Piccola rassegna stampa. Numero 52 + lavoro e per fortuna niente Pass Covid nei cinema e nei ristoranti
Ieri ho vissuto una giornata di lavoro terribile e molto faticosa ma anche adrenalinica. Timbro alle 6 di mattina per preparare la prima tranche di popcorn che serviranno per la giornata quando scopro che la cappa d'aspirazione non funziona. A questo aspetto e chiamo il tecnico. Nessuna risposta. Troppo presto. Occupo il tempo sistemando il mio magazzino e sbrigando altre faccende e quando il problema viene finalemnte risolto comincio a prepare popcorn fino alle alle 16 e 10 (in particolare per il cinema di Locarno) senza mai fermarmi, tranne per un velocissimo caffè. Stimbro, esco, vado a prendermi una piadina coi falafel, la mangio in piedi discutendo con la titolare che non mi vedeva da mesi. Torno quindi al cinema per pulire la macchina. Esco alle 17 e 30, camminata a piedi fino al supermercato, spesa e infine casa, con la mia compagna che mi abbraccia e la gatta che fa le fusa. Due birre veloci, doccia, due chiacchiere con la mia compagna, cena a base di insalata e fagioli, gioco con la gatta e poi via a leggere. Domani sarà una giornata simile coi popcorn per Lugano e domenica ho un turno 7-10 e poi 1130-21.
Per fortuna il governo svizzero non ha ancora esteso il pass Covid al cinema, visto che ci stiamo appena ripresi, e nemmeno nei bar e nei ristoranti. Sicuramente non si possono fare confronti fra Svizzera e Italia, anche solo per il numero di abitanti, ma continuo a preferire la gestione svizzera della pandemia a quella italiana, anche solo nei toni del governo e della stampa, nel modello di comunicazione, nella volontà di discutere, confrontarsi, senza cercare lo scontro. Probabilmente il pass verrà introdotto se la situazione dovesse peggiorare ma apprezzo il fatto di andarci cauti con le misure. Si respira meno ansia. E l'ho notato soprattutto quando sono tornato a Lecco. Tantissimi indossano le mascherine mentre qui a Lugano all'aperto praticamente non le indossa quasi nessuno.
Ieri sera vedendomi sul divano tutto vestito di nero che leggevo, bevevo un bicchiere di birra, con affianco la gatta che distruggeva la sua coperta, la mia compagna mi ha preso per il culo con un "Sembri uscito da un libro di Ellroy".
Non so se "Panico" sia uno dei migliori Ellroy ma dopo un inizio un po' stentato mi sta rapendo e credo di finirlo entro stasera.
Intanto ecco la cinquantaduesima uscita della mia piccola rassegna stampa:
- "I miserabili La destra italiana è una barzelletta che non fa ridere" di Christian Rocca (Linkiesta)
- "Addio a uno smart working mai nato" di Luigi Olivieri (Phastidio)
- "“Ora salviamo gli avvocati e i magistrati afghani in pericolo” di Francesca Spasiano (Il Dubbio)
- "La mancata riforma della figura dell’internato" di Damiano Aliprandi (Il Dubbio)
- "È internato e gli negano di andare al funerale della madre" di Damiano Aliprandi (Il Dubbio)
- "L'Italia ha un problema nel garantire il diritto all'aborto" di Marija Miladinovic (Swissinfo)
- "I due stendardi" di Lucien Rebatet, con Massimo Raffaeli, al microfono di Massimo Zenari (RSI)
- "Scandali, fango e fake news: tutte le ombre di Hollywood" di Andrea Indini (il Giornale)
- "Sheri, la musa di Pound (ma anche di Bukowski)" di Davide Brullo (il Giornale)
- "Kafka dallo scarafaggio agli scarabocchi" di Luigi Mascheroni (il Giornale)
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