Nessuno tocchi Caino - LEONARDO SCIASCIA, UN ALTRO ‘TESTIMONIAL’ DELLA CAMPAGNA ‘COMPRESENZA’ DI AMBROGIO E NICCOLÒ CRESPI PER NESSUNO TOCCHI CAINO

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 21 - n. 20 - 15-05-2021

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : LEONARDO SCIASCIA, UN ALTRO ‘TESTIMONIAL’ DELLA CAMPAGNA ‘COMPRESENZA’ DI AMBROGIO E NICCOLÒ CRESPI PER NESSUNO TOCCHI CAINO
2.  NEWS FLASH: APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO E DEL GLOBAL COMMITTEE AL MINISTRO DEGLI ESTERI LUIGI DI MAIO SULL’IMMINENTE VISITA DI MOHAMMAD JAVAD ZARIF, MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO
3.  NEWS FLASH: UN ITALO-AMERICANO IN FIN DI VITA VERRA’ GIUSTIZIATO IN IDAHO
4.  NEWS FLASH: SIERRA LEONE: IL GOVERNO SI MUOVE PER ABOLIRE LA PENA CAPITALE
5.  NEWS FLASH: EGITTO: MONACO COPTO GIUSTIZIATO PER L’OMICIDIO DEL VESCOVO
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO


LEONARDO SCIASCIA, UN ALTRO ‘TESTIMONIAL’ DELLA CAMPAGNA ‘COMPRESENZA’ DI AMBROGIO E NICCOLÒ CRESPI PER NESSUNO TOCCHI CAINO
Presentiamo il secondo spot della campagna pubblicitaria “Compresenza”, ispirata da Ambrogio Crespi e realizzata dal nipote Niccolò, a favore delle iscrizioni a Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem.

“Testimonial” della campagna sono persone che non sono più tra noi ma che continuano a essere fonte di ispirazione per molti di noi.
Il ciclo di spot è iniziato con Aldo Moro e prosegue con quello dedicato a Leonardo Sciascia, a cui seguiranno quelli ispirati da Marco Pannella e da Mariateresa Di Lascia.
Questi primi quattro spot dedicati alla vita e alle lotte di Nessuno tocchi Caino-Spes contra spem sono legati dal filo della trama della compresenza, di un abbraccio collettivo. Starci, aderire, iscriversi significa dare un valore a “una politica che, così come la facciamo noi – diceva Mariateresa Di Lascia – è anche il nostro vivere”.
Il secondo spot, è con Leonardo Sciascia. Per lui, che non amava la tensione dei cortei, delle sirene, la terribilità, «la mafia si lotta con il diritto». Serve lo stato della ragione, la nonviolenza, il coraggio di scacciare qualsiasi forma di manicheismo. Chissà cosa avrebbe detto se, in viaggio con Nessuno tocchi Caino nelle regioni del Sud, avesse incontrato Pietro Cavallotti e le vittime delle misure di prevenzione che distruggono il sistema economico, sacrificando posti di lavoro, in territori già falcidiati dalla disoccupazione, o toccato con mano intere comunità amputate sulla base del semplice sospetto di mafia! Avrebbe sostenuto forse quello che sosteneva sempre e, per il quale, noi lo sentiamo eternamente “compresente” ai Laboratori di “Spes contra Spem” di Opera, Rebibbia, Voghera, Parma, Secondigliano: si abbandona la mafia se si approda a nuovi livelli di coscienza, non se si viene annientati dal “diritto penale del nemico”.
Allora, continuiamo a far parlare la sua voce, a credere che la giustizia non si specchi mai nella idea luciferina della “società dei giusti”, della igienizzazione e sterilizzazione della società, che le questioni sociali non possano esser mai ridotte a questioni di ordine pubblico.
Iscriviti a Nessuno tocchi Caino e aiutaci condividendo sui social, a partire dalla tua pagina Facebook, questo bellissimo spot che trovi al link riportato sotto.
Per saperne di piu' : https://www.facebook.com/handsoffcain/videos/747556685879890

