"Il mondo invisibile" di Liz Moore (NNE, traduzione di Ada Arduini)
"I cieli di Philadelphia" di Liz Moore (NNE, traduzione di Ada Arduini) è stato uno dei romanzi più intensi che ho letto nel 2020 e ieri, senza quasi uscire di casa e dedicarmi ad altro, ho letto "Il mondo invisibile" (NEE, sempre con la traduzione di Ada Arduini), facendomi trascinare ancora una volta da una storia di dolore e possibile riscatto, di amore e sofferenza, di segreti e legami familiari indissolubili. Se ne "I cieli di Philadelphia" si respirava la crisi degli oppiodi che sta travolgendo gli Stati Uniti in questo caso Liz Moore raccontare una storia ambientata per lo più a Boston negli anni '80 (ma con salti temporali negli anni '30, anni '90 e in un futuro indefinito) e che vede per protagonista una coppia alquanto bizzarra: David Sibelius, genio dell'informatica e direttore di un laboratorio dove si lavora su Elixire, un programma per replicare il linguaggio umano, e la figlia Ada, dodicenne e partorita da una madre surrogata, che non frequenta la scuola e vive in simbiosi col padre e gli altri ricercatori del laboratorio, in particolare la collega Liston grande amica del padre. Una coppia sui generis, un po' folle, piena di genio ma quando il padre si ammala di Alzheimer Ada scopre improvvisamente che suo padre ha vissuto una vita di falsità: non si chiama Sibelius e non è il figlio di una delle famiglie più ricche di New York. A quel punto Ada viene affidata alla famiglia di Liston e trascorrerà il resto della sua vita alla ricerca della verità: chi è suo padre? Cosa nasconde il suo passato? E cosa potrebbe rivelare quel floppy disk con un codice indecifrabile che il padre le ha consegnato un giorno?
"Il mondo invisibile" è un bellissimo e toccante romanzo (forse un po' troppo lungo) d'amore (in alcuni passaggi ho faticato a trattenere le lacrime e mi sono ricordato di mia madre che mi guardava dal letto di morte cercando disperatamente riconoscermi e trovare le parole per salutarmi) fra un padre e una figlia che non smetteranno mai di parlarsi, interrogarsi, crescere insieme e che s'intreccia, senza mai annoiare, alla descrizione di una ricerca scientifica (il virtuale/la conservazione nella memoria che travalica i limiti imposti dalla caducità dei nostri corpi e della nostra mente e con tanti riferimenti alla vita tragica di Alan Turing e con qualche rimando sotterraneo anche a A Beautiful Mind/John Forbes Nash jr) volta ad aiutare/consolare/abbracciare l'essere umano pieno di dolore ma anche, nell'ultima parte del romanzo, al dramma del Maccartismo, all'omofobia, alla malattia che spazza via i nostri cari dall'oggi al domani proprio quando è arrivato il momento di incontrarsi, parlarsi, raccontarsi per chi si è veramente e accettarsi, senza più segreti e senza più paura della propria identità, delle proprie debolezze e dell'amore che proviamo, chiunque sia il destinatario del nostro amore e quante sofferenze possa comportare.
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