Nessuno tocchi Caino - IO CON JAMES MENTRE MORIVA, VI RACCONTO I SUOI ULTIMI MINUTI
Nessuno tocchi Caino news:
Anno 22 - n. 32 - 03-09-2022
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : IO CON JAMES MENTRE MORIVA, VI RACCONTO I SUOI ULTIMI MINUTI
2. NEWS FLASH: EMERGENZA FINITA, GLI AFFETTI DI NOI DETENUTI TORNANO A CONTARE ZERO
3. NEWS FLASH: ALABAMA (USA): SEMBRA CHE L’ESECUZIONE DI JOE NATHAN JAMES NON SIA AFFATTO ‘ANDATA BENE’ COME DICONO LE AUTORITÀ
4. NEWS FLASH: EGITTO: DUE GIUSTIZIATI PER L’OMICIDIO DI UNA RAGAZZA AL CAIRO
5. NEWS FLASH: SUD SUDAN: GIUSTIZIATI RIBELLI CONSEGNATI DAL SUDAN
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
IO CON JAMES MENTRE MORIVA, VI RACCONTO I SUOI ULTIMI MINUTI
Mettendo a morte James Coddington il 25 agosto scorso, l’Oklahoma ha
effettuato la prima delle 25 esecuzioni dei prossimi due anni.
Il Governatore Kevin Stitt, Repubblicano, gli ha negato quella clemenza
che lo stesso Pardon and Parole Board dello Stato aveva raccomandato.
Invece, nelle sue ultime parole sul lettino dell’esecuzione, Coddington
lo ha perdonato. Dopo di lui, la macabra danza della morte ha fissato i
passi successivi: le date di esecuzione sono state già decise per altri
24 uomini entro la fine del 2024. Ora ci sono 42 uomini e una donna nel
braccio della morte dell’Oklahoma. Se non cambierà nulla ne rimarranno
meno della metà. Il Rev. Don Heath, ministro dei Discepoli di Cristo
della Edmond Trinity Christian Church e presidente della Coalizione
dell’Oklahoma per l’Abolizione della Pena di Morte, era presente come
consigliere spirituale di Coddington durante l’esecuzione nel
Penitenziario di McAlester. Quella che segue è la sua testimonianza
pubblicata sul The Oklahoman il 28 agosto scorso.
Rev. Don Heath*
Sono stato nella camera della morte con James Coddington negli ultimi 45
minuti della sua vita. Quando sono entrato, era già legato a una
barella con le braccia tese, come se fosse su una croce, solo che era
sdraiato sulla schiena. Aveva una flebo attaccata al braccio.
La sua unica preoccupazione nell’ultima settimana era che il Governatore
Kevin Stitt decidesse sulla clemenza. “Vorrei che il Governatore
prendesse una decisione… in un senso o nell’altro”.
Il 3 agosto, il Pardon and Parole Board aveva raccomandato di commutare
la condanna a morte in ergastolo senza possibilità di uscita, ma
l’ultima parola spettava al Governatore. Stitt ha preso la sua decisione
meno di 24 ore prima dell’esecuzione con un comunicato in cui non ha
fornito una ragione per negare la clemenza.
Per i primi 10 o 15 minuti, James ne ha parlato. Non capiva perché Stitt
avesse aspettato così a lungo. Era turbato dal fatto che non avesse
dato una spiegazione. Era deluso ma accettava il suo destino. Ha detto
che era stato punito per aver ucciso il suo amico Albert Hale e lo ha
accettato. Pensava però di avere molto di più da dare, di poter aiutare
la comunità in carcere, ma se quella era la volontà del Governatore, non
poteva farci niente.
Ho tenuto per lui una breve funzione religiosa negli ultimi 10 minuti
prima dell’inizio dell’esecuzione. Ho detto a James che era un amato
figlio di Dio, che ogni uomo nel braccio della morte è un amato figlio
di Dio, che il Governatore Stitt è un amato figlio di Dio e che Dio
perdona i suoi peccati. Ho pronunciato le parole che i ministri dicono
sulla tomba: “dalla cenere alla cenere, dalla polvere alla polvere”. Ho
pregato per lui e gli ho parlato delle persone che lo amano. Quando alle
10 la tendina si è alzata per far vedere la scena ai testimoni, le sue
ultime parole sono state di amore per la sua fidanzata e i suoi tre
figli, per suo fratello e sua nipote, per il suo avvocato e il suo
investigatore, per me, per le altre persone che lo hanno sostenuto.
