Nessuno tocchi Caino - IN AMERICA C’È UNA TORTURA LEGALE, SI CHIAMA: ISOLAMENTO
Nessuno tocchi Caino news
Anno 23 - n. 26 - 08-07-2023
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : IN AMERICA C’È UNA TORTURA LEGALE, SI CHIAMA: ISOLAMENTO
2. NEWS FLASH: NEL CARCERE DI TRAPANI C’È UN REPARTO DOVE NON BATTE IL SOLE
3. NEWS FLASH: TRENTO, BOLZANO, BELLUNO: VISITE NELLE CARCERI E CONFERENZE
4. NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: QUATTRO SAUDITI E UN EGIZIANO GIUSTIZIATI PER TERRORISMO
5. NEWS FLASH: IRAN: DONNA BALUCA GIUSTIZIATA A KERMAN PER L’OMICIDIO DEL MARITO
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
IN AMERICA C’È UNA TORTURA LEGALE, SI CHIAMA: ISOLAMENTO
Valerio Fioravanti su L’Unità del 2 luglio 2023
Nessuno tocchi Caino studia da un quarto di secolo il sistema penale
statunitense perché lo ritiene interessante: colloca quasi tutte le sue
risorse, economiche e umane, nella “repressione”, e pochissime nella
prevenzione. È un sistema che tiene in carcere 2 milioni di cittadini,
ogni anno arresta 7 milioni di persone (anche solo per poche ore o pochi
giorni, ma intanto vengono ‘schedati’ e hanno ‘precedenti’), tiene
2.400 persone nei bracci della morte, e circa 203.000 persone
all’ergastolo.
È un sistema che non pone interesse nella “risocializzazione” del
cittadino che sbaglia, e preferisce confidare in pene molto lunghe,
nella convinzione che così le “mele marce” non creeranno ulteriori danni
alla comunità. Ovviamente l’idea che basti “buttare la chiave” per
avere una nazione più sicura non è un’esclusiva statunitense, ma
esclusiva degli USA è invece la ricchezza di materiali, studi,
statistiche sui quali è eventualmente possibile impostare una
riflessione basata su dati di fatto, non solo sull’emotività.
Ultimo arrivato tra questi approfondimenti è “Calcolando la tortura”, un
nuovo, straordinario studio che ci dice che nelle 4.780 prigioni degli
Stati Uniti, ogni giorno, in media, ci sono 122.000 persone tenute in
isolamento. E prova a convincerci che è una cosa grave.
Solitary Watch (solitarywatch.org) e Unlock the Box (unlocktheboxcampaign.org)
sono orgogliose dei dati che sono riuscite a raccogliere, i più
completi disponibili a oggi, con la mappatura completa delle carceri per
adulti, ma ci avvertono che nelle prossime edizioni proveranno ad
aggiungere i 1.323 carceri minorili, i 181 centri per immigrati fermati
alla frontiera, le 80 prigioni nei territori indiani, e alcune decine di
strutture “minori”, compresi i “civil commitment centers”, strutture
ibride dove vengono “curati” malati di mente e piccoli criminali
sessuali.
Ma intanto, da subito, la direttrice di Solitary Watch, Jean Casella,
avverte: “L’uso diffuso dell’isolamento nelle nostre carceri è una crisi
umanitaria. Come hanno confermato le Nazioni Unite, si tratta di
torture in atto sul suolo statunitense”. “Questo tipo di informazioni
complete e accurate è fondamentale per creare responsabilità
(‘accountability’, il termine anglosassone per stabilire chi debba
essere ritenuto responsabile di una determinata scelta politica o
amministrativa) e apportare cambiamenti”, ha affermato Casella.
Jessica Sandoval invece è la direttrice di Unlock the Box: “Abbiamo un
numero crescente di prove che dimostrano che l’isolamento provoca danni
psicologici, neurologici e fisici duraturi e aumenta drasticamente il
tasso di suicidi, e non riesce a ridurre la violenza carceraria, anzi
peggiora la sicurezza per tutti. Tenere tante persone in isolamento è
una macchia sulla nostra nazione”.
Le due direttrici, insieme, hanno spiegato perché ritengono che contare
ognuno che è in isolamento sia importante. “Crediamo che ogni persona in
isolamento sia un’anima umana sofferente che, almeno, merita di essere
contata.
