"E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie" di Giuseppe Culicchia (Feltrinelli) e divagazioni

 

Leggendo "E finsero felici e contenti. Dizionario delle nostre ipocrisie" di Giuseppe Culicchia (Feltrinelli) mi sono sentito a casa respirando aria di libertà, anche se poi da Culicchia sono probabilmente distante politicamente e molto altro e sono anche cresciuto con la maglia bianconera addosso. 

Ho respirato aria di libertà perché non ne posso davvero più di questi alfieri del politicamente corretto che censurano opere d'arte ritenute inaccettabili/razziste/misogine, che impongono un Giusto e uno Sbagliato, che indicano l'accettabile e inaccettabile, che stilano liste di fascistizzazione, che sostengono la democrazia ma osteggiano dibattiti aperti fra posizioni discordanti, che dividono Buoni e Cattivi a seconda dell'appartenenza politica o del ristorante gourmet dove si mangia, che si fanno problemi con Mark Twain o Woody Allen o con le statue di Lincoln o Churchill o di chissà cos'altro, che ti mettono la spiegona antirazzista a "Via col Vento" (roba davvero da mettere i brividi) e stilano un codice per partecipare agli Oscar, che se hai qualche dubbio sulla procreazione assistita sei automaticamente un fascista ma poi li mandi in crisi se gli dici che sostieni aborto/matrimonio omosessuale/adozione di figli anche da coppie omosessuali, che visto che sono di Sinistra si possono permettere ogni genere di epiteto verso i nemici politici, che se ami alcuni autori come Drieu, Céline, Brasillach, Houellebecq sei di sicuro un fascista, che ripuliscono la lingua da ogni presunta offesa, che si schierano a favore di Charlie Hebdo ma poi inorridiscono se prendono per il culo l'Italia, che difendono questa scuola classista e per niente meritocratica, che mi rompono i coglioni col cibo giusto e sano che dovrei bere e potrei andare avanti all'infinito.

Mentre lo leggevo ho pensato a un mio ex compagno di classe, leghista/meloniano di ferro, che ho incontrato durante il lockdown. Abbiamo frequentanto le stesse scuole dell'obbligo, i campetti da calcio, gli oratori. Ha due figli, lavora da mattina a sera. Il cosidetto bravo ragazzo che non fa che lavorare, star dietro alla famiglia, andare in chiesa. Peccato che in questi anni gli abbiano svaligiato casa due volte, stessa cosa a sua madre e ai cognati e questi fatti  gli hanno fatto salire la rabbia verso zingari, rumeni, marocchini e vorrebbe tanto prendersi un'arma e farsi giustizia da solo. Ci siamo parlati e lui a un certo punto mi fa "Tu sei un radicale e la pensi diversamente da me, abbiamo litigato ma non mi hai mai dato della merda, perchè?" "E perché dovrei darti della merda?" gli ho risposto.

Ecco credo che dalla mia famiglia, dalla letteratura, dalle esperienze che ho vissuto ho maturato alcune convinzioni ma sono anche diventato un grumo di contraddizioni, di amicizie fra loro discordanti, di dibbui che mi hanno aiutato a vivere liberamente gli incontri, a non distinguere fra bianco e nero con tanta facilità. Ho imparato ad ascoltare, a farmi contaminare, a scegliere e anche ad andare giustamente per la mia strada ma continuo a sentirmi distante da chi mi impone lo stile giusto per vivere, chi devo o non devo frequentare, con chi devo o non devo parlare, cosa devo leggere e cosa non devo leggere, con chi voglio scopare e quanto ci voglio scopare e come ne voglio parlare.

Ricordo ancora la volta che la bibliotecaria voleva impedirmi di leggere le opere di Céline ma anche Altri Libertini di Tondelli perché mi avrebbero fatto male.

Li lessi e mi hanno fatto invece un gran bene.

Proprio ieri una persona mi ha scritto "Ma come fai a leggere le pagine culturali de Il Giornale?" e io ho risposto "Guarda che se leggo anche il resto de Il Giornale e anche di Libero e non me ne vergogno"

E l'ho mandato a fanculo, perché ok che sono un nonviolento, un radicale ma ne ho pieno il cazzo che qualcuno mi viene a rompere il cazzo, puntandomi il ditino addosso del Comitato di Sanificazione del mondo, su quello che leggo o che penso o che scrivo.

"WOODY ALLEN Stigmatizzare duramente il fatto che baciò la diciassettenne Mariel Heminggway sul set di Manhattan. Stigmatizzare altresì e ancora più duramente il fatto che abbia sposato una figlia adottiva. Dichiarare di non voler più girare film con lui, così da ottenere un mucchio di "mi piace" sui social. Chiedersi se l'artista debba anche sempre avere nel suo cv una comprovata sessuale irrepresensibile. Riflettere almeno un istante sulla propria. Sostenere da un punto di vista democratico, femminista e di sinistra che pubblicarne il libro e/o distribuirne il film veicoli il messaggio che "tutti possono continuare a stuprare tutti in libertà, purchè vendano". Non rendersi conto." (pag. 67)

Un articolo su Barbadillo di Enrico Nistri: "Giornale di Bordo. “E finsero felici e contenti”: Culicchia demolisce il politicamente corretto. Lo scrittore torinese ha pubblicato un saggio illuminante (per Feltrinelli):è un glossario delle ipocrisie di una certa gauche caviar"

 


 

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