Nessuno Tocchi Caino - SOMALIA, UNA TERRA DOVE ABITA SOLO CAINO

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS
 
Anno 22 - n. 41 - 05-11-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : SOMALIA, UNA TERRA DOVE ABITA SOLO CAINO
2.  NEWS FLASH: L’ERGASTOLO OSTATIVO E LA CORRETTEZZA COSTITUZIONALE
3.  NEWS FLASH: CALIFORNIA (USA): SCOTT PETERSON TRASFERITO DAL BRACCIO DELLA MORTE
4.  NEWS FLASH: SINGAPORE: ASSOLTO DOPO ESSERE STATO CONDANNATO A MORTE VIA ZOOM
5.  NEWS FLASH: LESOTHO: INCOSTITUZIONALE LA CONDANNA A MORTE PER STUPRATORI CON HIV
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : NESSUNO TOCCHI CAINO CON IL PARTITO RADICALE A SOSTEGNO DEL POPOLO IRANIANO E DELLE DONNE IRANIANE


SOMALIA, UNA TERRA DOVE ABITA SOLO CAINO
Sergio D’Elia

L’eterna lotta tra il bene e il male, la catena perpetua di azioni terribili e reazioni uguali e contrarie, la storia infinita di Caino e Abele hanno trovato nel Paese più povero, disgraziato e spietato del continente nero la rappresentazione più attuale. Nel Corno d’Africa dove nel secolo scorso l’Italia aveva trovato un posto al sole, della culla del diritto, di Cesare Beccaria, della moratoria italiana e universale della pena di morte, non è giunta la minima eco. Il quinto comandamento, “non uccidere”, radicalmente nonviolento e illimitato finanche dalla legittima difesa, non è mai stato insegnato dai coloni che con la croce hanno portato anche la forca. Neanche la “legge del taglione”, concepita per pareggiare delitto e castigo, non ha conosciuto limite e moderazione. La pratica è andata oltre una vita per una vita, un occhio per un occhio, un dente per un dente, una mano per una mano, un piede per un piede.
La Somalia è il Paese più assistito, protetto e armato dalla comunità internazionale, ma è quello più abbandonato da Dio e dagli uomini, più insicuro e violento dell’Africa.
È il teatro dell’assurdo ciclo della vendetta del bene contro il male, dove il bene e il male non si distinguono, si confondono, gli attori in scena si specchiano gli uni nella violenza degli altri.
Da una parte ci sono i “cattivi”, gli Al-Shabaab, dall’altra ci sono i “buoni”, i militari somali che li combattono. Le parti sono inconciliabili. Solo la morte le concilia.
Il delirio della “morte agli infedeli” dei terroristi islamici è omologato dal ricorso alla pena di morte degli anti-terroristi somali.
In una settimana, a Mogadiscio, sono stati violati tutti i comandamenti, sono state infrante tutte le leggi. Il “non uccidere” scolpito su tavole di pietra è stato cancellato dal cuore degli uomini. L’occhio e il cuore non hanno avuto compassione: vite, occhi, denti, mani, piedi sono stati presi, cavati, amputati.
Il 26 ottobre, due uomini – Aden Mohamed Ali Mohamud e Mohamed Ali Mohamed Farah – che avevano fatto strage di civili e funzionari governativi sono finiti davanti a un plotone di esecuzione presso l’Accademia di polizia Generale Kahiye a Mogadiscio.
La rappresaglia degli Al-Shabaab non si è fatta attendere. Il 29 ottobre, due autobombe sono esplose davanti al Ministero dell’Istruzione. Almeno 120 persone sono state massacrate, altre 300 sono rimaste ferite. La prima esplosione ha colpito un mercato affollato vicino a uno degli incroci più trafficati della capitale. La seconda è scoppiata pochi minuti dopo, quando sono arrivate le ambulanze e molte persone si erano radunate per aiutare le vittime.
Il gruppo islamista ha rivendicato la strage davanti al Ministero dell’Istruzione, “centro operativo di una guerra delle menti che insegna ai bambini somali a usare programmi di ispirazione cristiana”.
Nel giro di tre giorni, in un trasversale regolamento dei conti, il tribunale militare ha fatto fucilare sei miliziani responsabili di orribili attentati compiuti anche in altri tempi e in tutt’altri luoghi.
Di solito, i tribunali militari danno spazio e tempo per fare appelli. In questo caso hanno fatto molto in fretta, tanta era la sete di vendetta per la strage degli innocenti consumata al mercato il giorno prima.
Hassan Ali Moallim Barre, Nur Ibrahim Mahad-Alle e Isaak Keerow Adan sono stati legati stretti come salami a dei pali conficcati nella sabbia, e fucilati. Il giorno dopo, Jirau Abdullahi Ali, è stato giustiziato sulla pubblica piazza a Galkayo, lontano dalla capitale. Ieri, alle prime luci dell’alba, altri due agenti Al-Shabaab sono stati messi al palo a Mogadiscio. Il numero di fucilati dal tribunale militare solo nelle ultime due settimane è salito a 10. “Il governo è deciso a ripagare i militanti di Al-Shabaab nella propria valuta di violenza”, è stato comunicato.
Occhio per occhio, alla fine, la Somalia è diventata un Paese accecato dall’odio, paralizzato dalla paura, desertificato dalla violenza. Una terra dove abita solo Caino che come un Giano bifronte mostra da un lato la faccia feroce di Al-Shabaab e dall’altro il volto spietato dello Stato.
I mezzi prefigurano sempre i fini. Non può esistere un “mondo buono” nel quale si risponde al male arrecando altro male, si costruisce la pace facendo la guerra, si edifica il “paradiso” pensando l’inferno.
In Somalia, la vita di Abele, anche se fedele ad Allah, finisce nel “cimitero degli infedeli”. Quella di Caino, seguace dell’Islam e della Sharia, non genera figli costruttori di città.
Eppure esiste nella religione di Maometto un sentiero spirituale come quello dei Sufi votati a una fede priva di eccessi e a un insegnamento fondato sull’amore e la tolleranza. In un racconto Sufi, un maestro spiegò al discepolo cos’è la nonviolenza e cos’è il perdono ponendo un sasso al centro della discussione. Il violento lo userebbe come arma per fare del male, il nonviolento ne farebbe un mattone su cui edificare una cattedrale. Con il perdono l’uomo sceglie di trasformare i sassi della vita in amore. In ogni caso, afferma il maestro, la differenza non la fa il sasso, ma l’uomo.