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

APPELLO DI NESSUNO TOCCHI CAINO E DEL GLOBAL COMMITTEE AL MINISTRO DEGLI ESTERI LUIGI DI MAIO SULL’IMMINENTE VISITA DI MOHAMMAD JAVAD ZARIF, MINISTRO DEGLI ESTERI IRANIANO
Nessuno tocchi Caino, nel quotidiano monitoraggio della pena di morte nel mondo, ha documentato come l’Iran abbia compiuto al 13 aprile, inizio del Ramadan (durante il mese sacro le esecuzioni vengono sospese), ben 107 esecuzioni, comprese 5 donne, mentre nel 2020 le esecuzioni sono state 284 (267 esecuzioni secondo l’ultimo rapporto di Iran Human Rights) di cui 8 donne e 8 minori. In tutti questi anni l’Iran è sempre stato sul podio dei primatisti mondiali per numero di esecuzioni capitali.
Non c’è solo la pena di morte, secondo i dettami della Sharia iraniana, ci sono anche torture, amputazioni degli arti, fustigazioni e altre punizioni crudeli, inumane e degradanti. Non si tratta di casi isolati e avvengono in aperto contrasto con il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici che l’Iran ha ratificato e queste pratiche vieta.
A questo si aggiunge la pratica crudele e illegale dell'Iran di incarcerare i cittadini con doppia cittadinanza da utilizzare nelle trattative. Tutti noi ricordiamo Ahmadreza Djalali, il ricercatore di 48 anni dell'Università del Piemonte Orientale di Novara condannato a morte per spionaggio.
A ben vedere, per Nessuno tocchi Caino e il Global Committee for the Rule of Law-Marco Pannella, la soluzione definitiva del problema, più che alla lotta contro la pena di morte, attiene alla lotta per la democrazia, l’affermazione dello Stato di diritto, la promozione e il rispetto dei diritti politici e delle libertà civili.
Sappiamo che il Ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, lunedì sarà a Roma quale tappa di un giro di Paesi dell'Europa meridionale. Un viaggio che avviene in un momento in cui il negoziato sul nucleare a Vienna è entrato in una fase finale. Avviene anche in un momento in cui è in atto una crisi gravissima tra Israele e Palestina, rispetto alla quale tanto il Presidente Rhouani, quanto il Capo di Stato Maggiore dell'esercito iraniano, generale maggiore Mohammad Hossein Baqeri, rivolgono appelli antisionisti affinchè l'Organizzazione della cooperazione islamica (Oic) assuma un "ruolo più' attivo" nella crisi in corso. Inoltre l'Iran invia a Hamas razzi che vengono lanciati indiscriminatamente contro i civili israeliani.
Perseguire una politica di moderazione e continuare a considerare l’Iran fattore di stabilità del Medio Oriente sarebbe un tragico errore. L’Iran è di tutta evidenza elemento di destabilizzazione della regione e detonatore dell’estremismo violento oltre che del terrorismo. Una detonazione che arriva fino a noi se pensiamo alla recente condanna, da parte di un tribunale belga, del diplomatico iraniano Assadollah Assadi per aver tentato un attacco, poi sventato, a Villepinte, vicino Parigi, nel 2018, contro il gruppo di opposizione iraniano dei Mujahedeen del popolo (Mek), costante oggetto di tentativi di annientamento come il massacro dei 30.000 oppositori politici compiuto nel 1988. 
Al Ministro degli Esteri di un Paese riconosciuto da tutti nel mondo come il campione della battaglia per la Moratoria Universale delle esecuzioni capitali e per l’istituzione del Tribunale Penale Internazionale chiediamo di porre al centro dell’incontro la questione del rispetto dei Diritti Umani universalmente riconosciuti e di usare questa occasione per denunciarne le violazioni più gravi e chiedere la cessazione di ogni invocazione e sostegno alla distruzione dello Stato di Israele.


