"La tua casa pagherà" di Steph Cha (21lettere, traduzione di Andrea Russo)

 

Accadde tutto così in fretta. È quello che diceva la gente, e quando guardò il video coi suoi occhi, finì tutto in una manciata di secondi. Ma c'era stato un momento in cui avrebbe potuto fermarla? In cui avrebbe potuto correre da sua sorella, gridare e abbracciarla finché non avesse riassorbito il veleno del suo orgoglio? Quante volte avrebbe dovuto riviverlo? Per i poliziotti, per gli avvocati, per il giudice; per zia Sheila, per zio Richard, per Ray; e per se stesso, soprattutto, per sempre. Eppure, cosa ricordava davvero? Una mano che prendeva una bottiglia di latte. La mano e il latte che cadevano, e sua sorella sul pavimento. In seguito, sarebbe riuscito a richiamare l'immagine del volto di Ava con un buco in fronte e della donna alle sue spalle, Jung-Ja Han, a bocca aperta e con una pistola fumante in mano. Gli dissero che aveva pianto ed era caduto in ginocchio, ma avrebbe giurato di essere rimasto in silenzio, assente e catatonico. Quando riuscì di nuovo a parlare, raccontò la verità. Il video confermava la sua versione. Ava non era armata, e Jung-Ja Han aveva aspettato che Ava si fosse voltata per sparargli alla testa. Era un sollievo, persino i poliziotti gli credevano. Quel giorno furono più gentili con lui di quanto sarebbero stati in futuro, perché all'epoca era ancora un ragazzino, ancora sotto shock. Ma nonostante il video e la testimonianza di Shawn – il persuasivo avvocato nero della signora Han lo aveva incalzato perché ricordasse le minacce di Ava di uccidere Jung-Ja Han all'istante, o di tornare a ucciderla in un secondo momento – e nonostante la giuria, dopo quattro giorni, avesse dichiarato l'imputata colpevole di omicidio volontario, persino allora la bugia ebbe la meglio. La giovane moglie coreana che aveva temuto per la propria vita davanti alla rapinatrice nera. Il giudice, una donna bianca, condannò Jung-Ja Han a cinque anni di libertà vigilata, a quattrocento ore di servizio civile e al pagamento di una multa di cinquecento dollari. Una settimana più tardi, lo stesso giudice condannò un uomo a trenta giorni di reclusione. Aveva preso a calci e pugni un cane.” (pp. 155-156)

Ispirato dalla storia di Latasha Harlins, una quindicenne uccisa nel 1991 in un negozio di Los Angeles dalla proprietaria che fu poi condannata per omicidio colposo e non finì mai in carcere, “La tua casa pagherà” di Steph Cha(21lettere, traduzione di Andrea Russo) è un romanzo che mi ha trascinato e riempito di emozioni in questa giornata fiacchissima post-vacanze, con la mente assediata dai fantasmi e soprattutto in una città che sta vivendo il lutto per la perdita del sindaco Marco Borradori, colpito ieri da un infarto e spirato ieri al Cardiocentro di Lugano.

Un romanzo potente, duro, avvincente ma anche commovente. Che non fa sconti a nessuno. Con due protagonisti indimenticabili: Shawn, afroamericano che da ragazzino nel 1991 ha perso la sorella Ava assassinata in un negozio dopo una lite con la commessa coreana che pensava le stesse rubando del “latte”, e che ha trascorso gran parte della sua vita affiliato a una gang, dentro e fuori dal carcere, e che nel 2019 cerca disperatamente di rifarsi una vita insieme a una compagna, alla di lei figlia e a quel che rimane dei suoi parenti, come la zia Sheila che da anni lotta per avere giustizia e i figli e la moglie del cugino Ray in procinto di uscire dal carcere dopo otto anni di reclusione; e Grace, una timida e introversa farmacista di origini coreane che dopo aver scoperto che la madre, vittima di un apparentemente casuale scontro a fuoco, è la responsabile della morte di Ava e che lei era la sola della famiglia (la sorella Miriam è un'artista e attivista per i diritti civili) e della cerchia di amici ad essere all'oscuro di quel tragico fatto, vede andare in pezzi la propria vita, le proprie sicurezze e vuole solo cercare la verità, non accontendandosi più del ruolo che le è stato imposto sin da bambina. 

"La tua casa pagherà" è un affresco adrenalinico che scava, alternando con grazia le vicende di Shawn e Grace, nelle contraddizioni del nostro mondo e che racconta, con precisione chirurgica, di razzismo (strisciante fra tutte i gruppi etnici), di pregiudizi che lasciano ferite inimmaginabili, di scontri razziali senza tregua, di tragici errori, di carcere (una delle ferite che non smette di sanguinare negli Stati Uniti e non solo), di violenza della polizia (che non è una questione di questi ultimi anni ma è un problema endemico della polizia americana ): “Shawn aveva avuto a che fare coi poliziotti sin da quando era un bambino. Ci aveva parlato e li aveva ignorati ed evitati quando possibile. Avevano sempre fatto parte della sua vita. Palmdale non era come la South Central dei suoi tempi, ma anche lì le volanti pattugliavano il quartiere, abbassando il finestrino per parlare con chiunque valesse la pena di parlare. A volte sembrava che fossero a pesca, che gettassero una lenza solo per vedere chi riuscivano a tirare su.” (pag. 183), di massmedia/informazione/social in cerca solo di spettacolarizzazione/visibilità/soldi/scontri/violenza/insulti (i passaggi sull'informazione marcia e sui giornalisti/scrittori/attivisti affamati di dolore, scoop, soldi e premi sono fantastici), di circolazione delle armi, di ingiustizia classista, di sistema americano marcio (basti pensare al degrado della sanità o del mondo del lavoro), di tenacia nella ricerca di giusitzia, di desiderio di libertà e uguaglianza, di contraddizioni all'interno delle comunità/schieramenti politici che si ergono a paladini di questo o quell'altro principio o verità e che dimenticano di ascoltare e comprendere gli esseri umani nella loro interezza. 

È un romanzo sulla violenza endemica della società americana e sulla difficile ricerca del perdono perché le due famiglie segnate da questi lutti finiranno per incontrarsi e scontrarsi in un finale di rara bellezza e che non concede nulla al classico happy ending hollywoodiano ma che ricorda un'esperienza catartica, un'onda in piena che travolge tutto quello che si ritrova di fronte, le fiamme che purificano e distruggono le certezze sopra cui abbiamo costruito relazioni fragilissime. Un finale che rasserena e che sconvolge, che costringe i personaggi e il lettore a denudarsi di fronte a se stessi, a trovare parole nuove per raccontarsi, a vivere il presente e il futuro senza dimenticare il passato ma provando a perdonare chi ci sta di fronte, a stringere le sue mani, a guardarlo negli occhi, ad ascoltarlo, a farci ascoltare, pagando il prezzo di ciò che abbiamo fatto, di quei segreti e di quelle colpe che ci porteremo sempre dentro al cuore e che forse un giorno riusciremo a cancellare. 

 


 

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