Una volta partita la procedura letale, gli ho letto le Scritture.
Ho iniziato con le Beatitudini. Poi ho letto da Isaia 40 e Geremia 31 le
parole sul perdono di Dio dei peccati dei suoi figli. James era stato
tranquillo fino a quel punto, poi aveva avuto un’ultima ondata di
energia, come a volte hanno i morenti. Ha detto: “Padre, perdona i miei
peccati”. Ho detto: “I tuoi peccati sono perdonati nel nome del Padre,
del Figlio e dello Spirito Santo”. Quelle sono state le sue ultime
parole.
Ho continuato a leggere la Scrittura e lui ha iniziato a russare.
Alle 10:15 Scott Crow, direttore del Dipartimento di correzione
dell’Oklahoma, è entrato nella stanza e lo ha dichiarato morto. James è
morto da uomo cambiato.
È stato un prigioniero modello per 15 anni. L’ho visitato nel braccio
della morte per diverse ore nell’ultimo mese. Non l’ho mai visto
amareggiato o arrabbiato. Ha ripetutamente riconosciuto il suo crimine e
ha espresso rimorso per aver ucciso Albert Hale.
Il Pardon and Parole Board lo ha riconosciuto. Il Governatore Stitt no.
Lo Stato dell’Oklahoma ha programmato altre 24 esecuzioni nei prossimi 29 mesi.
La mia speranza non sta in questo Governatore o questo Procuratore
Generale. Mi pare non siano in grado di avere pietà per i condannati a
morte, a meno che non ci sia una motivazione politica. La mia speranza è
che il popolo dell’Oklahoma manifesti ripulsa e riconosca che la pena
di morte è un omicidio senza senso di una persona indifesa che ha
commesso un crimine 25 anni fa.
Non penso che i detenuti nel braccio della morte siano il peggio del
peggio, sono gli ultimi degli ultimi. Il peggio del peggio sono coloro
che usano la macchina statale della morte per uccidere persone inermi. E
temo che continueranno su questa strada fino a quando la gente non
dirà: “Basta”.
* Cappellano del carcere di McAlester (Oklahoma)
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EMERGENZA FINITA, GLI AFFETTI DI NOI DETENUTI TORNANO A CONTARE ZERO
Lavoravo a questo articolo di Giuseppe quando il numero sconosciuto si è acceso sullo schermo del telefono dopo ore di attesa e ho trovato la sua voce. C’erano comunicazioni che si erano affastellate nei giorni di silenzio e l’ho travolto subito. Lui ha ascoltato fino in fondo, poi ha detto una frase a cui continuo a pensare e che è il motivo per cui m’intrufolo qui come una premessa. Giuseppe non m’ha detto quanto parli o come sei esuberante, Giuseppe ha detto: «Come sei viva». Mentre vi chiedete se voi usate questo aggettivo in situazioni simili, io lo lascio qua, perché è in questa vita che lo sorprende, che si avvera la distanza fra le nostre due esistenze. E la differenza è un sentimento che si esprime come sofferenza. Cecilia Gabrielli (compagna di Giuseppe Grassonelli)
Giuseppe Grassonelli*
«Particolare cura è dedicata a mantenere, migliorare o ristabilire le relazioni dei detenuti e degli internati con le famiglie». «Particolare favore viene accordato ai colloqui con i familiari». Dall’ordinamento penitenziario emerge il rapporto con la famiglia come un sostegno affettivo e materiale essenziale nella vita del detenuto, e il rapporto è facilitato da colloqui, corrispondenza telefonica ed epistolare.