Una di quelle persone era Kalief Browder, che ha sopportato più di due
anni di isolamento a Rikers Island mentre era ancora un ragazzo e
legalmente innocente (ossia non processato, ndt), e che è morto suicida
dopo essere stato (nelle sue stesse parole) “mentalmente sfregiato” da
questa esperienza.
Un altro era Benjamin Van Zandt, che era già stato in isolamento, dove
aveva subito abusi e minacce da parte delle guardie, e che è morto
suicida all’età di 21 anni, la prima notte dopo che per punizione gli
avevano comminato altri 30 giorni in isolamento.
Le loro storie ci ricordano cosa significa il nostro numero in termini
umani. Significa che più di 122.000 persone sono detenute in condizioni
che costituiscono tortura. Significa che mentre scrivo - e mentre leggi -
ognuno di questi individui soffre da solo, essendo esposto a un serio
rischio di danni psicologici, neurologici e fisici, oltre che di
autolesionismo e suicidio.
Assicurarsi che tutti i Kalief, i Ben e gli altri vengano contati è solo
un modo per riconoscere e testimoniare la loro esperienza. Raccontare
le loro storie, e incoraggiare le persone in isolamento a raccontare le
proprie storie è un altro modo. Ma la cosa più importante che possiamo
fare per tutti loro è lottare per ridurre il numero di persone in
isolamento e continuare a lottare finché l’isolamento non sarà un
ricordo del passato e non ci sarà più nessuno da contare.”
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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
NEL CARCERE DI TRAPANI C’È UN REPARTO DOVE NON BATTE IL SOLE
Sergio D’Elia su L’Unità del 2 luglio 2023
La sezione porta il nome del colore del mare quando è calmo e del colore del cielo quando è sereno. Ma il blu non si addice proprio alla realtà di un luogo di isolamento dove non splende mai il sole, l’anima è sempre in pena, il contatto umano è ridotto a zero. È una pena dell’anima non solo per l’uomo privato della libertà, ma anche per il suo custode, condannato innocente a un lavoro forzato alla vista quotidiana del degrado umano e ambientale. Non basterebbe la sentenza europea più illuminata e generosa a risarcire il danno che un solo giorno di “vita” nel “reparto blu” del carcere di Trapani provoca al detenuto e al “detenente”.
Il prezzo della tortura, del trattamento inumano e degradante inflitto all’uno e all’altro, è impagabile.
Il reparto si trova nella parte più bassa, buia e sperduta del carcere. Le celle misurano due metri per quattro. La luce filtra a mala pena da una finestrella di 50 centimetri per 40 posta in alto a 25 centimetri dal soffitto. Una fila di sbarre e l’aggiunta di una rete a trama molto fitta impediscono anche all’aria di scorrere libera. Nella stanza, tutto è piantato alla parete o al pavimento di cemento: branda, tavolo, sedile, armadietto, lavabo. Il “cesso” è a vista: a volte si tratta di una tazza, altre volte il water è incastonato in un blocco di cemento, altre ancora il gabinetto è alla turca. L’ora d’aria può avvenire uno alla volta in una vasca di cemento di due metri per nove, con le mura altissime e la rete sopra come quella di un pollaio. In fondo al cortile c’è una piccola tettoia per ripararsi dalla pioggia e una “turca” per i bisogni senza un rubinetto da cui scorra dell’acqua.
Nella cella numero 7 è rinchiuso Domenico, che parla in continuazione. È in cura psichiatrica da un anno e mezzo, e attende che si liberi un posto nell’Articolazione Tutela Salute Mentale di Barcellona Pozzo di Gotto.
Nel frattempo continua a compiere atti di autolesionismo. È pieno di cicatrici soprattutto sulle braccia. “Mi taglio tutti i giorni, mi impicco tutti i giorni. Sei o sette volte sono riuscito ad andare in ospedale, uscendo da questo inferno”. Due settimane fa ha tentato nuovamente il suicidio. Per questo è sorvegliato a vista.
La scena della cella numero 15 è davvero dura da sopportare. L’ambiente è cupo, sporco, maleodorante. Dal nome sulla targhetta, Momodou, si capisce che la persona è arrivata in Italia dopo chissà quali traversie da un paese dell’Africa nera.
