25 aprile e mio nonno

 


Mio nonno Cesare è stato un partigiano nei Balcani ma non votò mai a sinistra e nemmeno DC. Il suo voto oscillava fra Partito Repubblicano, Partito Liberale e il Partito Radicale e quanto sarebbe felice nel sapere che sono un consigliere generale del Partito Radicale.  

La medaglia da partigiano è a casa di mio padre mentre quella al valore militare sta da mio zio.

Mi ripeteva sempre che il 25 aprile quando gli capitava di tenere un discorso alla manifestazione del paese gli volevano bene e lo applaudivano ma in fin dei conti in tanti storcevano sempre il naso perché lo consideravano un nemico del popolo, un borghese, uno con la puzza sotto al naso. 

Un partigiano combattente ma che secondo alcuni (li ho ancora in testa quei volti e quelle parole) non faceva parte della Resistenza migliore visto che non aveva una bandiera rossa da sventolare o un'ideologia da professare.

Non smise mai di ripetermi: Vai per la tua strada Andrea, anche se dovesse costarti caro, non farti mettere le gabbie intorno perché le gabbie sono rassicuranti e non è bello essere rassicurati, si finisce per morire lentamente.
 
Lo ricordo nel grande giardino della casa dove lui e mia nonna si trasferirono dopo la vendita dell'albergo mentre sta fumando perso nei suoi ricordi e negli incubi di guerra che non lo abbandonarono mai. Ricordo la sua grazia mentre si levava sempre il cappello quando incontrava una donna. Ricordo che leggeva Il Giorno seduto al grande tavolo in cucina, che prendeva appunti su taccuini rilegati in pelle, che voleva sempre vedere le nostre pagelle, che amava il mare, che portava sempre la cravatta anche in casa, che mi leggeva Moby Dick, che dormiva sul divano finalmente sereno. Ricordo che avrebbe mangiato sempre quaglie, risotto alla milanese, bollito, osso buco, pesce in carpione, entrecote. Ricordo che la guerra gli aveva regalato l'ameba intestinale e la malaria.
 
Ricordo la volta che mi disse: Tua madre è una cuoca che avrei assunto subito con uno stipendio da favola.
 
Era un uomo pieno di ferite nell'anima e che non si perdonò mai, pur sapendo di essere nel giusto, di aver sparato e aver ucciso. 
 
Un uomo mite, di poche parole, affascinante ma che voleva essere lasciato in pace e godersi la vita.

Un uomo che non si vantò mai di essere (stato) un partigiano.
 
Un uomo che ha amato mia nonna sin dalla prima volta che la vide e durante una licenza le promise che finita la guerra l'avrebbe sposata. E mia nonna lo aspettò per due anni anche se dopo l'armistizio lo avevano dato per morto. Mia nonna era bellissima, con dei riccioli neri che le arrivavano fino alle cosce e le labbre sempre rosse. Era desiderata ma lei rifiutò tutti i pretendenti. Sapevo che sarebbe tornato, lo sentivo che era vivo, mi ripeteva sempre.

È morto nel 1993, all'improvviso. Avevo 14 anni e quanto mi piacerebbe, oggi 25 aprile, bere una bottiglia di Fendant insieme a lui discutendo di tutto e di niente, di democrazia, di quando salvò da morte certa quei commilitoni che ogni anno da mezza Italia tornavano a riunirsi nell'albergo per ricordare, abbracciarsi, piangere.
 
Quanto mi piacerebbe tornare a vederlo accendersi una sigaretta come se fosse sempre l'ultima.
 
E come lui penso che i due migliori libri scritti sulla Resistenza siano questi due sotto:
 


 
 

Commenti

  1. Tanti hanno combattuto per la nostra libertà, massimo rispetto per tutti i partigiani.
    Saluti a presto.

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  2. Che bella persona doveva essere... e tu hai sempre un modo speciale di raccontare queste cose, di descrivere le persone care.
    Mi è piaciuta tanto la sua frase sulle gabbie.

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    1. Ciao Mira, grazie per le tue parole. Mio nonno era una persona bellissima. Ancora oggi nel mio paese c'è un siggnore originario della Calabria che passa a salutarlo al cimitero perché quando arrivo' in Brianza fu mio nonno a dargli la possibilità di un lavoro, assistenza sindacale e di un alloggio senza chiedere mai nulla in cambio.

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