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L’ERGASTOLO OSTATIVO E LA CORRETTEZZA COSTITUZIONALE
Davide Galliani* su Il Riformista del 4 novembre 2022

La correttezza costituzionale è più di una mera prassi opportuna da seguire, anche se non seguirla non significa mettere in campo scelte incostituzionali. Questa la domanda: l’adozione da parte del Governo del decreto-legge 162/2022 rientra nell’ambito della correttezza costituzionale? Che in sé violi o meno l’articolo 77 comma 1 della Costituzione non è questione sulla quale la Corte Costituzionale sembra possa intervenire in sede di udienza dell’8 novembre 2022. Davvero esiste una evidente mancanza dei presupposti costituzionali della decretazione d’urgenza? Nel decreto-legge è scritto che si è utilizzata la decretazione d’urgenza in vista della “imminenza” della data dell’8 novembre. Può la Corte sostenere che l’imminenza della sua udienza non soddisfa il caso straordinario di necessità e di urgenza?
Ne dubito. Vedo solo una possibilità, che tuttavia non riesce a condurre alla incostituzionalità, semmai a una presa d’atto di un comportamento al limite della correttezza costituzionale.
La Consulta ha rinviato due volte l’udienza: la prima volta con l’ordinanza 97/2021, per dare un congruo tempo di intervenire “al Parlamento” e la seconda con l’ordinanza 122/2022, perché il Senato, per voce del Presidente della Commissione giustizia, ha chiesto di poter completare l’iter di approvazione della riforma.
Il doppio rinvio della Consulta si è quindi basato sulla necessità di una collaborazione istituzionale tra la stessa Consulta e il Parlamento. Nel momento in cui all’udienza dell’8 novembre la Corte si ritrova per le mani un decreto-legge e non una legge ecco che siamo al limite della correttezza costituzionale. Peraltro, l’adozione e l’emanazione del decreto-legge hanno legato le mani alla Corte: come può esprimersi nel merito (è lei che lo deve fare, non il giudice a quo, avendo testualmente fatto riferimento, nell’ordinanza 97/2021, al compito di valutare, all’esito dell’intervento normativo, la disciplina risultante), se in sede di conversione potranno apportarsi emendamenti?
Certo, alcuni sosterranno che la Corte giudica quello che ha di fronte e che, pertanto, potrebbe decidere vuoi per la incostituzionalità del decreto-legge rispetto ai requisiti costituzionali della decretazione d’urgenza vuoi per la incostituzionalità delle disposizioni riguardanti l’ergastolo ostativo, rispetto a uno o più parametri costituzionali e alla sua stessa giurisprudenza. Vero, nulla si può escludere, ma, da una parte, la Corte dovrebbe dire che la collaborazione istituzionale era solo con il Parlamento e, dall’altra, finirebbe comunque per esprimersi su una disposizione modificabile in sede di conversione.
La soluzione più lineare, quanto meno quella con meno problemi, è che la Consulta rinvii di due mesi la sua udienza, il tempo costituzionalmente imposto per convertire in legge. E questo lo potrebbe fare calcando la mano proprio sulla questione della correttezza costituzionale: il Governo furbescamente ha trasfuso nel decreto-legge le disposizioni approvate in prima lettura dalla Camera, con qualche aggiunta, non lieve; difficile non ipotizzare qualche modifica in sede di conversione, visto che il partito oggi di maggioranza relativa fu tra i pochissimi che alla Camera si astenne, ritenendo il testo “troppo timido, balbettante, claudicante” secondo le parole di Delmastro Delle Vedove che, in sede di dichiarazione finale di voto, ha concluso: “se deve saltare la presunzione assoluta di pericolosità sociale, introduciamo una tempesta di presunzioni relative, vincibili, con onere probatorio rafforzato, in capo al mafioso, perché dal carcere esci se non sei più mafioso. Se, in