È da molti mesi in questa cella, quasi sempre appollaiato sull’angolo del tavolo di ferro piantato al muro. È nudo e con una coperta sulle spalle. Non parla, a tratti biascica qualcosa, ha una piccola reazione solo alla pronuncia del suo nome di battesimo. La branda di ferro fissata al pavimento è priva di materasso, lenzuola e cuscino. C’è un water ma Momodou non lo usa. I suoi bisogni li fa per terra, sul tavolo, addosso. Dal cancello esce un rivolo di urina. È un altro evidente caso psichiatrico, anche se una perizia lo ha dichiarato del tutto capace di intendere e volere.
In questo “manicomio” c’è anche Gabriele, un ragazzo di 24 anni che però – caso più unico che raro – è capace sia di intendere sia di volere. Nel “reparto blu” non è possibile fare la spesa alimentare; si può acquistare solo acqua, bagnoschiuma, sigarette; pure il caffè, anche se non si può usare il fornellino. Per cui il detenuto usa uno stratagemma riempiendo un pentolino d’olio, dando fuoco a pezzetti di carta e piazzandoci sopra la moka: “e il caffè dopo un po’ se ne esce”. Gabriele è da due anni e mezzo nell’istituto di Trapani e ha una condanna a una pena di 15 anni. Ha già fatto il secondo superiore e intende prendere l’indirizzo alberghiero o per geometri. Si augura sia accolta la sua istanza di trasferimento nelle case di reclusione di Noto o di Brucoli. “Ho bisogno di preparare il mio futuro e sono disposto anche ad andare lontano dalla famiglia in reclusori del Nord per avere maggiori possibilità di studio e di lavoro.”
È la seconda volta in quattro mesi che visitiamo il carcere di Trapani e torniamo in questo reparto di isolamento, dove nulla è cambiato, che non può essere riformato, va solo abolito. Il nostro “viaggio della speranza” nei luoghi di privazione della libertà naufraga in questo cimitero dei vivi, degli abbandonati da Dio e dagli uomini. L’opera di misericordia corporale “visitare i carcerati” e il motto “despondere spem, munus nostrum” della polizia penitenziaria, paiono un’impresa vana in questo posto senza pace, senza grazia, senza speranza. Anche se non v’è, all’ingresso della sezione, un avviso come quello sulla porta dell’inferno, la dura realtà balza subito agli occhi appena ne superi la soglia. La scritta terrificante “Lasciate ogni speranza voi che entrate” la vedi sui muri, sui volti, negli occhi degli “internati” nel manicomio che abbiamo abolito fuori mezzo secolo fa e che abbiamo oggi concentrato qui dentro, nel “reparto blu” del car
cere di Trapani.
TRENTO, BOLZANO, BELLUNO: VISITE NELLE CARCERI E CONFERENZE
TRENTO
Sabato 15 luglio 2023
Ore 10
Visita al Carcere di Trento
Ore 16 - 18
Conferenza
ALTERNATIVE AL CARCERE
Per una giustizia di comunità
Via Dordi n. 8
Presiede
Filippo FEDRIZZI, Presidente Camera Penale Trento, membro Osservatorio Carcere UCPI
Intervengono
Rita BERNARDINI, Presidente di Nessuno tocchi Caino | Veronica MANCA, Direttivo CP Trento, membro Oss. Carcere UCPI | Vanni CEOLA, Ordine degli Avvocati di Trento | Sergio D’ELIA, Segretario di Nessuno tocchi Caino | Antonia MENGHINI, Garante per i detenuti e Prof. Diritto penale Università di Trento | Maria COVIELLO, Presidente APAS ODV Trento | Fabio VALCANOVER, Nessuno tocchi Caino | Vincenza CARBONE, Presidente Conferenza Regionale Volontariato Giustizia | Carlo SCARAGLIO, Presidente Dalla Viva Voce | Elisabetta ZAMPARUTTI, Tesoriera di Nessuno tocchi Caino
Testimonianze dal carcere e dalle misure di comunità
BOLZANO
Lunedì 17 luglio 2023
Ore 16 - 19
Casa Kolping
Sala Grande
Conferenza
CARCERE E TOSSICODIPENDENZA: UNA DOPPIA PENA?
