Nessuno tocchi Caino - USA, CHI VUOL FERMARE IL BOIA HA UN NUOVO NEMICO: L’AZOTO
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Anno 23 - n. 5 - 04-02-2023 Contenuti del numero: 1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : USA, CHI VUOL FERMARE IL BOIA HA UN NUOVO NEMICO: L’AZOTO 2. NEWS FLASH: LA DEMAGOGIA DA STATO ETICO UCCIDE LO STATO DI DIRITTO 3. NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: ESECUZIONI QUASI RADDOPPIATE SOTTO IL GOVERNO DI MOHAMMED BIN SALMAN 4. NEWS FLASH: USA: I FAMILIARI DELLE VITTIME CHIEDONO AL NORTH CAROLINA E AL NEVADA DI SVUOTARE I BRACCI DELLA MORTE 5. NEWS FLASH: INDIA: ALTA CORTE DI CALCUTTA COMMUTA DUE CONDANNE CAPITALI 6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : USA, CHI VUOL FERMARE IL BOIA HA UN NUOVO NEMICO: L’AZOTO Valerio Fioravanti su Il Riformista del 3 febbraio 2023 Due governatori, Oregon e California, hanno svuotato il braccio della morte. Non hanno abolito la pena di morte, una decisione politica comunque difficile, ma ne hanno smontato buona parte del meccanismo. Dell’Oregon avevamo già scritto: la governatrice Brown a dicembre ha commutato in ergastolo tutte le 17 condanne a morte del suo stato. In California il governatore Newsom ha disposto la ristrutturazione di San Quintino in un carcere di bassa sicurezza, e il trasferimento di tutti i condannati a morte in “normali” prigioni di massima sicurezza. Di primo acchito Newsom ha fatto meno della Brown, visto che le condanne a morte rimangono in vigore, ma lui governa lo stato più popoloso degli Usa, e il braccio della morte del suo stato contiene, da solo, quasi il 30% di tutti i “morituri” Usa. Oggi il provvedimento del governatore si applica a ben 668 uomini e 22 donne. “Smontare” fisicamente il braccio della morte può sembrare un compromesso di basso livello, ma è più o meno il compromesso che dal 2004 fa sì che a New York la pena di morte non sia stata abolita formalmente, ma sia “praticamente inutilizzabile”. Una soluzione a metà, che però funziona bene. Biden invece, parafrasando Conan Doyle, sembra prediligere una “soluzione all’8%”. In campagna elettorale aveva garantito che avrebbe abolito la pena di morte federale, ossia quella che non viene comminata dai singoli stati per i reati locali, ma quella che viene gestita a Washington per i reati che mettono a rischio l’intera nazione. Nei 27 casi “federali” che stanno andando a processo sotto l’amministrazione Biden, il ministero della giustizia ha rinunciato a chiedere la pena di morte in 25 casi, e invece la chiederà per due. I due sventurati sono estremisti islamici. Chi conosce gli Usa meglio di me dice che gli americani ancora non si sono ripresi dagli attentati dell’11 settembre, e che alla sola parola “estremista islamico” scatta l’obnubilamento mentale. Quindi sì alla pena di morte per Dzhokhar Tsarnaev e Sayfullo Saipov, no alla pena di morte per, ad esempio, Patrick Crusius, accusato di aver ucciso 23 persone in un attacco razzista in un supermercato del Texas nel 2019. Crusius da solo ha ucciso più del doppio delle persone dei due islamici, ma è bianco, e per lui un pizzico di clemenza si può applicare, per gli altri no. L’unica cosa certa che ha fatto fino ad ora Biden è ordinare, attraverso il suo ministro della Giustizia, una “revisione dei protocolli di esecuzione”. Questo significa sospendere le esecuzioni, ma un suo successore nell’arco di pochi minuti potrebbe riavviarle. In questo, Biden ha fatto molto di meno dei suoi due colleghi di partito dell’Oregon e della California. Oltre a loro, altri due governatori hanno sospeso tutte le esecuzioni: Arizona (Democratica) e Tennessee (Repubblicano). Troppi errori, esecuzioni lunghe, dolorose, alcune addirittura interrotte a metà. La formula è la stessa di Biden, “solo” una revisione delle procedure, ma intanto nel corso del 2023 sono previste esecuzioni