Nessuno Tocchi Caino - IL MIO CORPO È CHIUSO IN QUESTO INFERNO PERÒ LA MIA ANIMA E LA MIA FORZA SONO LÌ CON VOI… IO SONO LIBERO!
NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS
Anno 21 - n. 17 - 24-04-2021
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : IL MIO CORPO È CHIUSO IN QUESTO INFERNO
PERÒ LA MIA ANIMA E LA MIA FORZA SONO LÌ CON VOI… IO SONO LIBERO!
2. NEWS FLASH: I SENATORI ‘LIBERAL’ AMERICANI CHIEDONO A BIDEN DI
CHIUDERE GUANTANAMO. PER I 'DEMOCRATICI' ITALIANI IL 41 BIS NON SI
TOCCA, ANZI, VA COPERTO CON IL SEGRETO DI STATO
3. NEWS FLASH: AMNESTY INTERNATIONAL: NEL 2020 ESECUZIONI NEL MONDO DIMINUITE DI UN QUARTO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE
4. NEWS FLASH: INDONESIA: SEI DETENUTI CONDANNATI A MORTE PER GLI OMICIDI DI CINQUE POLIZIOTTI
5. NEWS FLASH: SOMALIA: TRIBUNALE MILITARE CONDANNA A MORTE 5 AL-SHABAB NEL PUNTLAND
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
IL MIO CORPO È CHIUSO IN QUESTO INFERNO PERÒ LA MIA ANIMA E LA MIA FORZA SONO LÌ CON VOI… IO SONO LIBERO!
Ambrogio Crespi*
Ciao a tutti, eccoci qua a scrivervi dal carcere. Voglio ringraziarvi
tutti per quello che state facendo. Sento la vostra forza che sfonda
queste sbarre. Io sto bene anche se ho passato i primi 30 giorni non
proprio benissimo. Un viaggio molto difficile: la condanna, l’ingresso
in carcere, il Covid, il trasferimento a San Vittore, poi l’ospedale,
poi il rientro a Opera. Insomma non è mancato nulla. Però sapere di non
essere solo è qualcosa di magico.
Quando avete fatto la maratona oratoria per me non sono riuscito a
sentirvi tutti e questo mi è dispiaciuto tanto, perché Radio Radicale ha
fatto due collegamenti con la vostra diretta. Però sentire le vostre
voci ha fatto si che si spezzassero queste sbarre. Siete entrati con
forza dentro la mia anima e vi confesso che il mio cuore batteva
fortissimo, non sono riuscito a non commuovermi. Ho avuto la sensazione
di essere libero, perché le vostre parole sono state macigni di energia
positiva. Per questo vi voglio ringraziare con tutto il mio cuore,
sentirvi vicino è qualcosa di forte che mi emoziona come un bambino, è
un sentimento indescrivibile.
Sapere di essere innocente e stare chiuso in carcere di massima
sicurezza, i pensieri, la tristezza, il dolore, sono tutti protagonisti
della mia quotidianità, però io combatto! Ma non combatto solo per me,
lo devo a tutti voi e per quelle persone che prima di me non potevano
combattere per affermare la propria innocenza perché quando arriva il
timbro “colpevole” dalla cassazione è finita. Strappano la tua anima.
Devi pagare una pena da innocente e se penso a quante persone prima di
me, mi sento male. Ma mai nessuna dovrà pagare questo prezzo dopo di me.
Io credo profondamente nella Giustizia, però oggi questa fiducia non è
così viva come prima. Stare chiuso in una cella in carcere senza aver
fatto nulla porta a farti mille domande ma alla fine la domanda
principale è sempre una: PERCHE? Forse come mi dice Rita Bernardini
“Caro Ambrogio, ti tocca per tutti” e allora questo viaggio, non voglio
chiamarlo “il viaggio del dolore”, anche se il dolore non manca qua
dentro soprattutto dopo aver fatto le videochiamate con i miei piccoli
amori Luca e Andrea, vivo un’emozione così contrastante di felicità e
tristezza.
