"La piccola conformista" di Ingrid Seyman (Sellerio, traduzione di Marina Di Leo)

 

"Sono nata da una percorina, con mia madre carponi su un tappeto in finta pelle di mucca. Non ne sono certa, ma ho buoni motivi per supporlo. Intanto perché, quando mi hanno concepita, i miei genitori si trovavano in una località sciistica. E poi perché non hanno mai nascosto la loro preferenza per questa posizione. A essere precisi, associo i titoli di testa della trasmissione televisiva L'École des fans al tempo in crescendo della prima pecorina che mi fu dato di sorprendere. Lo so che non tutti sono così fortunati a avere genitori sessantottini "ginanstica" in camera loro ogni domenica pomeriggio, mentre la figlia, con lo sguardo fisso sul conduttore Jacquest Martin, sognava righe di lato e calzini merlettati. Io sì. 
Sono nata, insomma, da destra, in una famiglia di sinistra. Questa inclinazione, evidente fin dal mio primo vagito, emesso il giorno di Natale per la disperazione di quell'atea di mia madre - che non mi aspettava così presto - e di quell'ebreo di mio padre - che in questo tiro del destino scorse le stimmate del malocchio gettatoci, a suo dire, dai nostri vicini di pianerottolo -, si confermò fin dal mia più tenera età. E per quanto entrambi concacrassero i primi tre anni della mia vita al tentativo di convertirmi alla loro visione del mondo, rimasi un'incorreggibile reazionaria." (pp. 9-10)

E fuori splende il sole, le temperature sono alte e non ho ancora capito quando e se mio padre riuscirà mai a vaccinarsi e se tornerò a lavorare ma stamattina ho letto "La piccola conformista" di Ingrid Seyman (Sellerio, traduzione di Marina di Leo), un romanzo folgorante, 180 pagine scarse, scritto da Dio, divertente, sarcastico, commovente, pungente senza mai scade in stupidi cliché e che mi fatto respirare prima che trascorressi altre due ore fuori da un ospedale. Ho trovato splendido il modo con cui l'autrice sia riuscita a restituire la voce di questa ragazzina figlia (spesso i romanzi/racconti con ragazzini sono abbastanza scontati mentre in questo caso ho respirato quelle atmosfere/stati d'animo della mia infanzia/adolescenza e che difficilmente si riesce a riprodurre quando si diventa adulti) di due sessantottini che passo dopo passo entra nell'età adulta (bellissima tutto il passaggio della conversione dall'ebraismo al cattolicesimo), non accetta le falsità, le pose ma che solo alla fine comprende suo malgrado quanto la vita sia piena di dolore, amore, di qualcosa che sfugge a qualsiasi ideologia/spiegazione/religione/opposizione e che ci squarcia il cuore in due. 
 
Un suono meraviglioso sale da queste pagine, una disamina feroce e partecipe di un mondo ribelle ma conformista, non convenzionale ma schiavo dei segreti, antiborghese ma incapace di conquistare la libertà. 

Sono arrivato all'ultima pagina con le lacrime agli occhi e la nostra gatta Emma che sfidava le sue paure provando a uscire sul balcone e a lasciarsi alle spalle i suoi traumi.

"Quella sera passai lunghi minuti a osservare il mio pube da bambina, pensando che il talento di Babeth nell'esacerbare l'angoscia che suscitava in me la comparsa dei primi attributi sessuali diventava ogni giorno più stabiliante. La ragione per cui non volevo crescere mi sembrava evidente. E mi chiedevo perché mia madre continuasse a non capire che, evitando di diventare adulta, intendevo mettermi al riparo da una vita come quella che le faceva fare Patrick." (pag. 153)

 
 

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