"LOT" di Bryan Washington (Racconti Edizioni, traduzione di Emanuele Giammarco), uno dei miei libri dell'anno

 


"Un  attimo prima che finissero a letto insieme per l'ultima volta e prima che l'amante di Aja venisse scaraventato da suo marito, il diplomatico del quartiere, sul cordone appena fuori dal complesso, per poi essere strangolato, dallo stesso uomo, a mani nude, davanti a un pubblico composto da lampioni, il negozio all'angolo, Joaquin, LaNeesh, Isabella, Big A e i vicini haitiani, James aveva chiesto ad Aja di raccontargli una storia. Non doveva essere per forza vera." (pag. 17)

Una lingua pastosa, schizofrenica, da asfalto e stanze, silenziosa, musicale, carnale, violenta, sfrontata, passionale, calda (lo so che è una traduzione) che mi è entrata in bocca, nel cuore, in testa, nel cuore quella di Bryan Washington nel suo splendido "LOT" (Racconti Edizioni, traduzione di Emanuele Giammarco) che è un riuscitissimo e sfrontato ibrido di racconti e romanzo (da applausi la scelta dell'autore di non seguire esclusivamente la storia della famiglia di Nichola, Javi, Jan e i loro genitori ma di intrecciarla a quella di una miriade di altri personaggi memorabili) che mi ha fatto pensare subito a Hubert Selby Jr, per i suoi personaggi ricorrenti che non riesci mai a ingabbiare, per le sue periferie, per le sue storie di perdenti, proletari, falliti (cazzo "Peggy Park", quattro pagine straordinarie), lavoratori precari, immigrati, tossici, prostitute, omosessualità (che libertà e lacrime ti scaraventa addosso l'autore lo potrà capire solo chi leggerà questo libro) , povertà, dipendenza, violenza, desiderio di riscatto, di affermare la propria sessualità senza essere picchiati/uccisi/derisi/allontanati, di radici piantate dentro a ogni centimetro dell'asfalto del quartiere di quella città (Houston) da dove non ti schioderai mai anche se vorresti tanto trovare la forza di andartene via e di vivere una vita migliore, di sogni e dolori affondati el calore che sale dai fornelli accesi ogni giorno a ogni ora del giorno per servire clienti o in amplessi rubati dentro a stanze sudicie. 

"Una volta sono andato a letto con uno. Grosso e nero e peloso dappertutto. Ci siamo conosciuti come si conoscono tutti in giro per il mondo e l'ho portato a casa di Mamma. Quello ha visto le candele sulle scale e gli accendini sul tavolo e le scatole in cucina e le lattine in fila per terra, e quando mi ha chiesto se stavo andando via o se ero appena arrivato io gli ho detto semplicemente che è così che se la passa certa gente." (pag. 195

Un suono meraviglioso quello di questa lingua viva, liberatoria, trasformatrice e insieme pacata (come se ti accarezzasse e prendesse a pugni e ti scopasse e ti baciasse) ogni volta che ti si avvicina, impossile resisterle, e che mi ha schiantato in tutta la mia misera esistenza, che mi ha fatto piangere sul mio stomaco rotto, che mi ha spaccato il fiato di ricordi e volti e di quei miei amici che spacciavano/lavoravano/bruciavano soldi, che ha baciato le mie mani gonfie a furia di stringere aspiralpoveri e preparare popcorn, che mi ha offerto l'ennesima birra per cacciare via tutta quell'angoscia e depressione che mi fa vivere giornate da schifo, che mi ha restituito quei brividi che cerco nella letteratura e mi sono sentito Poke e mi sono sentito Rod e mi sono sentito tanti di questi uomini e donne. 

E stamattina sveglia alle 4 e 45 per preparare popcorn e mentre preparavo 33 sacchi salati e 8 dolci (ci vogliono 5 ore e mezza  (senza pause) + 1 ora e passa per pulire tutto) pensavo a questo libro e a come sia una delle migliori letture di questo 2021 e pensavo al finale di "Navigation": "E se questa fosse una storia diversa, una storia su qualcos'altro, una storia in cui facciamo le cose che sappiamo di dover fare, io avrei sorriso a tutti denti, come al bianco, e con un po' piùcdi emozione, o magari no. Invece ho solo messo la mia mano sulla sua spalla, e gliel'ho stretta attorno, e con tutta la mia voce, con tutta la grazia del mondo, gli ho detto di andarsi a inculare la madre." (pag. 146)

Poi ci sono Poke e le mie attese infinite.

"Poi un giorno Poke si è fatto dare un passaggio nel pomeriggio. Aveva piovuto tutta la mattinata. C'era stato un incidente sul ponte, e una nebbia si era infiltrata fra i viali, e la Lyft di Poke si è fermata sotto i riflettori prima dell'incrocio, e quando alla fine ha sollevato lo sguardo ha visto che Rod non era sotto il ponte.
Non si trovava da nessuna parte.
Allora Poke ha controllato in ogni ricovero.
Ha controllato ai baracchini e nelle cliniche.
Ha chiesto ai nomadi e ai perdigiorno e ai drogati che incrociava per la strada. Poke ha guidato per l'East End e Midtown e Downtown e Montrose per settimane e settimane, passando in rassegna i viali e gli angoli e le baracche. 
E per tanto tempo ha continuato a cercare." (pag. 193)



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