NESSUNO TOCCHI CAINO - IO CONOSCO AMBROGIO
NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS
Anno 21 - n. 11 - 13-03-2021
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : IO CONOSCO AMBROGIO
2. NEWS FLASH: IL ‘PARADOSSO’ DI UN SISTEMA DI GIUSTIZIA PENALE CHE INVECE DI RIDURRE IL CRIMINE LO ALIMENTA
3. NEWS FLASH: INDIA: NOVE CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER MORTI CAUSATI DA ALCOL ILLEGALE
4. NEWS FLASH: IRAN: L'OPERATRICE UMANITARIA BRITANNICO-IRANIANA
ZAGHARI-RATCLIFFE E’ STATA LIBERATA MA NON PUO’ LASCIARE IL PAESE
5. NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: CONDANNATI A MORTE CINQUE MEMBRI DEL DAESH
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
IO CONOSCO AMBROGIO
Rita Bernardini su Il Riformista del 12 marzo 2021
La condanna della Cassazione contro Ambrogio Crespi è un'altra pagina di
ingiustizia che non avremmo voluto leggere. Un incubo per una persona
innocente che dovrà entrare in carcere e subire la violenza di un
sistema che ogni giorno si rivela un tritacarne che alimenta se stesso.
A dispetto di qualsiasi logica e buon senso, anche in questo caso non
sono valse a nulla le prove d’innocenza e l’estraneità effettiva ai
fatti che gli sono stati contestati. Voglio dare ad Ambrogio
quell’abbraccio che nel 2013 ci ha fatti conoscere, durante una mia
visita ispettiva nel carcere di Opera dove era detenuto e, se allora ci
siamo detti tutto in quell'abbraccio, oggi più che mai sono accanto a
lui, cammino con lui affinché sappia che non è solo.
Allora era già sofferente per l’ingiusta detenzione che doveva subire,
posso solo intuire cosa stia passando oggi, dopo questa condanna che lo
colpisce insieme alla sua famiglia. Il mio abbraccio è ancora più forte
perché oggi è all’amico, al fratello ad una persona che stimo e alla
quale voglio bene.
E non posso dimenticare tutto il bene che gli ha voluto Marco Pannella.
A caldo, appresa la notizia della sentenza, ho voluto riascoltare la
conferenza stampa del 29 dicembre del 2012 al Partito Radicale.
Allora eravamo con Marco Pannella, Luigi Crespi, l’avvocato Giuseppe Rossodivita.
L'intervento di Marco ebbe la forza di raccontarci anche della Storia
del nostro Paese e della necessità di porre fine alla mala Giustizia.
Marco in un passaggio di quel dibattito disse: “quando non c'è diritto,
quando non ci sono valori, quando non c'è Storia, quando non c'è
Democrazia, s’impazzisce”. Si riferiva all'accusatrice di Ambrogio
Crespi, a quel magistrato, Ilda Boccassini, che aveva definito Ambrogio
Crespi, dopo aver letto sicuramente bene le carte e istruito le indagini
“sondaggista di Berlusconi”. Peccato che avesse confuso Ambrogio con il
fratello Luigi. Peccato che all’epoca dell’inchiesta nemmeno Luigi
Crespi fosse più il sondaggista di Berlusconi.
Marco Pannella nel dire che “s’impazzisce” si riferiva ad un altro
processo in corso, uno dei tanti Ruby istruiti contro Berlusconi che si
svolgeva contemporaneamente con l’inchiesta su Crespi. Quello che colpì
Pannella fu il tenore degli interrogatori d’indagine svolti da Ilda
Boccassini che, fissata su Berlusconi, si soffermava sui particolari
della vita sessuale dell'allora premier come se fossero contestabili in
quanto reati. Ecco, quando non c'è diritto, quando non ci sono valori,
quando non c'è democrazia, quando non c'è Storia, si impazzisce. Marco
volle esprimere solidarietà a Ilda Boccassini perché capiva il dramma di
questa donna, del suo personaggio, la quale aveva urgenza di legare il
nome di Ambrogio a quello di Berlusconi, perché in realtà il suo
obiettivo fisso era Berlusconi.