UN ITALO-AMERICANO IN FIN DI VITA VERRA’ GIUSTIZIATO IN IDAHO
Valerio Fioravanti

L’Idaho giustizierà un italoamericano: Gerald Ross Pizzuto. Diciamolo subito, il tipo non inspira simpatia, e nonostante l’Associated Press metta la definizione di “Italo-Americano” nel titolo della notizia, l’uomo è nato in California, seppure da genitori italiani.
Pizzuto, che ora ha 65 anni, è stato condannato a morte nel maggio 1986 per il duplice omicidio di Berta e Del Herndon, avvenuto nel 1985. Al momento dell’arresto, Pizzuto era anche ricercato per due omicidi avvenuti qualche mese prima nello Stato di Washington, quelli di Rita Drury e di John Jones. Tutti gli omicidi erano a scopo di rapina, con bottini di poche centinaia di dollari.
L’esecuzione di Pizzuto, che sarebbe la prima in quasi nove anni in Idaho, è stata fissata per il 2 giugno, nonostante l’uomo abbia un cancro alla vescica allo stadio terminale, disfunzioni cardiache rilevanti, episodi costanti di perdita di memoria e di disorientamento generale, e diabete. Al lettino dell’esecuzione dovrà essere portato in sedia a rotelle.
Il progetto giornalistico no profit “The Marshall Project”, che si occupa di casi controversi di giustizia penale, sta facendo rimbalzare la vicenda sui media. L’argomento, che negli Usa funziona meglio di tutti gli altri, è lo “spreco di denaro”. Perché spendere molto denaro per uccidere un uomo che è già in carcere da 36 anni, da 34 in isolamento nel braccio della morte, e che ha pochi mesi di vita?
Negli scorsi anni i suoi difensori avevano insistito sul basso quoziente intellettivo, 72 punti, che lo collocano appena 2 punti sopra il livello usualmente riconosciuto per la disabilità intellettiva. I ricorsi sono stati respinti, l’ultimo nel 2019, sostanzialmente perché la legge in Idaho (come in molti altri Stati) riconosce come “prova” del ritardo una certificazione ufficiale che sia stata rilasciata all’imputato prima che commettesse il reato, e quasi sempre pretende che questa certificazione sia stata rilasciata prima del compimento dei 18 anni. A causa del rischio di “simulazione”, una certificazione successiva, soprattutto se rilasciata durante la detenzione, non ha per le corti un livello probatorio sufficiente.
Pizzuto e un altro detenuto nel braccio della morte dell’Idaho, Thomas Creech, hanno citato in giudizio lo Stato per quella parte del protocollo di esecuzione che consente all’Amministrazione Penitenziaria di modificare l’iniezione letale secondo le proprie necessità, senza una verifica né del Parlamento, né di altre autorità politiche. Questa mancanza di trasparenza viene periodicamente sollevata dai difensori dei condannati a morte, e spesso accolta dalle corti federali. Poi interviene la Corte Suprema degli Stati Uniti, che fino a oggi ha sempre respinto questo tipo di ricorsi, e non c’è motivo di credere che l’attuale composizione della Corte Suprema, con i giudici ultraconservatori nominati da Trump, inverta la tendenza.
Un aggiornamento ci dice che l’11 maggio gli avvocati di Pizzuto hanno presentato una richiesta di “clemenza”. Argomentano che l’uomo è ricoverato da due anni nel centro clinico della prigione, e i medici penitenziari confermano che non ha un anno di vita.
Gli avvocati ricordano alcune circostanze che all’epoca del processo la giuria popolare non ritenne sufficiente a costituire un’attenuante. A partire dai 6 anni, Pizzuto è stato torturato, sodomizzato e picchiato duramente dal suo patrigno, che in diverse occasioni lo ha anche “venduto” a scopo sessuale ai suoi amici. Come hanno testimoniato i fratelli, il patrigno li picchiava con una frusta, un pungolo per bovini, un frustino da cavallo e grossi bastoni. A volte Pizzuto e i fratelli venivano costretti a dormire in una cuccia, e mangiare cibo per cani. Ha subito ripetute lesioni cerebrali e ha avuto problemi a comunicare, mantenersi pulito e relazionarsi con gli altri bambini.
“Il signor Pizzuto non ha mai avuto una possibilità nella vita. È stato torturato in modi inimmaginabili e sfregiato da violenze selvagge. Nessuno lo ha aiutato. Anche se è troppo tardi per salvare quel bambino, non è troppo tardi per mostrare pietà a Jerry Pizzuto”.
È vero: Pizzuto, crescendo, è diventato un uomo cattivo, e con le sue vittime è stato feroce, e anche stupido. Forse, come dice Marshall Project, si potrebbe pensare di risparmiare qualche dollaro e lasciarlo morire naturalmente. Oppure, come dicono i suoi avvocati d’ufficio, un attimo di pietà dovrebbe essere mostrato anche nei suoi confronti.


