Nessuno tocchi Caino - SINGAPORE: SULLA FORCA PER POCHI GRAMMI E POCHI SPICCIOLI
Nessuno tocchi Caino news:
Anno 23 - n. 30 - 12-08-2023
Contenuti del numero:
1. LA STORIA DELLA SETTIMANA : SINGAPORE: SULLA FORCA PER POCHI GRAMMI E POCHI SPICCIOLI
2. NEWS FLASH: NIPOTE DI UNA DEPORTATA VI DICO: IL NOSTRO NAZISMO E’ IL CARCERE
3. NEWS FLASH: SERGIO D'ELIA: ‘CROCIFIGGONO MARCELLO DE ANGELIS MA MAMBRO E FIORAVANTI NON C'ENTRANO’
4. NEWS FLASH: USA: DUE DETENUTI GIUSTIZIATI IN MISSOURI E FLORIDA
5. NEWS FLASH: IRAN: ALMENO SETTE UOMINI GIUSTIZIATI IL 9 AGOSTO
6. I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :
SINGAPORE: SULLA FORCA PER POCHI GRAMMI E POCHI SPICCIOLI
Piero Zilio su L’Unità del 6 agosto 2023
Singapore ha dichiarato guerra alla droga. Ma come si combatte un
oggetto inanimato? Per il Governo di Singapore la risposta è semplice:
impiccare chiunque traffichi sostanze stupefacenti.
Il Ministro della Giustizia e degli Interni ha sottolineato come i
grossi trafficanti stiano lontani da Singapore grazie a questa politica
di tolleranza zero. vero. Ma tenere lontani i grandi narcotrafficanti
non significa necessariamente interrompere il loro traffico. I boss
mandano avanti un esercito di pedine pronte a rischiare la vita per
pochi dollari, i cosiddetti “muli della droga”, che contrabbandano
sostanze illegali nella ricca e ordinata isola asiatica. E che una volta
catturati finisce immancabilmente sulla forza, senza alcuna pietà.
Negli ultimi trent'anni, il Presidente di Singapore non ha mai concesso
la grazia alle centinaia di condannati a morte per questo tipo di reato.
Si punisce con la massima severità il traffico di qualsiasi tipo di
droga, inclusa la cannabis.
Nel 2022 il boia ha azionato la botola del patibolo undici volte.
Quest'anno il nodo scorsoio ha già interrotto l'ultima caduta di cinque
persone. Perché la classe politica singaporiana misura il successo di
questa guerra sul numero di impiccagioni dei pesci piccoli, a
prescindere dal reale andamento del consumo di sostanze stupefacenti –
ininterrotto – o dall'efficacia dei centri di riabilitazione per
tossicodipendenti, per i quali sono passati molti dei cittadini
condannati a morte.
A proposito di giustizia: i processi avvengono nel pieno rispetto della
legge. Che a Singapore non prevede il diritto al silenzio. Che non
consente agli avvocati di essere presenti durante gli interrogatori,
quando l'arrestato firma la confessione che lo porterà sulla forca.
Per legge, nei reati di droga vige il principio della presunzione di
colpevolezza: spetta all'accusato dimostrare la propria innocenza, in un
sistema in cui la pena di morte scatta obbligatoriamente oltre soglie
molto basse.
La Corte deve inoltre approvare le richieste di appello prima che i
condannati possano presentarle, e molti avvocati evitano i processi
capitali per timore dei pesanti costi personali inflitti alla difesa,
lasciando gli imputati soli ad autorappresentarsi davanti al giudice.
Fra aprile e maggio sono stati impiccati 2 uomini per traffico di circa un chilo di marijuana.
Il primo, Tangaraju s/o Suppiah, non è stato nemmeno trovato in possesso
degli stupefacenti. È stato condannato e impiccato per presunta
progettazione di traffico di 1.079 grammi di cannabis, come si legge nei
documenti ufficiali del tribunale.
Fra il 26 luglio e il 3 agosto invece, nel giro di quasi una settimana,
sono stati impiccati altri due uomini e una donna per il traffico di
poche decine di grammi di eroina.
Era dal 2004 che Singapore non affidava una donna al boia per reati di droga.
Madre tossicodipendente, Saridewi binte Djamani aveva dichiarato di
essere stata interrogata nel mezzo di una crisi di astinenza e
depressiva, senza riuscire a comprendere la confessione che aveva
firmato.
Non si conosce invece il nome dell'ultimo condannato impiccato mercoledì
scorso, perché i familiari hanno chiesto di mantenere il riserbo. Hanno
però avuto la forza di rendere pubblica questa nuova esecuzione, che
altrimenti sarebbe passata inosservata.
All'inesorabilità con cui si svolgono i processi e le esecuzioni, si
aggiunge infatti una certa segretezza, o parsimonia di informazioni, con
cui il Governo di Singapore gestisce i singoli casi una volta emessa la
condanna. Nessuno sa esattamente come avvengano le esecuzioni, con
quale criterio siano programmate, quante persone siano state
effettivamente uccise o detenute nel braccio della morte.
Frammenti di orrore emergono grazie ai familiari che rendono pubbliche
le notifiche di esecuzione, con cui le Ong cercano di raccontare e
sensibilizzare l'opinione pubblica per cambiare questa situazione.
Diversi attivisti del Transformative Justice Collective di Singapore
hanno pagato le conseguenze del dissenso, in un paese dove sono
sufficienti raggruppamenti di più di tre persone per finire classificate
come “manifestazione non autorizzata”. Ma i dissidenti locali non si
lasciano intimidire, e molte altre Ong sostengono questa protesta
pacifica.