 vece, rimani mafioso e non collabori, nella visione della destra in carcere ci rimani e ci muori” (Resoconto stenografico, Camera, 31 marzo 2022, p. 5 e p. 37).
Detto questo, e alla Corte basterebbe dire che in sede di conversione si possono apportare emendamenti, la stessa Consulta potrebbe richiamarsi proprio alla correttezza costituzionale, da lei messa in campo sotto forma di collaborazione istituzionale, che la stessa Corte intende perseguire fino a che il Parlamento non si esprimerà in proposito. Chiaro che il decreto-legge produce effetti immediati, ma fino all’udienza dell’8 novembre non vedo altra possibilità, se non quella di aggiornare i procedimenti pendenti nei tribunali di sorveglianza al
giorno successivo a questa data. Una variazione di calendario quasi innocua e, del resto, non è che esistano disposizioni mitior che reclamano di essere subito applicate.

* Associato di Istituzioni di diritto pubblico, Università degli Studi di Milano
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CALIFORNIA (USA): SCOTT PETERSON TRASFERITO DAL BRACCIO DELLA MORTE
Scott Peterson ha lasciato il braccio della morte californiano più di due anni dopo che la Corte Suprema statale ha annullato la sua condanna a morte.
L’Amministrazione Penitenziaria il 24 ottobre 2022 ha detto che Peterson è stato trasferito la settimana precedente dalla prigione statale di San Quentin a nord di San Francisco alla prigione statale di Mule Creek a est di Sacramento.
Peterson, oggi 50 anni, bianco, venne condannato a morte il 16 marzo 2015 per l’omicidio di primo grado della moglie, Laci, e l’omicidio di secondo grado del bambino che la moglie, incinta all’ottavo mese, portava in grembo.
Il caso è famosissimo negli Stati Uniti, ed era stato seguito da tutti i media.
Laci, 27 anni, scomparve di casa il 24 dicembre 2012. Il corpo della donna fu ripescato quattro mesi dopo nella baia di San Francisco, non lontano dal luogo dove il marito aveva detto di essersi recato a pescare da solo prima di tornare a casa e scoprire la scomparsa della moglie. Apparentemente il movente era un’assicurazione sulla vita da 250.000 dollari, che però al momento della sentenza il giudice dispose venisse saldata ai familiari della moglie, non a Scott Peterson.
La condanna a morte (non il verdetto di colpevolezza) venne annullata il 24 agosto 2020 dalla Corte Suprema di stato per irregolarità nella formazione della giuria popolare. Molti candidati a comporre la giuria popolare furono infatti impropriamente esclusi solo per aver risposto sul formulario scritto di essere “tendenzialmente contrari alla pena di morte”, ma erano comunque possibilisti.
L’8 dicembre 2021 era stato condannato all’ergastolo senza condizionale.
Peterson ha in corso un nuovo appello, in cui chiede la ripetizione del processo in quanto la giuria popolare che aveva emesso il verdetto di colpevolezza potrebbe aver visto la presenza di un giurato non imparziale.
(Fonte: Associated Press, 24/10/2022)

