"Tempo fuor di sesto" di Philip K. Dick (Fanucci, traduzione di Anna Martini, introduzione di Carlo Pagetti, postfazione di Francesca Guidotti) + Short Fictions

 

Avei dovuto lavorare oggi e invece niente. Avrei preferito lavorare visto che avrei potuto anche guadagnare qualche soldo. Fuori tanto sole e la mia panchina sul lago a sfogliare il domenicale settimanale dei leghisti ticinesi che fa decisamente schifo (oggi si augurano la vittoria dell'Inghilterra nella insopportsabile sinistra chic/verde/borghesuccia/artistico ticinese che ritrovi ovunque, a girare le pagine di un paio di quotidiani italiani e a terminare la lettura di uno splendido romanzo di Philip K. Dick che si intitola “Tempo fuor di sesto” (Fanucci, traduzione di Anna Martini, introduzione di Carlo Pagetti, postfazione di Francesca Guidotti) e che mi ha avvolto in un abbraccio di paranoia, viaggi interstellari, colonizzazione dell'universo (peccato non esserci quando ci saranno le prime astronavi terrestri che solcheranno la galassia), bombe all'idrogeno, riconfigurazione mentale, realtà illusioria che mi ha fatto stare bene e staccare da questa situazione di merda paranoica che mi sta condizionando anche le vacanze al mare (due coglioni questi virologi, le statistiche, le chiusure, le varianti, basta, basta davvero e lo dico da vaccinato con la seconda dose). 

Un romanzo uscito nel 1959 e che segna una cesura nell'opera letteraria dello straordinario scrittore statunitense (ma perché piuttosto che dedicarmi a uno come Dick leggo romanzi di merda italiani e non solo?), prima dello sbarco sulla Luna, nel pieno della Guerra Fredda e ricco di sfumature letterarie che mettono i brividi, sin già dal titolo che è una battuta presa dall'Amleto ma anche da un riferimento a una poesia di T.S.Eliot o al Faust di Goethe,e che dipinge una realtà (quella degli Stati Uniti anni '50 ma anche e forse soprattutto la nostra) che dietro la sua bella facciata di amore, famiglia, cittadine felici e pulite, sani principi, lavoro, università d'eccellenza, conformismo strisciante nasconde un tessuto doloroso di falsità, dolore, meschinità, pudicizia, solitudine, spaesamento.

L'ho letto circondato da un'atmosfera di passione calcistica e fede patriottica che non mi appartiene.

Non me ne frega un cazzo di chi vincerà stasera.

Se fossi costretto tiferei Inghilterra perché sin da bambino ho subito il fascino del mondo anglosassone.

Da bambino sognavo di essere un pilota della RAF.

E quando tutta questa situazione finirà torneremo sicuramente in Inghilterra.

Ma davvero: tutti questi domiciliati, residenti italiani o di origine italiana che tifano per l'Italia li sento distanti da me. 



Commenti