Intorno a Bad Boy, Ti chiamo domani, Clementine

 


Jim Thompson é uno di quegli autori che mi porto dentro dauna vita. Uno dei più grandi scrittori di noir che siano mai esistiti. Nato nel 1906 e morto nel 1977. Negli ultimi due giorni ho letto la sua autobiografia romanzata “Bad Boy” (Harper Collins, traduzione di Federica Angelini) e mi sono sentito trascinare via, coccolato, messo a nudo, sorpreso mentre ci bevevo un po' troppe birre intanto che leggevo e sottolineavo alcuni passaggi, quasi invidioso della sua vita di merda ma così tanto piena di (dis)avventure e fallimenti. In “Bad Boy” non ci troverete il Jim Thompson che diventa scrittore ma il Jim Thompson bambino, ragazzino insofferente alla scuola, che molla e prende lavori, che non sa che farsene della sua vita. Ci troverete la vita, quella marcia ma tanto tanto piena di vita e incontri, delusioni, dolore, sofferenza, alcolismo. Ci troverete tutto quello che poi risplenderà nei suoi romanzi. Ci troverete lo scrittore. E che cazzo di scrittore.

E poi cavolo ci sono passaggi micidiali e da brividi feroci come questo sotto che non hanno un cazzo a che vedere coi romanzieri noir puliti e accomodanti dei nostri giorni. Lo trascrivo, anche solo per farmi dare della merda sfruttatrice e nemica dei lavoratori sfruttati come me. Ma lo so bene che non mi potete mettere in una gabbia.

Per quanto riesco a ricordare, fui licenziato sei volte durante i miei tanti anni all'hotel. Venni sempre riassunto, talvolta anche nel corso della stessa notte. Cinque dei miei licenziamenti furono dovuti al bere, il sesto al fatto di aver fumato nella stanza di un ospite – tutte infrazioni molto gravi. E però l'hotel continuava a riassumermi, laddove rifiutava seccamente di ridare il lavoro a ragazzi lasciati a casa per ragioni davvero insignificanti. Il fallimento, sembrava, poteva essere bilanciato solo dalla capacità. Gli “svegli” ricevevano considerazione, gli stupidi non ottenevano nulla. Tutto questo era sbagliato, ne sono certo. Ma come viaggiatore frequente e avventore di ristoranti, spesso ripenso con molto rimpianto ai tempi in cui un impiegato poteva essere licenziato in ogni momento senza preavviso, senza indennità di licenziamento per lui o multe per il datore di lavoro, semplicemente per il fatto che era inadatto a quel compito.” (pag. 169)

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Mentre leggevo la vaeramente bella graphic novel “Ti chiamo domani” di Rita Petruccioli (BAO) ho pensato agli incontri che si fanno per caso o alle persone che si incontrano per lavoro, ai camionisti, ai corrieri. In questa graphic novel la ragazza che frequenta l'Erasmus in Francia torna a casa in Italia sfruttando la possibilità di un passaggio sui tir e mi è venuto subito da pensare al ristorante per camionisti che stava sulla superstrada del mio paese e oggi trasformato in uno di quei locali alla moda, si fa per dire, dove si cucinano hamburger e carne in tutti i modi e pizze gourmet. Allora, quasi vent'anni fa, la Giovanna era un posto dove ci finii poche volte a mangiare perché servivano cibo troppo unto e pesante per i gusti della mia famiglia ma un fine pomeriggio ricordo che ci andai con mio nonno che conosceva da una vita i proprietari e mentre lui stava lì a parlare di battute di caccia, ricordi e a bere calici di vino bianco io cominciai ad aggirarmi all'esterno fra i camion parcheggiati che arrivavano da tutta Italia e mezza Europa. Conservo il ricordo di un gruppo di camionisti che giocavano a carte e bevevano vino rosso e di un camionista che parlava con una prostituta che conoscevo bene ma soprattutto del volto pallido e scheletrico di una ragazza che voleva andare lontano e cercava un passaggio. Capelli lunghissimi, neri. Parlava con un camionista obeso e in ciabatte. Lei gli poneva domande. Io nascosto dietro la motrice che ascoltavo la conversazione. Non ricordo nient'altro se non lui che le mostrava le foto della sua famiglia per dimostrargli di essere una brava persona. Tutto qui. La mia testa funziona in questo modo mentre leggo. Ma soprattutto ho pensato a H. che l'Erasmus l'ha fatto in Romania. A lui e J. che ci ospitarono a Salonicco. Non stavamo bene quando siamo andati a trovarlo. Ma la vita va così. E il passato non si può cambiare. Ma ho pensato a quanto sia difficile incontrarmi su una strada. A quanto io sia una persona di merda e indisponente e alcolizzata. E ho pensato anche alla mia ex collega Alessia Passoni.


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E che bello “Clementine” di TillieWalden (Saldapress), un'avventura che vede per protagonista l'eroina del videogame TellTale Games ambientato nel mondo di The Walking Dead ma che mi ha mangiato dentro perché tutta la sensibilità e profondità di sguardo della Walden è come se esplodesse una pagina dietro l'altra. È come che se avessi ascoltato e vissuto quei racconti che nascono nelle notti intorno a un tavolo dove si ammassano alcolici e storie di sofferenze, solitudini, sconfitte, sbagli, voglia di fuggire. Rispettando la cornice del noto mondo creato da Robert Kirkman Walden si insinua in questo immaginario con un carico di sfumature, profondità di sguardi, delicatezza, dolore, qualità dei dialoghi che lascia senza fiato. Un'opera per quanto mi riguarda che mi ha travolto, trascinato e commosso. Anche forse per forse quella ricchezza di sfumature e di attenzione ai particolari che manca, lo dico sommessamente e da amante della serie, a The Walking Dead. È come se Tillie Walden avesse trovato la chiave più segreta di tutto questo mondo di morti viventi. Una chiave tutta da scoprire e da vivere. Quegli occhiali. Quei ricordi. Quella poesia. Quelle lacrime. Dio, che roba. Davvero bello.

Commenti

  1. "L'assassino che è in me", "colpo di spugna", "E' già buio, dolcezza", "notte selvaggia"...libri letti da ragazzo 20 e passa anni fa, nell'edizione proposta dalla fanucci. Libri che ti scavano dentro e che ti accompagnano per sempre. Raramente gli ultimi, i falliti, quelli che "non ce l'hanno fatta" assumono una dimensione così epica.
    Anche quando (E il caso de "i truffatori", un inizio ed una fine potentissimi con poco in mezzo), non sono opere completamente a fuoco, sono opere che difficilmente si dimenticano. Mi metto subito in caccia di questa biografia, di cui ignoravo l'esistenza. Grazie.

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    1. Hai scritto una roba che penso anche io: Ti accompagnano per sempre ed è difficile, anche quando non i suoi romanzi non sono al meglio. Questa biografia magari in alcune fasi è un po' troppo prolissa ma ha dei lampi incredibili.

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