Nei primi anni 70 ai detenuti erano consentite telefonate senza limite di durata. Allora, erano poche le famiglie che avevano il telefono in casa e molti reclusi dovevano accontentarsi di chiamare il bar del paese, se il titolare era un amico disponibile e tollerante. Oppure i parenti lasciavano i messaggi ai propri cari in carcere attraverso le radio libere. I detenuti telefonavano da una piccola cabina pubblica all’interno dell’istituto, dopo essersi procurati i gettoni necessari. La caccia ai gettoni è stata spesso causa di accoltellamenti.
Sono state le leggi di “riforma” dell’ordinamento penitenziario a porre limiti. Con l’ordinamento penitenziario del 1975 e la legge Gozzini del 1986, le telefonate sono diventate quattro al mese più due per buona condotta. Con il nuovo Regolamento penitenziario del 2000, vi è stata un’ulteriore restrizione ai colloqui telefonici: due al mese se il detenuto effettuava anche i colloqui visivi consentiti; altrimenti faceva “domandina” al direttore per un’ulteriore telefonata, che non sempre veniva accolta.
Nel marzo 2020 le attività trattamentali sono state ristrette per l’emergenza sanitaria, i colloqui visivi sono stati sospesi. In “compenso”, sono stati ammessi colloqui virtuali e chiamate su telefoni mobili. Risultato: dodici telefonate mensili, sette videochiamate brevi su WhatsApp e due videochiamate lunghe con Skype. Grazie alle nuove – per noi rivoluzionarie – tecnologie, abbiamo avuto contatti quasi giornalieri con le nostre famiglie. Molti detenuti, che da anni non effettuavano colloqui a causa di distanze o costi, hanno riabbracciato con gli occhi i propri cari.
Ora, finita l’emergenza sanitaria, non sappiamo se festeggiare o piangere lacrime amare, visto che per molti la fine della pandemia significa il ritorno alle due telefonate mensili. Pensiamo sia arrivato il momento di garantire e regolamentare i rapporti affettivi con i familiari secondo due principi fondamentali: normalizzazione e responsabilizzazione. Il che significa, sotto il profilo affettivo, organizzare la vita reclusa nella maniera più simile possibile a quella libera, consentire ai detenuti di assumersi la responsabilità del beneficio di più ampi spazi di libertà. Chiediamo di avere una vita familiare “normale” pur restando in carcere, un regime detentivo che consenta di sperimentare forme di autonomia e senso di responsabilità, fondamentali nell’ottica del reinserimento sociale. Speriamo sia subito attuata la proposta di Rita Bernardini sostenuta con lo sciopero della fame di aumentare i contatti dei detenuti coi familiari attraverso più telefonate e video chi
amate e i trasferimenti in luoghi vicini alla famiglia. Sarebbe un significativo segnale di attenzione.
Antonio, un mio compagno di detenzione, ha fatto un calcolo matematico che dovrebbe colpire l’immaginazione di ognuno per la brutalità meccanica che deriva dalla geometrica applicazione della certezza della pena. In base alla legge ordinaria, un detenuto che sconta una pena di trent’anni, pari a 10.957 giorni, ha il diritto, se tutto fila liscio nel suo percorso detentivo, solo a 60 giorni di colloqui visivi coi familiari. Naturalmente questi giorni sono a disposizione solo di chi si può permettere il lusso di usufruire delle quattro ore di colloquio al mese. Poi ci sono i due colloqui telefonici di dieci minuti l’uno: 20 minuti al mese, 4 ore all’anno, 120 ore in trent’anni, ossia 5 giorni.
Il mio maestro dice che non ci sono ore sull’orologio dell’amore, perciò lascio a voi il calcolo dell’umanità che si cela dietro questa tabella di marcia del dolore. Mi fermo qui, con Georg Trakl, sulla soglia del tempo pietrificato dal dolore, che mi arresta in un presente senza storia e senza avvenire, e coi miei compagni vi chiedo di poter colmare di parole e voce il tempo che voi vivi potete riempire di carezze.
* Ergastolano detenuto a Opera, Consiglio direttivo di Nessuno tocchi Caino
ALABAMA (USA): SEMBRA CHE L’ESECUZIONE DI JOE NATHAN JAMES NON SIA AFFATTO ‘ANDATA BENE’ COME DICONO LE AUTORITÀ
Sembra che l’esecuzione di Joe Nathan James, praticata in Alabama lo scorso 28 luglio, non sia affatto “andata bene”, come affermano le autorità statali.