Il procuratore generale, non dimentichiamolo, ha chiesto l'annullamento
con rinvio perché il processo non aveva né capo né coda e andava rifatto
daccapo. I giudici non l'hanno voluto ascoltare. Noi però abbiamo
capito e conosciuto ancora più a fondo in questi anni Ambrogio Crespi e
la persona che sta per entrare in carcere. Ricordo quando gli venne
proposto di girare il film Spes contra spem. Inizialmente non era
convinto: “Come posso trattare un argomento come l’ergastolo ostativo se
sono persone che hanno ucciso? Quale speranza ci può essere nella loro
vita?”. Poi ha compreso perché li ha conosciuti quegli uomini-ombra e
quando ha ascoltato le loro storie, di persone che in carcere ci stanno
da 25, 30 anni di cui molti al carcere duro, che cosa ha fatto Ambrogio?
Lo ha ricordato Sergio D' Elia: ha realizzato un manifesto contro la
mafia. Ecco chi è Ambrogio Crespi.
Io conosco Ambrogio, la sua dolcezza, la sua intelligenza fatta di amore
e di amicizia. Lo conosco anche attraverso il racconto che ci ha fatto
tremare quando ha rischiato di perdere il suo bambino che era svenuto in
una piscina. Egli ringrazia ancora la vita per avergli riservato il
dono più bello: poter salvare suo figlio.
Io conosco Ambrogio. E oggi il mio abbraccio è più maturo, più profondo
di quello che ci fu allora, tanti anni fa. Siamo tutti cambiati. Come
Partito Radicale, come Nessuno Tocchi Caino, siamo cambiati. E siamo
ancora più consapevoli che anche questo Paese deve cambiare per divenire
una democrazia compiuta. Ambrogio e tutti gli italiani hanno il diritto
a una Giustizia giusta e vivere in uno Stato responsabile e autorevole.
Lo rivendichiamo ancora con Enzo Tortora insieme a tutto il Partito
Radicale.
Ambrogio ti abbraccio.
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
IL ‘PARADOSSO’ DI UN SISTEMA DI GIUSTIZIA PENALE CHE INVECE DI RIDURRE IL CRIMINE LO ALIMENTA
Porzia Addabbo su Il Riformista del 12 marzo 2021
L’eccesso di durezza di un sistema giudiziario e penitenziario non solo
non funziona, nel senso che non rende la società più sicura, ma è anche
controproducente, nel senso che contribuisce a mantenere un livello di
violenza diffusa che è molto superiore a quello dei sistemi meno
“giustizialisti”.
Invitata per conto di Nessuno tocchi Caino a un convegno a Cascina il 2
marzo scorso, ho presentato una scheda comparativa tra USA e Italia che
evidenzia il “paradosso” di un sistema di giustizia penale che invece di
ridurre il crimine lo alimenta. Il convegno dal titolo “La storia di
Greg” era dedicato a Gregory Summers, un detenuto che è stato
giustiziato in Texas il 25 ottobre 2006 ma aveva chiesto di essere
sepolto in Toscana, il primo Stato (come Granducato) che nel 1786, per
la prima volta in Europa, ha abolito tortura e pena di morte.
Il confronto tra Stati Uniti e Italia mostra delle differenze molto
significative: gli USA hanno 330 milioni di abitanti, l’Italia 60 (loro
sono 5 volte e mezza più popolosi di noi); gli USA hanno 2.100.000
persone in carcere, l’Italia 53.000 (se noi fossimo quanti gli
statunitensi, avremmo 291.000 persone in carcere, ne abbiamo invece 7,2
volte di meno); negli USA si verificano ogni anno una media di 16.500
omicidi, in Italia 315 (è come se l’Italia, in proporzione, avesse 3.000
omicidi, invece ne abbiamo 9,5 volte di meno); negli USA oltre 203.000
persone stanno scontando l’ergastolo, in Italia 1.784 (è come se
l’Italia, a parità di popolazione, avesse 36.900 ergastolani, invece ne
abbiamo più di 20 volte di meno).