SINGAPORE: ASSOLTO DOPO ESSERE STATO CONDANNATO A MORTE VIA ZOOM
Un malese di 39 anni di origine indiana è stato assolto il 31 ottobre 2022 dalla Corte d'Appello di Singapore, dopo che nel maggio 2020 era stato condannato a morte tramite Zoom per traffico di droga.
La più alta corte d'appello di Singapore ha assolto Punithan Genasan dall'accusa di traffico di droga dal momento che l’accusa non è riuscita a dimostrare la sua colpevolezza, ha riportato Channel News Asia.
Genasan era stato condannato a morte nel maggio 2020, la prima pena capitale inflitta a Singapore durante la pandemia di Covid-19.
Era stato coinvolto nel caso quando uno dei due corrieri della droga arrestati dagli agenti del Central Narcotics Bureau il 28 ottobre 2011 avrebbe affermato che
Genasan era la mente dietro un traffico di droga.
I due corrieri erano in possesso di sostanze granulari contenenti almeno 28,5 g di diamorfina o eroina pura.
Il traffico illegale, l'importazione o l'esportazione di diamorfina superiore a 15 g è punibile con la morte ai sensi della Legge sull’Abuso di Sostanze di Singapore, secondo il sito web del Central Narcotics Bureau.
Secondo la Corte d’Appello, l'accusa non è riuscita a provare oltre ogni ragionevole dubbio che Genasan abbia incontrato i due corrieri della droga prima dell'effettivo traffico della droga.
Il giudice presidente Sundaresh Menon e i giudici Andrew Phang e Tay Yong Kwang hanno affermato esserci discrepanze nelle prove riguardanti la data e l'ora del presunto incontro.
Il giudice Tay, che ha emesso il verdetto a nome della giuria dei tre giudici, ha aggiunto che l'incontro è stato un "elemento fondamentale" nelle accuse mosse contro Genasan.
Citando le "circostanze uniche di questo caso", ha affermato che l'accusa non è stata provata oltre ogni ragionevole dubbio poiché non era chiaro se l'incontro avesse avuto luogo.
Il giudice Tay ha sottolineato che la decisione in questo appello è incentrata sul presunto incontro e non ha alcun effetto sulla condanna e sugli appelli dei corrieri, che sono stati trovati in possesso delle sostanze e in procinto di cederle.
(Fonti: India News, 31/10/2022)