solamente in 5 stati sui 50 che compongono la nazione, risultato insperabile solo pochi anni fa. Una catastrofe però incombe su questo panorama positivo: l’azoto. A dire il vero, l’azoto incombe su tutti noi, considerato che costituisce il 78% dell'atmosfera terrestre e quindi dell’aria che ad ogni respiro immettiamo nei nostri polmoni. Non ci facciamo caso perché, come dicono i libri di testo, è un gas incolore, inodore, insapore e inerte. Soprattutto inerte. Il nostro corpo non lo utilizza, entra nei polmoni assieme all’ossigeno, ed esce tale e quale, assieme all’anidride carbonica. Alcuni stati hanno pensato di “addolcire” la camera a gas, e invece del cianuro, far respirare al condannato 100% azoto. Ossia, zero ossigeno. Un documentario della BBC di 15 anni fa mostrava, sui maiali, la perfetta efficacia di questo sistema, che rende incoscienti nel giro di 15 secondi, e morti in un minuto. Ho guardato quel documentario, e altri successivi: il sistema sembra davvero stress-free. Bombole di azoto sono in vendita, a poco prezzo, per gli usi più diversi, dalla f abbricazione artigianale di birra, alla refrigerazione (il famoso azoto liquido), alle teche di cristallo per la conservazione di opere d’arte… In Alabama una multinazionale (Airgas/Air Liquide) ha rifiutato di vendere le proprie bombole all’Amministrazione Penitenziaria che intendeva usarle per le esecuzioni. Ma temo che procurarsi bombole di azoto sia tremendamente facile. Se mai partirà questa nuova procedura, sarà difficile fermarla. NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH LA DEMAGOGIA DA STATO ETICO UCCIDE LO STATO DI DIRITTO Roberto Rampi su Il Riformista del 3 febbraio 2023 La discussione in corso, si fa per dire, sulla carcerazione “dura”, il cosiddetto 41 bis, l’ergastolo “ostativo”, le intercettazioni e la carcerazione preventiva, si sviluppa tutta sul filo dell’ipocrisia demagogica di una politica che ha rinunciato al ruolo di guida, di proposta, e di pedagogia di massa. Di reati associativi e associazione esterna poi nemmeno si fa più finta di discutere. Eppure, si tratta di un abominio se si ragiona in termini di democrazia liberale, dove la responsabilità non può che essere individuale, legata a fatti specifici e condotte costituenti reato del singolo, accertati oltre ogni ragionevole dubbio e con la prospettiva costituzionalmente sancita di una trasformazione della condotta che possa portare a una diversa valutazione delle proprie azioni e a un pieno reintegro nella società. Quando la Politica era dominata dal Pensiero, dopo la tragedia della dittatura, pur nelle profonde differenze di progetto antropologico e di società, i costituenti svilupparono un sistema di valori che, sebbene linguisticamente sofferente di una certa tendenza allo stato etico, garantiva tutti gli spazi di tutela e di sviluppo della vita del cittadino, anche se la sua condotta infrange in modo grave la legislazione data. Perché di questo dovrebbe occuparsi lo stato (con la “s” necessariamente minuscola) nella sua versione contemporanea: definire forme di tutela della convivenza dei cittadini, tutela della vita, dell’agibilità politica ed economica, e intervenire in modo proporzionato in caso di violazione delle norme con il solo obiettivo, pratico, di impedire la reiterazione della violazione, tutelando il prossimo e se possibile risarcendo il danno. Senza Giudizio, che appartiene al campo della morale, da cui lo stato dovrebbe tenersi ben lontano. E senza darsi il non raggiungibile obiettivo di fare Giustizia, che anch’essa, nel caso, appartiene a ben altre sfere, ma più praticamente garantire legittimità e legalità, che per propria natura devono essere sempre mutevoli e discutibili. Il non detto dietro a ogni discussione sul carcere e sui modelli detentivi, invece, è l’errata ma diffusa e prevalente convinzione che allo Stato (maiuscolo) spetti la punizione