Negli Stati Uniti la polizia uccide in media, ogni anno, circa 1.800
cittadini, e in media altri 400 omicidi, compiuti da cittadini, non
vengono perseguiti perché considerati “giustificati” ai sensi delle
leggi sulla legittima difesa. Sebbene in Italia manchi trasparenza su
questa categoria di uccisioni, è probabile però che si tratti comunque
di cifre basse, che non dovrebbero superare, di media, i 20 casi l’anno.
Seguendo la proporzione statunitense, la polizia dovrebbe uccidere in
media 330 persone l’anno, e 70 dovrebbero essere i casi di “legittima
difesa”. Se diamo per buona la cifra complessiva desunta di 20, in
Italia le “uccisioni giustificate” sono in proporzione 16,5 volte di
meno che negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti in media il 40% degli omicidi rimane irrisolto. Alcune
contee “iconiche”, in stati mantenitori, hanno statistiche particolari.
La Miami-Dade County, quella dove sono ambientati i telefilm “CSI
Miami”, con “Orazio” e i suoi elegantissimi colleghi che risolvano
brillantemente tutti i casi, ha avuto nel 2019 il 51% degli omicidi
irrisolti. In Italia, nel 2019, sono rimasti irrisolti il 24% degli
omicidi.
Quindi la polizia statunitense, più numerosa, più armata, meglio pagata,
e con potere di vita e di morte quasi illimitato sui cittadini non è
affatto più efficiente di quella europea, continente in cui, in alcune
nazioni, la polizia gira disarmata, e per poter estrarre un’arma
conservata in un vano corazzato nel portabagagli dell’auto di servizio
deve prima chiedere via radio il permesso, e ottenere dalla centrale un
codice numerico di sblocco.
Gli Stati Uniti uccidono in media 20 persone l’anno attraverso
esecuzioni “legali”, ossia dopo una serie di processi, mentre in Italia
l’ultima esecuzione risale all’immediato dopoguerra, al 1947. Anche il
fatto che in 28 dei 50 stati sia in vigore la pena di morte non sembra
dare agli USA nessun vantaggio rispetto all’Europa, dove la pena di
morte è in vigore nella sola Bielorussia, nazione dell’ex blocco
sovietico che appartiene “geograficamente” all’Europa, ma
“politicamente” non fa parte né dell’Unione Europea né del Consiglio
d’Europa. Per quanto sia considerata in ambito internazionale una
dittatura “de facto”, la Bielorussia fa un uso “moderato” della pena di
morte, con una media di 2 esecuzioni l’anno negli ultimi 10 anni. C’è da
dire che il tasso di criminalità violenta di USA e Bielorussia sono
molto simili, in media oltre il quadruplo rispetto alla “Vecchia
Europa”.
Detto tutto questo, ossia che l’Italia tiene in carcere, in proporzione,
7 volte meno cittadini degli USA, che ne condanna all’ergastolo 20
volte di meno, che le nostre forze dell’ordine uccidono “senza processo”
almeno 20 volte meno di quelle USA, che noi non giustiziamo nessuno da
74 anni, detto tutto questo, noi abbiamo un tasso di omicidi che è 10
volte più basso di quello statunitense. Cifre in
media con quelle italiane le hanno gli altri grandi paesi europei che
per popolazione possono essere paragonati all’Italia: la Gran Bretagna,
la Francia, la Germania, e la Spagna.
Alla luce di questi semplici dati, si può dire che la tradizione europea
di “garantismo” e di un uso complessivamente “moderato” della
repressione e della punizione sembra funzionare nel tenere basso il
livello di violenza e/o criminalità, mentre il modello statunitense “law
and order” non sembra avere nessun effetto migliorativo sulla società
su cui insiste.
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/so
INDIA: NOVE CONDANNATI ALL’IMPICCAGIONE PER MORTI CAUSATI DA ALCOL ILLEGALE
Nove uomini sono stati condannati a morte e quattro donne all'ergastolo
nello stato indiano di Bihar il 5 marzo 2021 per il grave incidente
avvenuto a Khajurbanni nell’agosto 2016, quando 19 persone morirono e
altre sei persero la vista dopo aver consumato liquori prodotti
illegalmente.
