NESSUNO TOCCHI CAINO - SACCO E VANZETTI, COME DA UNA GRANDE INGIUSTIZIA DI UN SECOLO FA NACQUE LA LOTTA MONDIALE CONTRO L’ASSASSINIO DI STATO

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS

Anno 21 - n. 29 - 17-07-2021

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : SACCO E VANZETTI, COME DA UNA GRANDE INGIUSTIZIA DI UN SECOLO FA NACQUE LA LOTTA MONDIALE CONTRO L’ASSASSINIO DI STATO
2.  NEWS FLASH: COSÌ GRATTERI E L’ANTIMAFIA HANNO DISTRUTTO LA MIA AZIENDA E LA MIA VITA
3.  NEWS FLASH: SOMALIA: GIUSTIZIATO PER LO STUPRO E OMICIDIO DELLA FIGLIASTRA
4.  NEWS FLASH: YEMEN: TRIBUNALE HOUTHI CONDANNA A MORTE UOMO MEDIANTE CROCIFISSSIONE
5.  NEWS FLASH: GUINEA EQUATORIALE: LA PENA CAPITALE SARÀ ELIMINATA ‘MOLTO PRESTO’
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO


SACCO E VANZETTI, COME DA UNA GRANDE INGIUSTIZIA DI UN SECOLO FA NACQUE LA LOTTA MONDIALE CONTRO L’ASSASSINIO DI STATO
Pasquale Hamel

Sono esattamente trascorsi cent’anni da quel 14 luglio 1921, giorno in cui i giudici dello Stato del Massachusetts condannarono alla pena capitale Ferdinando Sacco e Bartolomeo Vanzetti, un operaio e un pescivendolo che, negli anni della grande emigrazione, avevano lasciato l’Italia per raggiungere l’America: la terra promessa. Una sentenza di condanna basata su indizi superficiali che un giurista di Harvard del calibro di Felix Frankfurter, nel marzo del ’27, sull’Atlantic Magazine aveva bollato come frutto di un processo ingiusto, segnato dalla parzialità del giudice, da inquadrare nel clima di isteria post-bellica che marchiava la società americana.
Eppure, processo dopo processo, nonostante l’ipotesi d’accusa fosse divenuta sempre più fragile – il giudice aveva platealmente rifiutato la richiesta di revisione avanzata dalla difesa a seguito delle dichiarazioni di Celestino Morales, un detenuto portoghese, che scagionavano i due condannati – quella condanna “ingiusta” (così la definì nel 1999 il Governatore del Massachusetts Dukakis riabilitandoli) fu confermata. E nel carcere di Charleston, nella notte del 23 agosto del 1927, il boia eseguì la sentenza, provocando sconcerto nell’opinione pubblica e in tanti prestigiosi intellettuali, a cominciare da Albert Einstein per arrivare a Bernard Shaw e Bertrand Russell, che si erano spesi apertamente per la loro liberazione. Sono trascorsi dunque cent’anni, e purtroppo si deve con sconforto prendere atto che la pena di morte – “L’assassinio legale incomparabilmente più orrendo dell’assassinio brigantesco”, così ne scriveva Fëdor Dostoevskij – continu a essere applicata in tanti Paesi del mondo e, scandalo fra gli scandali, in numerosi stati della civilissima America.