Insieme alla mamma, gli abbiamo raccontato una storia. Io sono in
missione in un bunker. Allora quando facciamo le videochiamate metto
vicino al mio viso la radio che ho acquistato in carcere insieme a un
orologio e faccio finta di parlare con la base tramite questo orologio e
quando mi comunicano che il tempo a mia disposizione sta terminando
allora accendo Radio radicale e loro pensano che mi stiano chiamando.
Vedo nei miei bambini la loro felicità, il loro orgoglio e quella
sensazione di emozione positiva.
In realtà forse questa è davvero una missione, affinché non succeda più a
nessuno. E voi fuori state facendo cose straordinarie, siete in trincea
a combattere e questa consapevolezza mi fortifica. Coltivo il mio cuore
insieme alla mia anima abbracciando l’amore e la forza. Il mio pensiero
vola raso al mare con il vento salato e le gocce d’acqua sul viso. Io
sono libero!
Oggi la giustizia non può essere il luogo dove trovare l’uomo giusto e
non la legge applicata. È solo una questione di fortuna. E questo vale
anche in Cassazione. Deve finire questo inferno. Per questo non voglio
chiamare questo viaggio “il viaggio del dolore” ma lo chiamerò “il
viaggio della speranza”: spes contra spem, per avere una giustizia
giusta per tutti. Noi tutti siamo la speranza per il cambiamento e per
dire basta.
Perché trovarsi seduto su uno sgabello con davanti a sé un tavolino e
una finestra con le sbarre? Sposto lo sguardo fuori dalla finestra e mi
pongo mille domande, poi mi dico che nulla capita per caso e voi tutti
siete la speranza di questo viaggio. Il mio corpo è chiuso in questo
inferno però la mia anima e la mia forza sono lì con voi, sono al vostro
fianco e non mollerò mai. Lo devo a tutti.
Non è il tempo che mi fa paura ma stare chiuso in un carcere di massima
sicurezza con un “ostatività” che mi fa riflettere molto. Non è
possibile dover essere “fortunati” per trovare la giustizia giusta. Io
credevo profondamente nella Corte di Cassazione però anche in quel luogo
devi trovare l’uomo giusto. Non è giustizia questa. E questo è stato
per me un pugno in pieno cuore il giorno della conferma della condanna.
Mi prendevo a pizzicotti perché pensavo fosse un incubo. L’ultima notte
in casa ho dormito con i miei due bambini ed Helene, tutti insieme nel
lettone. Si addormentavano tutte le notti con me ed Helene. Luca voleva
sempre la mia mano per fare la nanna, questo da quando con mio fratello
lo abbiamo salvato da quella piscina, mentre Andrea non si staccava mai
da me facendoci sempre le coccole. Li avevo soprannominati Luca “la
cozza” e Andrea “il Koala”. Io non mollerò per nessuna ragione al mondo e
tornerò dalla mia cozza e dal mio koala, combatterò con tutte le mie energie. Non mi ammalerò ma rinascerò, perché
l’amore della mia famiglia e di tutti voi è il motivo di questo viaggio
della speranza e io vi ringrazio a tutti, uno ad uno. Viva la vita, viva
la libertà… perché io sono libero! Spes contra Spem.
* Lettera dal Carcere di Opera al “Comitato di Nessuno tocchi Caino per Ambrogio Crespi”
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/gr
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
"I SENATORI ‘LIBERAL’ AMERICANI CHIEDONO A BIDEN DI CHIUDERE GUANTANAMO.
PER I 'DEMOCRATICI' ITALIANI IL 41 BIS NON SI TOCCA, ANZI, VA COPERTO
CON IL SEGRETO DI STATO" di Valerio Fioravanti
Il 16 aprile scorso, 24 senatori “liberal” hanno esortato Biden a
chiudere Guantanamo. La loro posizione è netta: “Guantanamo è simbolo di
illegalità e violazioni dei diritti umani. Ha danneggiato la
reputazione dell’America, alimentato il fanatismo anti-musulmano, e
indebolito la capacità degli Stati Uniti di contrastare il terrorismo e
combattere per i diritti umani e lo stato di diritto in tutto il mondo.”
Nessuno tocchi Caino segue con regolarità le vicende di Guantanamo, e
dei processi militari che non riescono nemmeno a iniziare. In quel luogo
si addensano molte contraddizioni del sistema giudiziario statunitense,
e più in generale di un sistema democratico quando decide di prendere
delle scorciatoie.
