"Lettere dalla fine del mondo" di Massimiliano Parente e Giorgio Vallortigara (La nave di Teseo)

 

Non voglio scrivere nulla su "Lettere alla fine del mondo. Dialogo tra uno scrittore che voleva essere uno scienziato e uno scienziato che voleva essere uno scrittore" di Massimiliano Parente e Giorgio Vallortigara (La nave di Teseo) perché sprecherei solo un sacco di parole. Di questi temi discuto parecchio con la mia compagna che è molto più spirituale di me mentre io, seppur con tutte le mie debolezze e i miei dubbi, mi ritrovo molto nell'impostazione di Massimiliano Parente. Mi limito a consigliarvi di leggere questo intenso scambio epistolare perché ci troverete un sacco di spunti di riflessione. Io mi sono specchiato in queste lettere. E ho terminato questo libro seduto al freddo fuori da uno studio medico, in attesa di alcuni responsi.

"Caro Giorgio, 
stavo pensando a quello che mi dicevi dell'amicizia, a cui aggiungerei anche l'amore. Se non fosse per gli amici che ho, tra cui tu, e per le persone che amo, pernso che mi sarei già suicidato da tempo. Tuttavia anche questa non è una consolazione per me: ciò che ti rende felice è ciò che ti farà soffrire ancora di più quando lo perderai. Da una parte non amare nessuno ti mette al riparo dalla perdita. Per quanto riguarda le amicizie stimolanti, tu ne hai trovate molte tra i tuoi colleghi, io essendo uno scrittore non ho colleghi per definizione, ma ho trovato molti stimoli tra gli scienziati. in particolare gli unici discorsi intelligente sono riuscito a farli solo con i miei amici scienziati, in particolare con te, con l'astrofisico Nanni Bignami, e con sua figlia Giulia, chimica e nostra lettrice-ombra. C'è un motivo: con voi è possibile parlare dell'universo per quello che è, con un letterato mai. Tuttavia voi non ne parlate mai in un pibblico, è come se questa funzione fosse stata demandata a me da quando ho iniziato a scrivere. In qualche modo voi scienziati partecipate tutti alla retorica vitalistica, siete incapaci di dire l'orrore, che a differenza dei letterati conoscete. Dire l'orrore, per me non c'è cosa più umana. Denunciarlo a perdere, per me non c'è azione più eroica. Distruggere le illusioni.
In questo momento mi trovo tra le mani il libro di un'astrofisica, l'ennesimo libro che dice quanto sia bello l'universo. In copertina c'è una nebulosa, devono averla trovata particolarmente bella. Ma è solo una suggestione. Anche qui io vedo l'orrore. Pensa a cos'è realmente quell'ammasso di gasa, pensa cos'è l'universo: un immenso campo di concentramento senza senso. Oltretutto basta superare il sottile strato dell'atmosfera terrestree ed è tutto cancerogeno: raggi X, raggi gamma, raggi cosmici di ogni tipo, ma che bella quella nebulosa. Ma allora è bello anche un tumore. Guarda questo qui, non è veramente bellino? È un tumore alla prostata, ti sfido a metterlo a confronto con qualsiasi nebulosa e a decidere cosa è più bello. O è brutto solo perché sappiamo che è un tumore? Ecco, se facessimo questo libro insieme, io lo piazzerei in copertina in mezzo allo spazio, e rivelerei solo alla fine che c'è un tumore in copertina. Sarebbe un modo per portare anche te a dire l'orrore. Nessuno scienziato, che io sappia, l'ha fatto. Devono tutti infiocchettare la realtà. Io come scrittore ho sempre tagliato i fiocchi. Perché? Perché la verita è più importante." (pp. 265-268)

 

(Where You Find Me)

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