Eppure, proprio l’esecuzione di quei due innocenti, sacrificati al pregiudizio razziale e ideologico – gli italiani in America erano allora considerati reietti e scomodi, stranieri e la loro attività politica, i due non facevano mistero della loro fede anarchica, ritenuta sovversiva e perturbatrice dell’ordine pubblico – con il diffuso clamore che l’accompagnò, ebbe anche un risvolto positivo per la storia della civiltà giuridica perché portò all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale la barbarie della condanna a morte, di quella pena che, già nella seconda metà del ‘700, Cesare Beccaria aveva definito “pubblico assassinio”.
Ma andiamo ai fatti. Il dramma dei due italiani, che erano noti per la loro attività politico-sindacale, era iniziato con l’arresto nel 1920 con l’accusa di “possesso di armi e di materiale sovversivo” a cui, subito dopo, era seguita l’imputazione più grave, quella che decise la loro sorte, e cioè di essere autori di una rapina, consumata in un quartiere di Boston e conclusasi, tragicamente, con la morte di due dipendenti: il cassiere e una guardia giurata del calzaturificio Slater&Morrill, la ditta rapinata. Nonostante i due imputati si proclamassero innocenti e che la fragilità delle prove fosse di tutta evidenza, la macchina della giustizia americana, eccitata dal preconcetto e dal fanatismo del procuratore Katzam che trovò sponda nel giudice Thayer, andò avanti fino alle estreme conseguenze. I due italo-americani furono infatti condannati a morte travolgendo le ragioni della difesa.
Intanto, però, attorno a quella vicenda assurda era cresciuta l’attenzione dell’opinione pubblica, si erano infatti registrate molte manifestazioni di protesta e il dissenso e lo sconcerto per il comportamento della giustizia americana si era allargato a macchia d’olio alimentando l’antiamericanismo latente in molti circoli intellettuali. Da caso giudiziario la vicenda si mutò bene presto in vero e proprio affaire, tanto che molti autorevoli uomini politici del tempo, a cominciare dal presidente del Reichstag Paul Lobe, erano intervenuti per esprimere il proprio sconcerto motivando la stessa opinione pubblica mondiale.
Non mancò neppure l’intervento del governo italiano, lo stesso duce del fascismo, che spinto anche da orgoglio nazionale, fece pervenire per le vie diplomatiche, in forma molto discreta, una ferma richiesta di clemenza per i due connazionali. Il clima a livello internazionale divenne così caldo che non può meravigliare se gli stessi ambasciatori Usa in Europa e in America Latina, in modo riservato, facessero pressioni sul governo per evitare, a loro giudizio, le prevedibili ricadute negative che quell’esecuzione avrebbe avuto nelle relazioni diplomatiche americane.
Nonostante questa grande mobilitazione, non ci fu tuttavia nulla da fare; l’ottusa macchina della giustizia americana fece il suo corso e Ferdinando Sacco e Bartolomeo Vanzetti finirono sulla sedia elettrica. E tuttavia quella loro lunga “agonia diventò una vittoria”, recita il ritornello della colonna sonora del film di Giuliano Montaldo dedicato alle due vittime innocenti, perché rese consapevoli quanti mostravano indifferenza, che la pena di morte non può essere considerata altrimenti che assassinio di Stato.