dei cattivi, per fare Giustizia e risarcire moralmente le vittime. È questa la convinzione della stragrande maggioranza dei cittadini che non si ha il coraggio di confutare. E se non si affronta questo nodo tutto il resto del necessario percorso riformatore è azzoppato in partenza. La funzione dello stato, la funzione e il limite della legge, la tutela dei cittadini da ogni pretesa morale di stato. A questo si aggiunge la moderna consapevolezza della mutabilità delle persone, che non possono essere definite una volta per tutte in base a un comportamento che hanno sviluppato in un determinato momento della propria vita, e la possibilità di cambiare insita nella natura umana. Non di tratta di perdono, perché non si tratta di colpa. Parole che non dovrebbero appartenere alla discussione su legalità e illegalità. Il carcere non è la punizione, giusta o sbagliata. Perché lo stato non ha il compito di punire. Uno sforzo, tutto politico, per affermare questi principi anti-intuitivi è necessaria. Più facile quando le dittature mostrano la violenza e l’ingiustizia che lo Stato può compiere ergendosi a garante della morale, della Giustizia e della condotta, come si può vedere palesemente in Iran, ma anche in Cina e in diversi altri Paesi del mondo. Come chi usciva dalla dittatura lo aveva misurato sulla propria pelle anche in Italia e per questo ne aveva consapevolezza. Se non si riparte da qui, tutta la discussione, ammesso che discussione si possa definire la superficiale e demagogica trattazione in corso di questi argomenti nel tristemente asfittico dibattito pubblico del nostro Paese, è priva di fondamento. Nel percorso, mai compiuto, di fondazione di una vera dimensione europea della Politica questo dovrà essere il primo fondamento. Lo dovrà portare avanti un movimento nuovo che deve ancora nascere: transnazionale, transpartitico, capace di partire dal concetto di stato come sviluppato nella modernità e ridefinirne le ragioni e i confini. Uno strumento degli uomini per gli uomini, limitato e rispettoso della vita di tutti e di ciascuno. Per saperne di piu' : ARABIA SAUDITA: ESECUZIONI QUASI RADDOPPIATE SOTTO IL GOVERNO DI MOHAMMED BIN SALMAN L'uso della pena di morte sotto il governo del principe ereditario Mohammed bin Salman e di suo padre, Re Salman, è quasi raddoppiato ogni anno da quando sono saliti al potere, secondo un nuovo Rapporto. Il Rapporto, presentato il 31 gennaio 2023 dall'Organizzazione no-profit Saudita Europea per i Diritti Umani (ESOHR) e dall'organizzazione contro la pena di morte Reprieve, intitolato "Bloodshed and Lies: Mohammed bin Salman's Kingdom of Executions", afferma che il numero medio delle esecuzioni è aumentato dell'82% sotto il loro governo, anche se il Paese ha proiettato un'immagine moderna al mondo esterno. Il numero di esecuzioni annuali è passato da una media di 70,8 tra il 2010-2014, a 129,5 all'anno dal 2015, quando gli attuali Re e Principe ereditario sono saliti al potere. Nonostante le dichiarazioni ufficiali secondo cui la pena di morte non si applica ai minori, almeno 15 minorenni sono stati giustiziati nel Regno dal 2010, secondo i dati pubblicati dai gruppi per i diritti umani. Dal 2015 in Arabia Saudita sono state praticate oltre 1.000 esecuzioni, afferma il Rapporto. Il Rapporto ha anche esaminato il crescente ricorso alle esecuzioni di massa, come il numero record di 81 persone giustiziate in un solo giorno nel marzo dello scorso anno per una serie di accuse, tra cui il terrorismo. I gruppi dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani hanno condannato l'esecuzione di massa, affermando che il regime aveva applicato "una definizione estremamente ampia" di terrorismo, inclusi atti non violenti. "L'esplosione del numero di esecuzioni in Arabia Saudita sotto Mohammed bin Salman è una crisi che la comunità internazionale non può continuare a ignorare", ha