Tornare allo stadio, FC Lugano, Green Pass, Carlo Calenda, Marta Cartabia, Tiffany McDaniel, The Proposal
Finalmente ieri pomeriggio dopo tanti mesi sono tornato allo stadio per assistere alla partita del FC Lugano contro lo Zurigo sperimentando per la prima volta il green pass che garantisce l'accesso ai grandi eventi e se questi sono all'aperto senza mascherina. Posto sugli spalti, in piedi. Prima partita del campionato di Super League. A parte il maltempo che ha funestato la seconda parte di gara ho trascorso un bel pomeriggio. Ho bevuto un paio di birre, ho scambiato qualche chiacchiera con alcuni tifosi felici di rivedermi, con degli sconosciuti e con una ragazza del merchandise che non vedevo da tempo. La partita è stata gradevole ma il Lugano col nuovo allenatore Abel Braga, brasiliano vincitore di una Coppa Libertadores e di una Coppa del mondo per club, ha però perso per due a zero. L'impronta offensivista dell'allenatore si vede già con delle belle trame che valorizza un super Bottani ma sono stati commessi troppi errori difensivi sulle ripartenze ospiti e nel secondo tempo, già sullo 0-2, il Lugano non ha saputo ribaltare il risultato. La nota positiva, anche se non tutti intorno a me non erano dello stesso parere, è stato il diciannovenne attaccante luganese Muci che avrebbe anche meritato di segnare. Sarà una stagione durissima, senza soldi, con la proprietà traballante, la spada di damocle del referendum sul nuovo Polo Sportivo (la miopia di una certa sinistra che ja promosso il rerefendum contro il Polo è la conferma di quanto male fanno i duri e puri che giocano sempre alla guerriglia... ma forse è un problema mio a non capirle queste cose...) ma ancora più affascinante perché quando tifi per piccole squadre sai già che soffrirai per tutta la vita. Vale anche per il Lecco. Sono nato juventino ma ormai non seguo più la Juventus.
Le note negative della giornata sono due: la prima è l'assenza delle due curve che per vari motivi (green pass, tamponi e rifuto di presentare i documenti d'identità) hanno preferito polemicamente rimanere fuori dallo stadio. Lo dico anche perché conosco l'ambiente della curva (alcuni miei amici sono stati per tanti anni ultras e ricordo in particolare la bellezza di un pomeriggio passato in curva a Lecco) e sono mancate le coreografie, i fumogeni, gli striscioni, i tamburi.
Conosco e approvo tante delle critiche che si possono rivolgere agli ultras (ideologia, scontri, ricatti, interruzione del gioco, opacità) ma ormai andare allo stadio certe volte sembra come andare al ristorante o al supermercato riempiendosi di bibite, gadget e spendendo un sacco di soldi (per fortuna a Lugano e in altre zone i prezzi sono ancora accessibili). Forse faccio parte di un'altra epoca e forse sbaglio ma una squadra si porta dietro una storia non solo legata al campo ma anche alla città, alle rivalità, alle sconfitte, ai trionfi, alle resurrezioni, al tipo di stadio in cui si gioca, al tipo di tifoseria, alla lingua, al dialetto, alla politica.
L'altra nota negativa sono i discorsi di alcuni non vaccinati (si può entrare anche senza tampone). Non considererò mai i non vaccinati dei sorci e vivo malissimo pure io il Green Pass (l'ho stampato, perché molto spesso mi piace uscire senza telefono e per esempio ieri zero foto allo stadio) ma alcuni discorsi beceri di gente che se ne frega dei morti e generati solo dall'odio e dall'ignoranza e da un complottismo del cazzo mi hanno infastidito parecchio.
Tutto qui.
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Che bello ritrovarsi a leggere un libro di Tiffany McDaniel.
Il bello dell'andare a vedere la partita allo stadio è proprio il pubblico, il tifo, i cori, gli striscioni, l'atmosfera che respiri, qualcosa che in un certo senso percepisci anche guardando la partita da casa ... ma se togli il pubblico resta ben poco.
RispondiEliminaD'accordissimo con te.
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