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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

COSÌ GRATTERI E L’ANTIMAFIA HANNO DISTRUTTO LA MIA AZIENDA E LA MIA VITA
Roberto Corbo su Il Riformista del 16 luglio 2021

Mi chiamo Roberto Corbo. Oggi ho 45 anni. Sono un imprenditore edile. Forse. Certo, prima lo ero.
Nel gennaio 2018, sono arrestato nell’ambito dell’operazione Stige della Procura di Catanzaro. Il capo di imputazione dice: concorso esterno in associazione mafiosa. Si racconta che avrei avuto contatti con un noto esponente della ndrina calabrese, e di avergli messo a disposizione la mia azienda, una Società per Azioni.
Procediamo con ordine.
Sono casertano e le mie attività si sviluppavano, principalmente, nel centro nord Italia.
A fine 2012/2013 mi reco alla Banca MPS di Siena per richiedere un mutuo edile per la costruzione di un complesso immobiliare a Monteriggioni, Siena. La banca per prassi nomina un perito di fiducia per le necessarie verifiche. Il perito di fiducia era il noto affiliato alla ndrina, residente e con studio a Siena.
Il mutuo non viene erogato. Qualche tempo dopo il perito mi contatta per presentarmi un cugino che avrebbe mostrato interesse ad acquistare la mia operazione. Non si conclude nulla e i rapporti cessano a metà 2014.
Dopo quattro anni, nel 2018, vengo tratto in arresto insieme ai due, al noto perito e a suo cugino. Trascorsi venti giorni di carcere, il Tribunale del Riesame annulla l’ordinanza cautelare per carenza di gravi indizi. Il tribunale, in particolare, affermava che dal contenuto delle intercettazioni telefoniche non emergessero elementi sufficienti per sostenere una agevolazione alle attività del clan coinvolto.
È finita. Pensavo. E invece la mia storia doveva ancora iniziare.
Sempre nel 2018, la Prefettura di Caserta emette, facendo suo l’impianto accusatorio di Catanzaro, una informativa antimafia (interdittiva). Di conseguenza mi vengono revocati tutti gli appalti e le concessioni. Sono costretto a licenziare tutti i dipendenti.
Il giudice della cautela espressamente afferma che non vi è stata attività di agevolazione e nessun tentativo di infiltrazione. Il Prefetto, al contrario, sulla base degli stessi fatti, ritiene che vi sia stata agevolazione e infiltrazione mafiosa nella Corbo Group S.p.A.
Non mi arrendo e decido di chiedere al tribunale delle misure di prevenzione che la mia società sia sottoposta alla misura del controllo giudiziario di cui all’articolo 34 bis del Decreto Legislativo n. 159/2011, chiedendo la “bonifica” dell’azienda per poter tornare a lavorare.
Nel frattempo, la mia vicenda cautelare ha un sussulto: la procura appella la sentenza del Tribunale del Riesame in Cassazione. Si è trattato di un sussulto. A Roma quel ricorso è dichiarato inammissibile.
Nel settembre 2019, sono assolto dal Gup di Catanzaro perché il fatto non sussiste.
Dopo poco, arriva il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che dichiara conclusa positivamente la procedura del controllo giudiziario. I Giudici scrivono che bisogna prendere atto del fatto che per la società non sia emerso… alcun dato significativo sintomatico di fatti estranei alla normale gestione aziendale. La white list mi viene allora concessa. Sembra tutto finito: inizio a lavorare e a contrattualizzare con la pubblica amministrazione.
Ancora una volta non è così. Le cose precipitano di nuovo.
Nel giugno 2020, la Procura di Catanzaro propone appello contro la sentenza di assoluzione.
A gennaio 2021, il Consiglio di Stato rigetta il ricorso contro l’interdittiva. I giudici di Palazzo Spada ritengono che quei fatti (ma quali? una teorica messa a disposizione agevolatrice deducibile da una telefonata!) pur non essendo idonei a sostenere una condanna in sede penale sono, però, idonei a sostenere l’interdittiva antimafia. Il controllo giudiziario è come se non ci fosse mai stato. Né conta quanto detto dal Tribunale del Riesame che ha escluso del tutto la contiguità compiacente dell’impresa Corbo Group ritenendo che la stessa non abbia mai svolto attività di agevolazione a beneficio del sodalizio criminoso.
Lo ripeto, perché a me appare incredibile: sia il Tribunale del Riesame sia il controllo giudiziario sia il GUP hanno escluso qualunque contiguità. Il decreto che dichiara la chiusura del controllo giudiziario riporta espressamente che le accuse rispetto ai tentativi di infiltrazione mafiosa si sono rivelate “del tutto infondate”.
Ma per il Consiglio di Stato nulla di questo ha valore.
È l’autonomia dei giudicati, mi spiega il mio avvocato. Autonomia dei giudicati che mi rende un imprenditore dimezzato: estraneo e bonificato per taluni, marcato per sempre per altri.
La Prefettura, notizia da poco giunta, sembra decisa a emettere una nuova informativa. Alla mia istanza di ammissione alle white list ha risposto: ci sono ostacoli. Quali? Quelli soliti. Da lì non si passa. Lì sono incatenato.
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/cosi-gratteri-e-lantimafia-hanno-distrutto-la-mia-azienda-e-la-mia-vita-235614/