“Quattordici persone erano state imputate formalmente nel caso. Una di
loro è morta durante il processo”, ha detto il procuratore speciale Ravi
Bhushan Srivastava.
Il giudice distrettuale di Gopalganj-2 Luv Kush Kumar ha emesso le
condanne a morte nei confronti di: Chhathu Pasi, Kanhaiya Pasi, Nagina
Pasi, Lalbabu Pasi, Rajesh Kumar, Sanoj Kumar Pasi, Sanjay Pasi, Ranjit
Chaudhary e Munna Chaudhary. Le donne condannate all’ergastolo sono
Laljhari Devi, Kailasho Devi, Indu Devi e Rita Devi.
Il governo statale ha annunciato un risarcimento di 40.000 rupie per la
famiglia delle vittime. Insieme al principale accusato Nagina Pasi,
altri 13 sono stati imputati nel caso.
Non appena il tribunale ha pronunciato la sentenza, la maggior parte degli accusati e dei loro familiari hanno protestato.
"Ci rivolgeremo all'Alta Corte di Patna contro la sentenza", ha detto Ved Prakash Tiwari, avvocato difensore.
Nel giugno 2020, 21 poliziotti - tre sotto-ispettori, cinque
sotto-ispettori ausiliari e 13 agenti - sono stati licenziati in
relazione all’incidente accaduto nel Bihar mesi dopo l’introduzione
nello Stato del divieto sugli alcolici.
Quattro mesi dopo l’applicazione da parte del governo del Bihar della
nuova Legge sulle Accise e il Divieto 2016, che vieta il commercio e il
consumo di alcolici nello Stato, 19 persone morirono a Khajurbanni, nel
distretto di Gopalganj, dopo aver consumato liquori prodotti
illegalmente in campagna.
Altre sei persone persero la vista.
Successivamente, un raid condotto dalla polizia a Khajurbanni portò al
recupero di oltre 1.000 litri di alcol nascosti sottoterra.
Nagina Pasi è il principale imputato nel caso.
L'amministrazione distrettuale aveva persino imposto una "multa
collettiva" alla località di Khajurbanni nel tentativo di dissuadere i
residenti dal continuare con la produzione di liquori.
Khajurbanni, nel distretto di Gopalganj, è abitata principalmente da persone molto povere.
(Fonti: The Indu, 05/03/2021)
IRAN: L'OPERATRICE UMANITARIA BRITANNICO-IRANIANA ZAGHARI-RATCLIFFE E’ STATA LIBERATA MA NON PUO’ LASCIARE IL PAESE
Al-Arabia riporta le dichiarazioni rilasciate il 7 marzo 2021
dall’avvocato Hojjat Kermani al sito web iraniano Emtedad secondo cui la
sua assistita Nazanin Zaghari-Ratcliffe, detenuta agli arresti
domiciliari con cavigliera elettronica, è stata liberata.
Zaghari-Ratcliffe, oggi 42 anni, madre di una bambina di 8 anni, sposata
con un cittadino inglese, Richard Ratcliffe, era una project manager
della Thomson Reuters Foundation.
È stata arrestata all’aeroporto di Teheran il 3 aprile 2016 mentre si
preparava a tornare in Gran Bretagna con sua figlia dopo una visita ai
familiari.
Processata con l’accusa di aver cospirato per rovesciare l'establishment clericale iraniano, è stata condannata a 5 anni.
La sua famiglia e la fondazione, un ente di beneficenza che opera
indipendentemente dalla società di media Thomson Reuters e dalla sua
controllata, la nota agenzia di stampa Reuters, hanno sempre respinto le
accuse.
Il suo avvocato ha così riassunto la sua situazione giudiziaria: “L’anno
scorso, a marzo, per via delle preoccupazioni legate alla pandemia di
Covid nelle carceri sovraffollate, Nazanin è rientrata tra i circa
54.000 detenuti con pene basse che sono stati graziati, ma non è stata
liberata del tutto, bensì messa ai domiciliari, con una cavigliera
elettronica, in attesa di un secondo processo”.
