sta forse cercando di regolare i conti con me? Vago per il nuovo centro commerciale Galerija, un colosso nei pressi di piazza della Rivoluzione, pieno di negozi Polo e Gap, e di altri fornitori di capi di abbigliamento della scuola ebraica che io non ho mai posseduto. È triste cercare le ferite del passato e non trovare niente. Solo il tonfo delle mie sneaker contro il freddo marmo del Galerija, l'eco dei miei passi, perché a quest'ora tarda di un giorno feriale sono praticamente solo. Nella mia camera d'albergo, con i genitori un piano sopra il mio, appoggio la testa sul cuscino e penso a mia moglie. Penso al suo calore. Penso al relativo silenzio della sua famiglia di emigrati, un silenzio che desidero ardentemente. Mia moglie. Anche se "lo scrittore" sono io, lei legge più di me. Quando vuole ricordare qualcosa di importante, piega le pagine del libro. I suoi libri preferiti sono fisarmoniche, testimonianaze di una ricerca infinita del senso. Penso a mia madre e a mio padre. Alla loro ansia costante. Ma quell'ansia significa che vogliono ancora vivere. A un anno dai quaranta, sento che la mia vista sta entrando nella sua seconda metà. La sento piegarsi in due. Intuisco l'inizio di quell'importante, lungo commiato. Penso a me stesso sulla banchina della metropolitana di Union Square. Sono invisibile, nient'altro che un breve ostacolo che altri devono aggirare. A volte mi chiedo: me ne sono già andato? E poi penso a mia moglie e sento il sibilo del treno numero 6, la presenza degli altri, la vita ancora dentro di me. Perché me lo ha detto oggi?" (pp. 372-373)

Ieri ho rivisto mio padre poco dopo aver teminato la lettura dell'intenso, divertente, fantasioso, malinconico (ma anche un po' noioso in alcuni passaggi) "Mi chiamavano piccolo fallimento" di Gary Shteyngart (Guanda, traduzione di Katia Bagnoli). Ci siamo visti per un'oretta. Gli ho consegnato qualche regalo. L'ho fatto contento portandogli del salmerino e mangiando le lumache con la polenta. Ma ogni volta che abbiamo provato a infilarci in discussioni serie siamo tornati come al solito nei nostri mondi separati, cercando di tenere a freno l'irritazione e la voglia di litigare. Riusciamo a comunicare in maniera migliore per telefono. In presenza lui si innervosice, tende a non ascoltare, a imporsi. In dei conti è un po' tutta la vita che considera pure me un piccolo fallimento: non sono diventato il calciatore che secondo lui avrei potuto diventare (anche se a quei tempi non perse mai occasione per svalutarmi), non mi sono laureato e non ho una carriera lavorativa come quella di mia sorella, non sono diventato uno scrittore, non mi sono sposato, non ho avuto figli, non ho soldi, siamo distanti politicamente, gli ho causato un sacco di problemi. Tende sempre a farmi sentire una merda anche se lo ascolto e lo ascolto e lo ascolto. Ma non sono mia sorella. E non mi è mai interessato esserlo. Molte ferite si sono ormai rimarginate, altre no ma alla fine tutto passerà e resteremo solo polvere.$


(Violence Against STAR)

Commenti