SOMALIA: GIUSTIZIATO PER LO STUPRO E OMICIDIO DELLA FIGLIASTRA
Un uomo è stato fucilato nello stato del Jubaland, nel sud della Somalia, per aver violentato la figliastra di tre anni, causandone la morte.
La BBC ha riferito che l'uomo, Hussein Adan Ali, stava masticando foglie di khat, un leggero stimolante, quando ha aggredito sessualmente la bambina.
Non è noto quando sia avvenuto il crimine, tuttavia la bambina è morta il 14 luglio per le ferite riportate.
Ali, 28 anni, è stato dichiarato colpevole dal tribunale della città di Dhobley il 14 luglio.
L'udienza è stata trasmessa in televisione, ma non è stato mostrato se gli avvocati fossero presenti o se all'imputato sia stata data la possibilità di presentare appello.
Funzionari del tribunale e anziani del clan tradizionale hanno esaminato le prove prima di pronunciare la loro sentenza. Il tribunale ha affermato che la condanna a morte emessa è consentita dalla Legge islamica.
(Fonti: Daily Mail, 15/07/2021)


YEMEN: TRIBUNALE HOUTHI CONDANNA A MORTE UOMO MEDIANTE CROCIFISSSIONE
Un tribunale gestito nello Yemen dalla milizia Houthi ha condannato a morte un uomo mediante crocifissione, ordinando inoltre che il suo corpo venga esposto in pubblico per due giorni, ha riportato il Gulf News il 30 giugno 2021.
La sentenza è stata pronunciata da un tribunale di Sana’a in relazione all’uccisione del rappresentante degli Houthi alla Conferenza di Dialogo Nazionale, nel 2014.
Secondo gli organi di informazione degli Houthi, il tribunale ha ordinato che Majdi Abdul Karim Al Mutawakkil venga crocifisso ed esposto in pubblico per due giorni nella Piazza 70 di Sana'a per aver ucciso il noto accademico Dr. Ahmed Sharaf Al Deen, che era il rappresentante degli Houthi alla Conferenza nazionale.
Il tribunale ha anche riconosciuto Al Mutawakkil colpevole di aver complottato per uccidere tre membri degli Houthi e di appartenere ad Al Qaida.
Il 21 gennaio 2014 il dottor Sharaf Al Deen, un docente di diritto, fu ucciso a colpi di arma da fuoco a Sana'a mentre guidava da casa sua all'hotel dove si teneva la Conferenza. Fu il secondo rappresentante degli Houthi alla Conferenza ad essere ucciso.
(Fonti: Gulf News, 30/06/2021)


GUINEA EQUATORIALE: LA PENA CAPITALE SARÀ ELIMINATA ‘MOLTO PRESTO’
L'ambasciatore della Guinea Equatoriale a Lisbona ha dichiarato il 13 luglio 2021 che il suo Paese "molto presto" metterà a punto un nuovo codice penale, eliminando la pena di morte, tuttavia ha avvertito che il processo deve essere svolto con calma.
L'abolizione della pena di morte dall'ordinamento giuridico è uno degli impegni assunti dalla Guinea Equatoriale quando è entrata a far parte del CPLP (Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese) come membro a pieno titolo nel luglio 2014 al vertice di Dili. Sette anni dopo, quel passo rimane incompiuto.
In un'intervista, l'ambasciatore della Guinea Equatoriale a Lisbona e della missione presso il CPLP, Tito Mba Ada, ha affermato che il parlamento ha il nuovo Codice penale da dibattere e votare, che sostituirà l'attuale codice, risalente al 1963, all’epoca della Spagna di Franco.
“Il testo del ddl sarà trasmesso al Senato per la seconda lettura e sarà poi promulgato dal Presidente. Questo è un processo che non può essere affrettato e che molto presto avrà la sua prevista conclusione”.
Sollecitato a fissare una scadenza per l’approvazione, in passato già rinviata, Mba Ada ha ribadito che sarà “molto presto”.
“La Guinea Equatoriale è un Paese con un grande rispetto per i diritti umani”, ha sottolineato, affermando che anche prima di aderire al CPLP, il Paese ha già concesso amnistie e indulti ai condannati alla pena capitale.
L'ambasciatore ha ribadito che il Paese ha introdotto una moratoria sulla pena di morte “il giorno dopo l'adesione” e che “la pena capitale non è più praticata in Guinea Equatoriale.”
Il CPLP è composto da Angola, Brasile, Capo Verde, Guinea-Bissau, Guinea Equatoriale, Mozambico, Portogallo, Sao Tome e Principe e Timor Est.
(Fonti: MNA, 14/07/2021)


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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


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Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” e riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587
Grazie

 


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