"Sciabole e Utopie. Visioni dell'America Latina" di Mario Vargas Llosa (Liberilibri, traduzione di Alessandra Battistelli, introduzione di Albergo Mingardi)

 

Mi sono accorto che nell'ultimo anno ho letto tantissime opere di Mario Vargas Llosa e in questi ultimi giorni ho terminato il suo densissimo "Sciabole e Utopie. Visioni dell'America Latina" (Liberilibri, traduzione di Alessandra Battistelli, introduzione di Albergo Mingardi) che è una raccolta di riflessioni politiche, filosofiche e culturali sull'America Latina che spaziano dalle dittature ai tentativi di svolte liberali, da Cuba (bellissimo il suo "Le "puttane tristi" di Fidel") ai grandi scrittori sudamericani. Luigi Mascheroni ne ha scritto benissimo su Il Giornale: "Il libero mercato per vincere i "caudillos" sudamericani. Da un giovanile semimarxismo alla cultura aperta e all'economia di mercato, riducendo il collettivismo all'individuo: autobiografia intellettuale di un romanziere da Nobel."

Da parte mia lascio alcuni spunti dalla bellissima introduzione, che ha il respiro di un mini saggio, di Alberto Mingardi:

"Vivere più vite in una, imparare a guardare il mondo con gli occhi di altri: sta qui la formidabile ricchezza del romanzo, ciò che lo rende unico. Forse se Vargas Llosa fa cominciare il suo liberalismo da Adam Smith, ne Il richiamo della tribù, è proprio perché egli è il filosofo che, nella Teoria dei sentimenti morali, tanto insiste sul fatto che "gli esseri umani si conoscono attraverso l'immaginazione". Il romanzo consente esattamente questo. "La buona lettura tende ponti tra persone diverse e, dandoci piacere, facendoci soffrire o sorprendendoci, ci unisce al di là delle lingue, del credo, degli usi, dei costumi e dei pregiudizi che ci separano." (pag. XXXIX)

"Vargas Llosa ha una concezione pedagogica della letteratura ma la sua è una pedagogia individuale e individualistica. Il romanzo "riguarda la società, la collettività, non tanto l'individuo quanto la città". Ma tanto scrivere quanto leggere sono attività squisitamente personali, come personali sono le emozioni, i pensieri, i sogni che il romanzo suscita. Il rapporto col libro è quanto di più individuale possa esistere e proprio per questo può essere vettore di una riflessione sulla società: perché l'introspezione è il primo passo di ogni uomo che voglia studiare se stesso e i suoi limiti. La letteratura porta i lettori "in un mondo di fantasia, ma quel mondo ha delle radici ben piantate nella realtà della vita vissuta. Per questo, oltre a condividere con loro un sogno, li forma e li istruisce affinché intendano meglio il mondo reale, la vita quotidiana, con le sue miserie e le sue grandezze, sottolineando ciò che in essa funziona male o molto male e ciò che, invece, potrebbe o dovrebbe andare meglio. La letteratura "non dice nulla agli esseri umani soddisfatti del loro destino, pienamente appagati dalla vita così come la vivono". È maestra di ribellione. I grandi romanzi sono porte d'accesso a una più piena comprensione dell'esistenza umana, "una visione coerente, totalizzante della vita, una visione che non possiamo raggiungere finché ne facciamo parte perché si fa continuamente, e poi si disfa e si riscostruisce, cosa che ci priva (...) della prospettiva nel suo insieme".(pp. XLI - XLII)

"L'idealità liberale di Vargas Llosa non è un sistema chiuso, e nemmeno un programma politico. È un'attenzione costante alla libertà individuale e alle sfumature che essa può assumere - e un altrettanto costante rifiuto di affogare l'individuo in un "aggregato" variamente definito, di considerarlo un ingranaggio di una più potente macchina collettiva." (pag. LVII)


(Emma Ruth Rundle on Audiotree Live (Full Session)

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