SIERRA LEONE: IL GOVERNO SI MUOVE PER ABOLIRE LA PENA CAPITALE
Il governo della Sierra Leone si sta muovendo per abolire la pena di morte nello stato dell'Africa occidentale, ha dichiarato il 12 maggio 2021 il vice-ministro della giustizia Umaru Napoleon Koroma.
Nessuna esecuzione è avvenuta nel Paese dal 1998 e le condanne capitali vengono spesso commutate.
La Sierra Leone, che si sta ancora riprendendo dopo decenni di guerra civile, è stata spesso oggetto di critiche da parte di gruppi per i diritti umani per aver mantenuto la pena capitale nei codici.
"Una volta che la legislazione giungerà in Parlamento e verrà approvata, finisce la storia della pena di morte", ha detto Koroma all'AFP.
Ha aggiunto che il gabinetto del presidente Julius Maada Bio ha deciso di spingere sull’abolizione della pena capitale per "sostenere i diritti umani fondamentali dei cittadini della Sierra Leone".
La data della decisione del gabinetto non è chiara.
Il governo ha annunciato la propria intenzione il 12 maggio durante la revisione della situazione relativa ai diritti umani in Sierra Leone alle Nazioni Unite, ha detto Koroma.
L'ambasciatore dell'Unione Europea in Sierra Leone, Tom Vens, si è congratulato con Bio per la decisione.
"Continueremo a collaborare con voi per promuovere una progressiva agenda sui diritti umani", ha twittato.
La Costituzione della Sierra Leone del 1991 consente l'uso della pena di morte per rapina aggravata, omicidio, tradimento e ammutinamento.
Tuttavia, le ultime esecuzioni nel Paese sono state praticate nel 1998, quando 24 militari furono messi a morte dopo un tentativo di colpo di stato avvenuto l'anno prima.
L'ex colonia britannica è stata devastata da una guerra civile negli anni 1991-2002 che ha causato 120.000 vittime.
Una Commissione per la verità e la riconciliazione istituita nel 2005 per indagare sul conflitto ha raccomandato di abolire la pena di morte, definendola "un affronto alla società civile".
Le autorità tuttavia non hanno nell’immediato abolito la pena capitale e, secondo le Nazioni Unite, i tribunali hanno condannato a morte 84 persone tra il 2016 e il 2020.
Koroma ha detto all'Afp che il governo cercherà di modificare le pene per i crimini che attualmente comportano la pena di morte, suggerendo "l'ergastolo" come alternativa.
Se il parlamento approverà l’abolizione, la Sierra Leone diventerà l'ultimo Paese africano ad eliminare la pena di morte da quando il Ciad l'ha messa fuori legge nel maggio 2020.
(Fonti: AFP, 12/05/2021)

EGITTO: MONACO COPTO GIUSTIZIATO PER L’OMICIDIO DEL VESCOVO
Le autorità carcerarie egiziane hanno giustiziato il monaco copto Wael Saad in relazione all’omicidio, avvenuto nel luglio 2018, dell'abate del suo monastero, hanno detto alla Reuters l’avvocato e il fratello del monaco il 9 maggio 2021.
I due religiosi Wael Saad e Ramon Rasmi Mansour, conosciuti con i nomi monastici di Isaiah al-Makari e Faltaous al-Makari, erano stati riconosciuti colpevoli dell'uccisione del vescovo Epifanio, 64 anni, abate del monastero di San Macario, a nord-ovest del Cairo, in un caso che ha scosso la comunità cristiana copta egiziana.
La famiglia di Saad è stata avvertita il 9 maggio di prepararsi a ricevere il suo corpo da un obitorio della città di Damanhour, nella regione del Delta del Nilo, ha detto suo fratello, anche lui monaco.
I pubblici ministeri hanno sostenuto durante il processo che Saad abbia colpito tre volte il vescovo alla nuca con un tubo d'acciaio mentre Mansour faceva il palo fuori.
Anche Mansour era stato condannato a morte, tuttavia la sua condanna è stata ridotta all'ergastolo in appello.
Secondo le autorità giudiziarie l’omicidio sarebbe legato allo scontro tra opposte fazioni all’interno del monastero.
(Fonti: Reuters, 09/05/2021)

 

I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA

DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” e riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587
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