LESOTHO: INCOSTITUZIONALE LA CONDANNA A MORTE PER STUPRATORI CON HIV
La sezione costituzionale dell'Alta Corte del Lesotho ha dichiarato incostituzionale la disposizione che prevede la condanna a morte per uno stupratore consapevole di essere sieropositivo al momento del delitto.
Per l’Alta Corte la disposizione viola il diritto costituzionale alla libertà dalla discriminazione e all'uguaglianza davanti alla legge.
Poco più di 20 anni fa, l'allora ministro della Giustizia e degli Affari Costituzionali del Lesotho, Refiloe Masemene, presentò al Parlamento un disegno di legge sui reati sessuali. Tra le proposte accolte dai parlamentari e trasformate in legge c'era questa: che la pena per uno stupratore consapevole all'epoca del delitto di essere sieropositivo fosse la condanna a morte.
L'anno scorso, un magistrato che esaminava un caso di stupro di questo tipo ha rinviato il caso all'Alta Corte.
L'Alta Corte, a sua volta, ritenendo che il caso presentasse seri profili costituzionali, ha chiesto ulteriori contributi da settori rilevanti della società civile come amici della Corte, in particolare la Rete del Lesotho di Persone con HIV e AIDS (LENEPWA).
Il caso è stato discusso a maggio 2021 e la sentenza è stata emessa la scorsa settimana.
Pronunciando la decisione unanime della Corte, il giudice Molefi Makara ha detto in merito alla pena di morte per un accusato di stupro consapevole di essere sieropositivo che tali disposizioni violano una serie di diritti tutelati, tra cui il diritto alla vita, il diritto a trattamenti umani, il diritto a un processo equo, il diritto al rispetto della vita privata, diritti all'eguaglianza davanti alla legge nonché alla pari tutela da parte della legge.
Nella sua decisione, Makara ha ritenuto che il magistrato avrebbe dovuto prima decidere se vi fossero circostanze attenuanti a beneficio dell'imputato. Solo dopo aver preso quelle decisioni, sarebbe stato in grado di decidere una punizione adeguata. Solo se avesse scoperto che, in effetti, meritava la pena di morte, avrebbe dovuto inviare il caso all'Alta Corte.
Ha sottolineato che il magistrato doveva considerare la sanzione appropriata da solo, poiché il legislatore non ha il potere di "privare la magistratura" dei propri poteri, inclusa la condanna.
Sull’ipotesi che i diritti all'uguaglianza davanti alla legge e alla pari tutela da parte della legge fossero stati violati dalla disposizione che impone la pena di morte per uno stupratore consapevole di essere sieropositivo al momento del reato, Makara ha detto che l'idea di uguale protezione del diritto è di origine antica, ed è stata prevalente «dall'era classica e attraverso le fasi successive delle civiltà. Ha citato la Bibbia per dimostrare che questa era un'idea lì custodita, per poi passare a strumenti legali internazionali che includevano questo principio in tempi più moderni.
Ha sottolineato che la pena di morte non è stata imposta nel caso di altre malattie sessualmente trasmissibili" che sono relativamente e potenzialmente pericolose per la vita analogamente all'HIV".
"Qui si potrebbe fare riferimento alla sifilide, al papilloma umano (HPV) e all'epatite, principalmente nel caso di loro complicazioni".
L'attuale realtà medica in relazione al trattamento dell'HIV deve essere differenziata dalle opinioni precedenti, quando non c'erano "interventi medici" per l'HIV.
Ciò stava alla base della decisione del Parlamento di prevedere la pena di morte, poiché vi era la percezione predominante che un tale crimine "equivalesse effettivamente alla condanna a morte della vittima".
Il Parlamento ha reagito a fronte di una situazione di panico e ha approvato la legge per "salvare vite umane". Da allora, tuttavia, i progressi della medicina hanno in gran parte rimosso la logica alla base dell’imposizione della pena di morte in questi casi.
Makara ha affermato che aveva "senso costituzionale", nel caso di qualcuno condannato per un reato sessuale, rimuovere il diritto alla privacy dell'accusato. Disponendo un test HIV obbligatorio per l'imputato, il Parlamento aveva la legittima intenzione di proteggere "la vittima del reato, la famiglia e l’opinione pubblica".
Ha aggiunto: “Tra parentesi, questo andrebbe a beneficio di altri che potrebbero in futuro interagire intimamente con la vittima. Inoltre, spingerebbe la vittima a ricevere tempestivamente un trattamento e a comportarsi con cautela con altre persone.'
La Corte ha concluso che la legge che prescrive la pena di morte è incostituzionale in quanto viola il diritto all'uguaglianza davanti alla legge e alla parità di protezione legale. Ha inoltre riscontrato che il diritto alla libertà da trattamenti disumani è stato violato dalla legge.
La Corte si è tuttavia rifiutata di ritenere incostituzionale la pena di morte in sé.
Quale sentenza dovrebbe essere pronunciata nel caso dell'uomo condannato per stupro? La Corte ha affermato che la questione deve essere rinviata al tribunale di primo grado affinché il magistrato stabilisca la sentenza appropriata alla luce dei nuovi accertamenti e che il Direttore della Pubblica Accusa deve intervenire per una rapida trattazione della questione.
La Corte ha ringraziato, tra gli altri, un perito del Desmond Tutu HIV Center dell'Università di Cape Town, insieme al Kenya Legal and Ethical Issues Network, per l’aiuto nel patrocinio dei consulenti legali degli amici della Corte. Anche il Centro per le Controversie dell'Africa australe (SALC) è stato ringraziato per il suo aiuto in materia. Commentando la decisione, SALC ha citato il direttore esecutivo di LENEPWHA, Maketekete Thotolo, il quale ha affermato che la sentenza ha riconosciuto che "l'uso eccessivo di leggi e sanzioni penali basate esclusivamente sulla condizione di HIV è ingiusto e non giustificato da un approccio scientifico e basato sui diritti umani'.
(Fonti: Legalbrief, 02/11/2022)
 

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