Al termine della guerra Ispano-Americana nel 1898, gli Stati Uniti
“liberarono” Cuba dal dominio coloniale spagnolo, e per “riconoscenza”
le nuove autorità insediate concessero in usufrutto gratuito eterno
l’estremità orientale dell’isola, quella dove era sbarcato Cristoforo
Colombo. Gli Usa ci impiantarono una base navale, che però non fu mai
considerata di fondamentale rilevanza, nemmeno dopo la rivoluzione
comunista, perché a meno di 200 chilometri dalla Florida, dove era più
facile ed economico tenere navi e personale. Guantanamo è invece tornata
utilissima quando, pochi mesi dopo gli attentati dell’11 settembre
2001, l’amministrazione Bush decise di “rastrellare” sospetti qaedisti
in giro per il mondo. Con modi spicci, utilizzando “informatori” e non
vere e proprie indagini, gli Usa sequestrarono cittadini stranieri, li
tennero per mesi e anni in prigioni segrete della Cia all’interno di
basi militari in altri paesi e li interrogarono utilizzando varie forme di tortura. Se queste persone fossero state portate a
giudizio in un normale tribunale, i difensori avrebbero, ovviamente,
contestato le torture. Le quali sono tutte avvenute con il tacito
consenso delle autorità dei paesi che ospitavano i “black sites”, i
“siti neri” della Cia. Nel tentativo di tenere in equilibrio alcuni dei diritti
“incomprimibili” della difesa, ma anche i “diritti” della Cia a non far
arrestare i propri funzionari e i “diritti” del governo Usa a non
crearsi gravissime crisi diplomatiche con i paesi che avevano
collaborato, si è pensato alla strana soluzione “oltreoceano” di Cuba, e
a processi celebrati in corti militari e non federali. Con queste
premesse Guantanamo nel corso di ormai quasi 20 anni ha “ospitato” circa
780 prigionieri. I processi non sono mai riusciti a partire, troppe le
questioni preliminari che si sono rivelate insormontabili, e troppi
soprattutto i detenuti nei confronti dei quali l’amministrazione non è
nemmeno riuscita a formulare accuse precise. Tolti una decina di casi,
nessuno dei detenuti di Guantanamo, a 20 anni dall’arresto, è mai stato
nemmeno rinviato a giudizio. Uno solo è stato processato e condannato.
Nel corso degli ultimi anni, 731 detenuti sono stati “restituiti” ai
paes
i da cui erano stati prelevati, nove sono morti di malattia e alcuni
liberati. Oggi ne rimangono 40. Pochi, ma comunque un grosso problema.
I senatori delineano i passi da intraprendere: ripristinare l’ufficio
del Dipartimento di Stato, smantellato dall’amministrazione Trump,
adibito alla negoziazione con i governi stranieri per trasferire i
prigionieri in altri paesi; negoziare trasferimenti all’estero per tutti
coloro nei cui confronti l’amministrazione non riesce a formulare
incriminazioni precise; utilizzare i tribunali federali per perseguire
accordi di patteggiamento con i detenuti e consentire loro di scontare
la detenzione residua all’estero.
Le probabilità di successo di Biden non sono chiare. Obama appena
entrato in carica emise un ordine di chiusura, ma la procedura venne
bloccata da una veemente opposizione, non solo repubblicana. E a guardar
bene, in effetti, anche questa lettera è firmata solo da metà dei
senatori “liberal” che dovrebbero aiutare Biden in questo passo storico.
A margine di tutto questo, ma è il margine migliore, dobbiamo ricordare
che tutte queste informazioni, e altre, sono aggiornate da un sito del
New York Times che si chiama “The Guantanamo Docket”. Tutti i
“prisoners” sono identificati per nome e tracciati in tempo reale. È un
servizio “di democrazia” sconosciuto in Italia dove, ad esempio, i
detenuti al 41 bis sono “oscurati” da una specie di segreto di stato che
i “grandi” media non ritengono di dover scalfire, e lasciano a quelli
“piccoli” come questa il compito di difendere lo stato di diritto.
