Un estratto dall'emozionante "Proust senza tempo" di Alessandro Piperno (Mondadori) e pensando a mio padre e alla morte che lo circonda e una foto promessa a Fondazione Luigi Einaudi e a Giuseppe Benedetto

 

L'ho letteralmente divorato questo libro/raccolta di saggi e anche se alcuni scritti li avevo già letti ho proprio vissuto il piacere di farsi inebriare da tutta una serie di riflessioni, spunti, incontri, inviti letterari. Alessandro Piperno è straordinario nello scrivere di Proust e di tutti gli altri scrittori che ama. E intanto che lo leggevo e ritornavo a Proust ho pensato spesso a mio padre. Nel 1984 ha perso il suo migliore amico. Un alcolizzato. Un uomo che era come un secondo padre per me e per lui un amico e fratello e lo stesso valeva per i miei due zii e per mia madre. Poi ha perso nel 1997 suo fratello. E da quel giorno è come se si fosse spezzato qualcosa dentro di lui. Peggio della perdita dei suoi genitori. Poi è arrivata la ferita dolorosa della morte di mia madre che l'ha distrutto. Io e lui abbiamo un rapporto molto conflittuale ma da qualche mese lo sto vedendo invecchiare, appassire, lasciarsi andare e intanto intorno a lui cadono come foglie tante persone che conosceva. Ieri è morto un suo collega col quale ha lavorato per quasi 20 anni. Mio padre che gestiva la parte chimica dell'azienda mentre l'altro quella tessile. Tutti e due cresciuti nello stesso paese. Ieri aveva la voce rotta dalle lacrime e dal fiume di ricordi che avrebbe voluto condividere con qualcuno che non fossi stato io. Certe volte quando mi guarda è come stesse aspettando la sua ora. Con l'idea della morte che non lo abbandona mai. Quanto vorrei dirgli che proprio su questo io e lui ci somigliamo da sempre.

"Questa idea della morte si insediò dentro di me come fa un amore. Non che amassi la morte; la detestavo. Ma dopo averci pensato di tanto in tanto come si pensa a una donna che ancora non si ama, adesso il suo pensiero aderiva così completamente allo stato più profondo del mio cervello che non potevo occuparmi d'una cosa senza che questa cosa attraversasse innanzitutto l'idea della morte, e anche se non mi occupavo di niente e rimanevo in un riposo completo l'idea della morte mi teneva una compagnia non meno incessante dell'idea di me stesso." (Marcel Proust)


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Un disco di una bellezza rara. Adoro Rachika Nayar.


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Eccomi qui in una foto che avevo promesso a Fondazione Luigi Einaudi e all'avvocato Giuseppe Benedetto.
 



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