L’avvocato Kermani non ha detto molto sul nuovo processo, solo che
dovrebbe tenersi davanti alla 15a sezione del Tribunale Rivoluzionario
di Teheran, con l’imputazione di “propaganda anti-governativa”. Non può
lasciare l’Iran perché il suo passaporto britannico non le è stato
restituito.
Mentre manca un commento ufficiale delle autorità iraniane, il ministro
degli Esteri britannico, Dominic Raab, ha esortato Teheran a lasciar
ripartire la donna.
"Accogliamo con favore la rimozione della cavigliera, ma il
comportamento del governo iraniano nei confronti di Nazanin
Zaghari-Ratcliffe è intollerabile".
"Le deve essere consentito di tornare nel Regno Unito il prima possibile
per ricongiungersi alla sua famiglia", ha aggiunto su Twitter.
Sulla stessa linea subito dopo il Primo Ministro Boris Johnson. Anche
lui su twitter ha scritto: “Sono lieto di vedere che la cavigliera
elettronica di Nazanin Zaghari-Ratcliffe è stata rimossa, ma il suo
continuo confinamento rimane inaccettabile. Deve essere rilasciata in
maniera permanente per poter tornare dalla sua famiglia nel Regno Unito e
continueremo a fare tutto il possibile per ottenerlo".
Le autorità iraniane hanno una “tradizione” di arresti proditori nei
confronti di iraniani che vivono all’estero e hanno acquisito la doppia
nazionalità. Il concetto stesso di “doppia nazionalità” non è mai stato
riconosciuto dall’Iran, che considera questi suoi connazionali in una
certa misura come dei “traditori”.
Molti analisti internazionali ritengono che l’Iran usi questi arresti
come forma di pressione verso le varie nazioni che hanno contenziosi con
l’Iran, o per l’arresto di spie iraniane, funzionari coinvolti nei
tentativi iraniani di aggirare gli embarghi, o nell’acquisto di
armamenti o tecnologia nucleari.
Nel caso della Gran Bretagna si sospetta che l’Iran stia facendo
pressione per ottenere lo sblocco di circa 550 milioni di dollari,
legati a una fornitura di carri armati, sequestrati nelle banche
britanniche.
(Fonte: Al-Arabia, Shabtabnews)
ARABIA SAUDITA: CONDANNATI A MORTE CINQUE MEMBRI DEL DAESH
Una condanna a morte preliminare è stata emessa l'11 marzo 2021 in
Arabia Saudita nei confronti di cinque membri di una cellula affiliata
al gruppo terroristico Daesh.
Il processo ai membri della cellula, che erano in totale 45, è iniziato
dopo che altri membri sono stati uccisi in scontri a fuoco con le forze
di sicurezza.
Gli imputati sono stati riconosciuti come implicati in operazioni
terroristiche nel Regno saudita, compreso l'assassinio del Brig. Gen.
Kitab Al-Otaibi, capo delle indagini nel governatorato di Al-Quwaiiyah, a
ovest di Riyadh, nell'aprile 2016.
Il militare fu seguito mentre si recava al lavoro e ucciso a colpi
d'arma da fuoco quando raggiunse la stazione di polizia di Al-Arja,
nella provincia di Al-Dawadimi. Daesh ha in seguito rivendicato
l’attentato.
Gli imputati sarebbero coinvolti anche negli attentati esplosivi contro
tre moschee; il primo prese di mira la moschea delle Forze Speciali di
Emergenza ad Abha ad agosto 2015 e provocò la morte di 15 persone, tra
cui 11 membri delle forze di sicurezza e quattro lavoratori del
Bangladesh.
Il secondo attacco prese di mira la seconda moschea più grande della
comunità ismailita nella regione, la moschea Al-Mashhad di Najran,
nell'ottobre 2015, provocando la morte di due persone e il ferimento di
altre 27.
Il terzo attacco fu alla moschea di Al-Ridha ad Al-Ahsa nel gennaio
2016, per i suoi presunti legami con la comunità sciita. L'attentato
causò la morte di cinque persone e il ferimento di altre 36, compresi
tre membri delle forze di sicurezza.
(Fonti: Arab News, 11/03/2021)
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