AMNESTY INTERNATIONAL: NEL 2020 ESECUZIONI NEL MONDO DIMINUITE DI UN QUARTO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE
Il numero di esecuzioni registrate da Amnesty International nel 2020 è
diminuito di un quarto rispetto all'anno precedente - uno dei dati
contenuti nel Rapporto annuale sulla pena capitale nel mondo, pubblicato
il 21 aprile 2021.
Il Rapporto di 63 pagine di Amnesty - Condanne a morte ed esecuzioni
2020 - registra 483 esecuzioni in 18 paesi durante il 2020. Questa
cifra, sebbene rappresenti ancora una perdita di vite scioccante, con
molti giustiziati dopo processi gravemente iniqui, rappresenta una
diminuzione del 26% rispetto alle 657 esecuzioni del 2019 e un calo del
70% dal picco delle 1.634 esecuzioni nel 2015.
Il Rapporto mostra che il calo delle esecuzioni dello scorso anno è
dovuto alla riduzione delle esecuzioni in alcuni paesi "mantenitori" che
usano abitualmente la pena capitale e, in misura minore, a causa di
interruzioni delle esecuzioni a causa della pandemia di coronavirus.
Le esecuzioni registrate in Arabia Saudita sono diminuite dell’85% (27
contro le 184 del 2019), quelle in Iraq di oltre la metà (45 contro 100)
mentre nessuna esecuzione ha avuto luogo in Bahrein, Bielorussia,
Giappone, Pakistan, Singapore e Sudan, a differenza del 2019.
Per quanto riguarda la Cina, questo paese considera i dati sulle
condanne a morte e sulle esecuzioni come segreti di stato e impedisce il
monitoraggio indipendente. Pertanto, il Rapporto di Amnesty
International, che elenca le esecuzioni a essa note, non fornisce il
numero della Cina. Si ritiene, tuttavia, che questo stato ogni anno
metta a morte migliaia di prigionieri, collocandosi dunque stabilmente
al primo posto. Seguono Iran (almeno 246 esecuzioni), Egitto (almeno
107), Iraq (almeno 45), Arabia Saudita (almeno 27), USA (17), Somalia
(almeno11), Yemen (almeno 5), India (4), Oman (4), Botswana (3), Sud
Sudan (almeno 2), Sudan (almeno 2), Bangladesh (2), Qatar (1); Taiwan
(1), Nord Korea: numero sconosciuto; Siria: numero sconosciuto; Vietnam:
numero sconosciuto.
Iran, Egitto, Iraq e Arabia Saudita si sono resi responsabili dell’88% delle esecuzioni note nel 2020.
L’Egitto ha triplicato le esecuzioni rispetto all’anno precedente.
Almeno 23 delle esecuzioni hanno riguardato casi di violenza politica e
sono state precedute da processi clamorosamente irregolari, basati su
“confessioni” forzate e altre gravi violazioni dei diritti umani come la
tortura e le sparizioni forzate. Tra ottobre e novembre sono stati
messi a morte in Egitto almeno 57 prigionieri, 53 uomini e quattro
donne.
Sebbene il numero delle esecuzioni in Iran abbia continuato a essere
inferiore rispetto agli anni precedenti, nel 2020 la pena di morte è
stata usata più frequentemente come arma di repressione politica contro
dissidenti, manifestanti e appartenenti alle minoranze etniche, in
violazione del diritto internazionale.
Negli Usa, l’amministrazione Trump ha ripristinato le esecuzioni
federali dopo 17 anni mettendo a morte 10 condannati in meno di sei
mesi.
Le norme internazionali che vietano l’uso della pena di morte per reati
diversi dall’omicidio volontario sono state violate anche da diversi
stati della regione Asia-Pacifico: condanne a morte sono state emesse
per reati di droga in Cina, Indonesia, Laos, Malesia, Singapore, Sri
Lanka, Thailandia e Vietnam, per corruzione in Cina e Vietnam, per
blasfemia in Pakistan. In Bangladesh e Pakistan condanne a morte sono
state emesse da tribunali speciali che seguono solitamente procedure
diverse rispetto ai tribunali ordinari.