Modera
Angelo POLO, Vice Presidente Camera Penale di Bolzano
Intervengono
Rita BERNARDINI, Presidente di Nessuno tocchi Caino | Chiara NONES, Magistrato di Sorveglianza di Bolzano | Beniamino MIGLIUCCI, Past President UCPI | Sergio D’ELIA, Segretario di Nessuno tocchi Caino | Bettina MERANER, Direttrice Serd Bolzano | Roberto SENSI, Il Dubbio | Claudia ZANOLLI, Direttrice Uepe Bolzano | Andrea GNECCHI, Consigliere Ordine Avvocati Bolzano | Marco BOSCAROL, della Camera Penale di Bolzano | Pietro F. CALVISI, Medico | Elisabetta ZAMPARUTTI, Tesoriera di Nessuno tocchi Caino
Info: 335 6923204
BELLUNO
Mercoledì 19 luglio 2023
Ore 10
Visita al Carcere di Belluno
Ore 15:30 – 18:30
Conferenza
CARCERE: SORVEGLIARE O PUNIRE?
URBAN HUB Dolomiti
Via Ippolito Caffi, 11/B
Modera
Sonia SOMMACAL, Vicepresidente ADU, Osservatorio misure di prevenzione Fondazione Giuseppe Gulotta
Intervengono
Massimo MONTINO, Presidente Camera Penale Bellunese | Daniele TORMEN, Presidente Ordine Avvocati di Belluno | Rita BERNARDINI, Presidente di Nessuno tocchi Caino | Federico MONTALTO, Giudice
Tribunale di Belluno | Mario MAZZOCCOLI, Referente Carceri Camera Penale Bellunese | Sergio D’ELIA, Segretario di Nessuno tocchi
Caino | Erminio MAZZUCCO, membro dell’Organismo Congressuale Forense | Daniele TRABUCCO, Professore strutturato in Diritto
Costituzionale italiano e comparato presso la SSML | Francesco SANTIN, Criminologo | Elisabetta ZAMPARUTTI, Tesoriera di Nessuno tocchi Caino
L'evento è accreditato dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Belluno con 3 crediti formativi
Iscrizioni su Sfera COA Belluno
Info: 328 4867142
ARABIA SAUDITA: QUATTRO SAUDITI E UN EGIZIANO GIUSTIZIATI PER TERRORISMO
L'Arabia Saudita il 3 luglio 2023 ha giustiziato cinque persone responsabili di un attacco terroristico a un luogo di culto, hanno affermato i media statali, la più grande esecuzione di gruppo di quest'anno.
I cinque uomini - quattro cittadini sauditi e un egiziano – avrebbero causato la morte di cinque persone e il ferimento di numerose altre nella Provincia Orientale del Regno, un territorio ricco di petrolio che ospita la minoranza sciita del Paese.
Il comunicato del ministero dell'Interno, pubblicato dall'Agenzia ufficiale di Stampa Saudita, non ha specificato a quando risalga l'attacco terroristico o quale luogo di culto sia stato preso di mira.
Inoltre, il comunicato non ha specificato il metodo utilizzato per giustiziare i cinque, anche se il Regno usa di solito la decapitazione.
Giunge così a 68 il numero totale delle persone messe a morte dall'Arabia Saudita da inizio anno.
Dall'inizio di maggio sono state praticate più di 20 esecuzioni per reati legati al terrorismo, la stragrande maggioranza nella Provincia Orientale.
Alla fine di maggio, le autorità hanno messo a morte due cittadini del Bahrein condannati per terrorismo in un caso che secondo Amnesty International è stato caratterizzato da “confessioni ottenute con tortura”.
Nel 2022 l'Arabia Saudita ha giustiziato 147 persone, più del doppio rispetto alle 69 del 2021, secondo un conteggio tenuto dall'agenzia AFP.
(Fonti: Channelstv, 03/07/2023)
IRAN: DONNA BALUCA GIUSTIZIATA A KERMAN PER L’OMICIDIO DEL MARITO
Una donna è stata giustiziata all’alba del 2 luglio 2023 nella prigione centrale di Kerman, secondo informazioni ottenute da Hengaw, ong per i diritti umani.
Si tratta di Afsaneh Shahiki, 50enne di etnia baluca, che era stata arrestata otto anni fa nella città di Bam e condannata a morte con l'accusa di aver ucciso il marito con una pistola.
Al momento di scrivere, la notizia dell'esecuzione di questa detenuta non è stata annunciata dai media governativi.
Con l’esecuzione di Afsaneh Shahiki, arriva a 213 il numero di donne messe a morte nella Repubblica Islamica dal 2007.
Secondo il Comitato delle Donne del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, sono almeno 15 le donne giustiziate nel Paese nel 2022.
(Fonti: Hengaw, ncr-iran)
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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA
DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” e riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587
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