Reprieve US Forensic Justice Initiative, un gruppo per i diritti umani che si oppone alla pena di morte, sostiene che i funzionari penitenziari che hanno compiuto l’esecuzione di James abbiano commesso gravi irregolarità. Lo si capirebbe dal tempo trascorso prima che il prigioniero ricevesse l'iniezione letale, e da un'autopsia privata che indica che il suo braccio è stato inciso con un bisturi per trovare una vena.
James era stato condannato per l’uccisione, nel 1994, della sua ex ragazza. La parte dell’esecuzione che è avvenuta davanti ai testimoni della stampa e ai familiari è iniziata otre tre ore dopo il via libera definitivo arrivato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che aveva respinto l’ultimo ricorso.
"Sottoporre un prigioniero a tre ore di dolore e sofferenza è la definizione di punizione crudele e inusuale", ha affermato in una nota Maya Foa, direttrice di Reprieve US Forensic Justice Initiative, con riferimento alle “punizioni crudeli e inusuali” esplicitamente vietate dalla Costituzione degli Stati Uniti.
"Gli stati non possono continuare a fingere che la pratica aberrante dell'iniezione letale sia in alcun modo umana", ha aggiunto Foa.
Il Dipartimento di scienze forensi dell'Alabama ha rifiutato di rendere noti i dati dell'autopsia statale di James, citando una revisione in corso che avviene dopo ogni esecuzione. I funzionari non hanno risposto alle richieste di commento sull'autopsia privata, che è stata segnalata per la prima volta da The Atlantic.
Al momento dell'esecuzione, il capo dell’Amministrazione Penitenziaria dell'Alabama, John Hamm, aveva detto ai giornalisti "non è successo nulla di straordinario".
Lo Stato in seguito ha riconosciuto che l'esecuzione è stata ritardata a causa delle difficoltà a inserire una linea endovenosa, ma non ha specificato quanto tempo ci sia voluto. Hamm ha aggiunto che James non ha accettato il sedativo che viene proposto subito prima delle esecuzioni ai detenuti.
Il dottor Joel Zivot, professore di anestesiologia alla Emory University ed esperto di iniezione letale che ha assistito all'autopsia privata, ha detto che sembrava che ci fossero stati numerosi tentativi di inserire un catetere.
Zivot ha detto di aver visto "più segni di puntura su entrambe le braccia" e due incisioni perpendicolari, ciascuna di circa 3-4 centimetri di lunghezza, nel mezzo del braccio, che secondo lui indicavano che i funzionari penitenziari avevano tentato di eseguire un "riduzione", una procedura in cui la pelle viene aperta per consentire una ricerca visiva di una vena. Ha detto che il taglio è un intervento medico vecchio stile raramente eseguito in contesti medici moderni e che sarebbe doloroso senza anestesia. Ha anche detto di aver visto prove di iniezioni intramuscolari non in prossimità di una vena.
L’Amministrazione Penitenziaria ha rilasciato una dichiarazione scritta in cui osservava che "il protocollo afferma che se le vene sono tali che non è possibile fornire l'accesso endovenoso, il team eseguirà una procedura di linea centrale", che prevede il posizionamento di un catetere in una grande vena. "Fortunatamente, questo non era necessario e con un tempo adeguato è stato stabilito l'accesso endovenoso", si legge nella nota.
L'Alabama non consente ai testimoni delle testate giornalistiche di assistere ai preparativi per un'iniezione letale. Hanno accesso visivo alla camera dell'esecuzione quando il detenuto è già legato alla barella con la linea endovenosa collegata.
Un giornalista dell'Associated Press che ha assistito all'esecuzione ha osservato che James non ha risposto quando il direttore ha chiesto se volesse fare un’ultima dichiarazione. I suoi occhi sono rimasti chiusi tranne che per un breve sfarfallio ad un certo punto all'inizio della procedura.
Gli avvocati di James, che non hanno visto l’esecuzione, si sono detti preoccupati dai racconti sulla sua mancanza di movimenti, e hanno sollevato domande su cosa fosse successo prima dell'iniezione letale.