A livello globale, il numero delle condanne a morte note, almeno 1477, è
diminuito del 36 per cento rispetto al 2019. Amnesty International ha
registrato tale calo in 30 dei 54 stati dove sono state emesse condanne
alla pena capitale, in diversi casi a causa di ritardi e rinvii nei
procedimenti giudiziari a causa della pandemia da Covid-19.
Hanno fatto eccezione l’Indonesia, con un aumento del 46% rispetto alle
condanne del 2019 (117 contro 80) e lo Zambia (119 condanne contro 101),
che ha segnato il record nell’Africa subsahariana.
Nel 2020 il Ciad e il Colorado (negli Usa) hanno abolito la pena di
morte, il Kazakhistan si è impegnato ad abolirla ai sensi del diritto
internazionale e nelle Barbados è stata cancellata l’obbligatorietà
della condanna alla pena capitale.
Secondo dati aggiornati ad aprile del 2021, 108 stati hanno abolito la
pena di morte per tutti i reati e 144 l’hanno abolita per legge o nella
pratica.
(Fonti: AI, 21/04/2021)
INDONESIA: SEI DETENUTI CONDANNATI A MORTE PER GLI OMICIDI DI CINQUE POLIZIOTTI
Il tribunale distrettuale di Giacarta Est, in Indonesia, il 21 aprile
2021 ha condannato a morte sei imputati riconosciuti responsabili di una
sanguinosa rivolta in un centro di detenzione nei pressi della
capitale, nel maggio 2018.
Secondo il sito web del tribunale, i sei “terroristi” hanno accettato il verdetto e deciso di non presentare appello.
I sei condannati a morte sono: Anang Rachman, Suparman alias Maher,
Syawaluddin Pakpahan, Suyanto o Abu Izza, Handoko o Abu Bukhori e Wawan
Kurniawan.
Il tribunale ha ritenuto che le loro azioni siano state molto sadiche e disumane.
I condannati presero in ostaggio sei agenti di polizia e in seguito ne
uccisero cinque. Altri quattro agenti di polizia rimasero feriti. Questi
atti di terrorismo sono considerati dalla legge indonesiana un crimine
straordinario.
La rivolta dei detenuti ebbe luogo nel Blocco C del Quartier Generale di Brimob il 18 maggio 2018.
Secondo la polizia, la rivolta sarebbe stata scatenata da una disputa sul cibo.
(Fonti: Tempo, Anadoly Agency, 22/04/2021)
SOMALIA: TRIBUNALE MILITARE CONDANNA A MORTE 5 AL-SHABAB NEL PUNTLAND
Il Tribunale delle Forze Armate nello Stato somalo del Puntland il 21
aprile 2021 ha condannato a morte cinque membri di Al-Shabab per una
serie di omicidi e per aver piazzato mine a Galkacyo e in altre parti
del Paese.
Il gruppo, che si dice abbia operato a Galkacyo per più di un decennio, è
stato accusato degli omicidi di membri delle forze armate, della
società civile, inclusi giornalisti e funzionari del Puntland, hanno
riferito autorità e media locali.
Poco dopo l'apertura della sessione del tribunale, il maggiore Awil
Warsame Mohamed, Procuratore generale del Tribunale delle forze armate
di Mudug e Cayn, ha dichiarato: "Presento questi cinque detenuti
Al-Shabab di fronte al Tribunale delle forze armate a Galkacyo :
"Feisal Ahmed Bashiir noto come Gujis, 31 anni, residente a Galkacyo e
di professione tecnico; Sahal Abdullahi Jama detto Abdirahman, 32 anni,
residente a Galkacyo e autista; Idiris Mohamed Afyare, 25 anni,
residente a Galkacyo e proprietario di un negozio; Salman Mohamud
Saleban Abdulkadir Alfaarisi, 22 anni, residente a Galkacyo e
proprietario di un forno; Jama Muriidi Hussein Mohamed, 20 anni,
residente a Galkacyo".
Il giudice, colonnello Ali Shire, ha dichiarato che tutti e cinque gli
imputati sono stati giudicati colpevoli di omicidi avvenuti nel nord di
Galkacyo a partire dal 2008.
(Fonti: Horn Observer, 21/04/2021)
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