dichiarato la direttrice di Reprieve Maya Foya. “Ogni dato in questo rapporto corrisponde a una vita umana presa … E tutto mentre MBS mente al mondo dicendo di aver riformato il sistema per ridurre il numero di persone giustiziate. Nel momento in cui Stati Uniti, Regno Unito e UE acconsentono a queste bugie, rendono più probabile la prossima esecuzione di massa". I gruppi per i diritti umani hanno da tempo espresso preoccupazione per il fatto che la situazione dei diritti umani del Regno venga trascurata dalla comunità internazionale a favore di interessi geopolitici ed economici. (Fonti: ABC, 31/01/2023) USA: I FAMILIARI DELLE VITTIME CHIEDONO AL NORTH CAROLINA E AL NEVADA DI SVUOTARE I BRACCI DELLA MORTE In North Carolina e Nevada i familiari delle vittime di omicidio si stanno esprimendo contro la pena di morte, incoraggiando i politici a commutare tutte le condanne a morte. In una conferenza stampa fuori dalla residenza del governatore della Carolina del Nord il 10 dicembre 2022, 19 membri dell'Homicide Survivor Engagement Group della North Carolina Coalition for Alternatives to the Death Penalty (NCCADP) hanno letto una lettera che esortava il governatore Roy Cooper ad abolire la pena di morte e a commutare le condanne dei 135 detenuti del braccio della morte. La lettera “respinge inequivocabilmente la premessa che l'esecuzione di una persona, anche se ha commesso un omicidio, possa in qualche modo portarci giustizia o chiusura. … Invece, perpetua la violenza.” “Crediamo nella dignità e nel valore di ogni persona, comprese quelle che hanno commesso crimini atroci. Crediamo nella possibilità di redenzione per tutte le persone. Le condanne a morte non sfidano i colpevoli ad assumersi la responsabilità o a trasformare le loro vite. Le condanne a morte li dichiarano indegni di vivere”, prosegue la lettera. Un editoriale del 21 dicembre 2022 firmato da Monique Normand sul Reno Gazette Journal ha fatto eco agli stessi sentimenti. Dopo l'omicidio di suo zio nel 2017, la famiglia di Normand si è opposta alla pena di morte l’uomo condannato. "La pena di morte è una risposta inefficace al crimine, che non ci rende più sicuri né porta alla “chiusura” così spesso promessa", ha scritto. “Storicamente la metà di tutte le condanne a morte in Nevada sono state annullate dai tribunali e non c'è stata un'esecuzione da più di 16 anni. È una falsa promessa alle vittime che spesso infligge molti più traumi che guarigioni”. Normand ha anche identificato molti altri problemi legati alla pena di morte, tra cui la natura costosa e il pregiudizio razziale. "Lasciare che un sistema così disfunzionale e inefficace continui a mascherarsi da giustizia è un insulto ai cittadini del Nevada e a molti di noi che hanno perso i propri cari a causa di un omicidio". Facendo riferimento a un tentativo fallito del governatore uscente Steve Sisolak di commutare le condanne di tutti coloro che si trovano nel braccio della morte del Nevada, ha scritto: “Il Pardons Board avrebbe dimostrato grande saggezza se fosse stato in grado di commutare tutte le condanne a morte in ergastolo senza condizionale, ponendo fine alla sciarada, visto che queste sentenze non sarebbero mai state eseguite. Avrebbero anche salvato i contribuenti dallo spreco di milioni di dollari che potrebbero essere reinvestiti nei servizi alle vittime e in programmi di prevenzione della criminalità più efficaci", ha concluso. (Il 14 dicembre 2022 il governatore Sisolak, in procinto di lasciare l’incarico, aveva chiesto alla Pardons Board di tenere una sessione speciale e di esprimere un parere complessivo per tutti i 57 detenuti del braccio della morte, parere che se fosse stato positivo lui poi avrebbe accolto e trasformato in un provvedimento di clemenza collettivo. Ma il Procuratore della Washoe County (sede del braccio della morte) ha fatto ricorso, sostenendo che una richiesta del