(Fonti: usnews.com, 30/08/2022)
EGITTO: DUE GIUSTIZIATI PER L’OMICIDIO DI UNA RAGAZZA AL CAIRO
Due uomini sono stati giustiziati in Egitto l’11 agosto 2022 per l’omicidio di una ragazza di 24 anni, Maryam Mohamed, avvenuto a Maadi, al Cairo.
Le esecuzioni sono state praticate a distanza di 20 mesi dalla sentenza emessa dal tribunale e dopo il rigetto del ricorso presentato in Cassazione, ha detto una fonte ai media locali.
Nell'ottobre 2020, Maryam Mohamed fu uccisa mentre attraversava la strada, quando i due imputati in un'auto tentarono di scipparle la borsetta, trascinando il corpo della ragazza lungo la strada.
Al momento dell'arresto furono trovate in possesso degli imputati anche un'arma da fuoco e un'altra arma.
Una dichiarazione rilasciata dalla Procura egiziana ha reso noto che un terzo uomo è stato accusato di aver aiutato i due imputati fornendo loro il veicolo
per commettere il crimine.
(Fonti: Egyptian per costreets, 12/08/2022)
SUD SUDAN: GIUSTIZIATI RIBELLI CONSEGNATI DAL SUDAN
Il Sud Sudan l'8 agosto 2022 ha giustiziato degli ufficiali ribelli che erano stati deportati con la forza dalle autorità del Sudan, secondo un video e immagini ottenute da Sudan Tribune dopo l'esecuzione.
Il 7 agosto le autorità sudanesi hanno consegnato gli ufficiali ribelli arrestati in precedenza nella città di Al-Fula, nello stato del Kordofan Occidentale.
I tre ufficiali, che sono stati identificati come il maggiore generale Nyuon Garang, il maggiore generale Pur Ruop Kuol e il brigadiere generale Gatluak Majok, usando la strada che passa per Heglig, sono stati consegnati al governatore dello Stato dell'Unione, Joseph Nguen Monytuil, la mattina dell'8 agosto.
"Monytuil ha immediatamente ordinato l'esecuzione", hanno riferito lo stesso giorno i parenti dei ribelli e diverse fonti al Sudan Tribune.
Il Sudan e il Sud Sudan non hanno per ora fornito spiegazioni.
Stephen Buoy Rolnyang, leader del Movimento Ribelle del Popolo/Esercito del Sud Sudan (SSPM/A) ha confermato l'esecuzione degli ufficiali, affermando che l'atto viola le leggi umanitarie e internazionali.
“È vero che abbiamo perso i nostri compagni. Le autorità sudanesi, come abbiamo già detto, hanno arrestato e condotto attraverso Heglig i nostri uomini e li hanno consegnati a Joseph Nguen Manytuil, il governatore dello Stato dell’Unione. Quest'ultimo ha parlato al telefono con il consigliere presidenziale Tut Gatluak Manime, che coordinava l'arresto e la deportazione con le autorità sudanesi”, ha detto Rolnyang.
"Sono stati arrestati ad Al-Fula, dove stavano visitando i loro familiari, da membri della Forza di Supporto Rapido del Sudan, sono stati caricati su un veicolo e consegnati a Joseph Nguen che li aspettava al confine", ha aggiunto.
I tre ufficiali, ha aggiunto Rolnyang, sono stati giustiziati a Kaikang, nello Stato dell’Unione.
Rolnyang si chiede perché gli ufficiali disarmati non siano stati portati nella capitale del Sud Sudan, Juba, per essere processati, appurando la natura dei crimini.
Ha sostenuto che la loro esecuzione fosse prevista una volta consegnati al governatore Nguen.
“Sono vendicativi. La responsabilità è solo dei sudanesi e di nessun altro", ha sottolineato.
Il leader dei ribelli ha espresso disappunto per la mossa di Khartoum, dicendo che esistono molti gruppi ribelli in Sudan e Sud Sudan, ma nessuno dei due Paesi ha mai arrestato e consegnato uomini per essere giustiziati sommariamente.
(Fonti: Sudan Tribune, 08/08/2022)
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