genere rivolta al Board non rientrava nelle sue prerogative. Il giudice James Wilson, della Carson City District Court (Carson City è la capitale amministrativa del Nevada) ha dato ragione al Procuratore, ravvedendo una irregolarità procedurale, ossia che il calendario del Board era stato fissato senza rispettare i 15 giorni di preavviso per tutte le parti coinvolte, compresi quindi tutti i procuratori e le parti lese. Ndt). Anche Megan Smith - un'insegnante di scuola media il cui padre e la matrigna sono stati assassinati - ha scritto un editoriale su The Charlotte Observer, riprendendo ed espandendo gli stessi argomenti. “Non sono d'accordo sul fatto che giustizia sia sinonimo di vendetta, perché la vendetta crea più dolore e ignora qualsiasi meccanismo per guarire o soddisfare i reali bisogni delle famiglie dopo che si è verificata la violenza. In effetti, più imparo su questo sistema, più mi rendo conto che perpetua l'opposto della giustizia su scala statale e nazionale: razzismo, più violenza, divisione economica, spreco finanziario per il nostro stato rispetto alle condanne all'ergastolo, ed un rischio altissimo di errori giudiziari", ha scritto Smith, "Per andare verso la vera definizione di giustizia, dobbiamo fare i conti con le condizioni che favoriscono la violenza e utilizzare le nostre risorse per costruire invece comunità forti e solidali che prevengano il crimine prima che accada e affrontare il trauma dopo che accade. … I miei studenti hanno bisogno di una società che investa le sue risorse collettive nella cura della salute mentale e in altri programmi sociali positivi, non nelle uccisioni sponsorizzate dallo stato”. Smith ha anche identificato coloro che avrebbero sofferto a causa di un'esecuzione, come “gli innocenti membri delle famiglie dei condannati, e gli impiegati della prigione a cui sarebbe stato chiesto di compiere le esecuzioni. Non una sola persona verrebbe guarita”. (Fonte: Death Penalty Information Center, 26/01/2023) INDIA: ALTA CORTE DI CALCUTTA COMMUTA DUE CONDANNE CAPITALI L'Alta Corte di Calcutta il 31 gennaio 2023 ha commutato le condanne a morte di due persone, che sono state riconosciute colpevoli del rapimento, stupro e omicidio di una minorenne, in carcere a vita senza remissione fino al termine della loro vita naturale. I crimini avvennero nel 2014 a Balagarh, nel distretto di Hooghly, nel Bengala Occidentale. La Corte ha osservato che lo stato non sia riuscito a dimostrare che gli appellanti - Gourab Mondal e Kaushik Malik - non possano essere riformati e siano al di là della possibilità di riabilitazione. Il collegio composto dai giudici Debangsu Basak e Md Shabbar Rashidi ha ordinato la commutazione in ergastolo delle loro condanne a morte, emesse da un tribunale del capoluogo distrettuale Chinsurah nel gennaio 2020. "Tenuta in considerazione la brutalità del crimine commesso, sarebbe appropriato che gli appellanti fossero condannati all'ergastolo senza possibilità di remissione fino alla fine della loro vita naturale", ha affermato il collegio. Un terzo imputato, che aveva 17 anni all’epoca del crimine nel dicembre 2014, è stato processato davanti a un tribunale per i minorenni. I tre rapirono la studentessa di classe VI mentre si stava dirigendo a una lezione privata da casa sua, la sera del 12 dicembre 2014. Dopo un'inutile ricerca, i genitori ricevettero una richiesta di riscatto dagli imputati per 3 milioni di rupie, che dissero di non potere pagare a causa delle loro condizioni finanziarie. La polizia rintracciò e arrestò i tre nel luogo da cui era partita la telefonata di richiesta dei soldi. Secondo gli atti del processo, i tre hanno ammesso di aver rapito, stuprato e ucciso la ragazzina, mutilando poi il corpo per seppellirlo lungo il fiume Hooghly a Jirat, vicino Balagarh. (Fonti: PTI, 31/01/2023) | ||
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