Il 27 luglio si è tenuta una manifestazione contro la pena di morte
nella vicina Malesia, davanti alla rappresentanza di Singapore a Kuala
Lumpur. Hanno partecipato dieci associazioni, fra cui Amnesty
International, che da anni denuncia la violazione dei diritti umani di
condannati, attivisti e avvocati a Singapore. In questa piccola
isola-stato del sudest asiatico, il processo giusto ed equo è un
concetto su cui riflettere, come anche il successo della sua guerra alla
droga.
NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH
NIPOTE DI UNA DEPORTATA VI DICO: IL NOSTRO NAZISMO E’ IL CARCERE
Rachele Cicogna su L’Unità del 6 agosto 2023
Svolgo da anni l’attività di testimone in qualità di nipote di una sopravvissuta di Auschwitz.
Mia nonna, Lala Lubelska, polacca di Lodz è stata salvata da mio nonno, Giancarlo Cicogna, di origine veneziana.
Nel 1946, nel piccolo paesino del Polesine in cui abitavano, arrivò una signora tedesca in cerca delle spoglie del figlio soldato deceduto; in municipio nessuno parlava tedesco e chiesero a mia nonna che il tedesco lo aveva imparato prima nel ghetto e poi nei campi, se poteva aiutare questa madre. In un primo momento la nonna rifiutò.
Aiutare la madre di soldato tedesco?
Poi decise di ospitarla a casa sua, di cercare con lei le spoglie e siccome non trovarono nulla, la invitò per l’anno successivo per una breve villeggiatura.
Era il 1946 e non aveva perdonato, non aveva dimenticato, era “solo” una donna libera che aveva deciso di aiutare una madre.
Al fine di non banalizzare quello che per me è un operato di valore, mi impegno da sempre affinché tutte le persecuzioni abbiamo pari dignità.
È difficile, credetemi, in uno stato che ha deciso di svuotare il valore della memoria. È difficile in uno Stato in cui si vuole parlare di memoria ma mai di verità. Ogni anno, in occasione del 27 gennaio, ascolto quanto più di mesto la macelleria politica riesca a produrre. Per non dimenticare. Perché la storia non si ripeta. Sappiamo tutti che la storia non si ripete con gli stessi contorni di un secolo fa, ne trova altri e li adegua alla società che percorre.
Oggi, dopo 80 anni da ciò che ha vissuto la mia famiglia, la persecuzione che merita la medesima dignità e sulla quale vorrei venissero accesi i giusti riflettori, è quella che subiscono i detenuti. Prima e dopo la detenzione. Sembra una bestemmia, vero? Nessuno tocchi l’olocausto.
Mi spiace, ma quello che un tempo si chiamava nazismo, ora si chiama Stato. I nuovi perseguitati sono coloro che vivono in galera e nella galera che li aspetta fuori.
La maggior parte dei suicidi dei detenuti si consuma alla vigilia della cosiddetta libertà. Ci siamo mai chiesti perché? Non è che forse il nostro Stato ha appaltato al carcere tutti i nodi che non riesce a sbrogliare? Dalla droga alla immigrazione, dal furto alla pedofilia.
Che poi, parlare di suicidi è quasi ridicolo, ricordiamoci tutti i decessi da accertare: li hanno suicidati.
Della galera fuori dal carcere siamo tutti conniventi. È la stessa connivenza dei negazionisti dell’Olocausto. I commenti, l’atteggiamento di emarginazione, il pregiudizio, il giudizio … e gli ignavi, che forse sono peggiori di tutti.
Su questo è il mio focus, sui perseguitati di oggi, che magari, non essendo ricchi o essendo semplicemente “normali”, da perseguitati sono semplicemente diventati ultimi.
Un anno, mia nonna venne invitata a inaugurare una piazza dedicata ai perseguitati della Shoah. In quell’occasione, poco distante da lei, vi era un banchetto di giovani missini che raccoglievano le firme per poter intitolare una via a Norma Cossetto.
Nonna venne portata davanti a queste persone con l’intento di farle vergognare ma lei disse loro di proseguire a lottare “perché io sono viva, lei è morta perseguitata”.
Questa è stata la mia grande eredità: la memoria senza le bandiere, il riconoscere cosa sia una persecuzione costruita, legalizzata, metodica e sedimentata nelle nostre coscienze. Quando le carceri chiuderanno in favore di soluzioni alternative, quando butteremo via le
nostre derive forcaiole e giustizialiste si apriranno nuovamente quei cancelli che ben riconosciamo nelle locandine, nel film e nei libri.
SERGIO D'ELIA: ‘CROCIFIGGONO MARCELLO DE ANGELIS MA MAMBRO E FIORAVANTI NON C'ENTRANO’
“Stanno crocifiggendo Marcello De Angelis perché ha espresso la sua convinzione che è comune a quella di molti anche nell'establishment italiano e cioè che Francesca Mambro e Giusva Fioravanti non c'entrano con quella strage. È una verità che non può essere svelata perché chi osa farlo viene subito criminalizzato e bollato come depistatore". A dirlo all'Adnkronos Sergio D'Elia, ex militante di Prima Linea, oggi segretario dell'associazione Nessuno Tocchi Caino, dopo le polemiche sulle dichiarazioni di Marcello De Angelis, responsabile della comunicazione Istituzionale della Regione Lazio, sulla strage di Bologna.
Sergio D'Elia ha fatto parte del comitato 'E se fossero innocenti?', formato da avvocati, intellettuali, giornalisti e associazioni, nato circa trent'anni fa per la ricerca della verità sulla strage di Bologna. "Era un comitato composto da personalità prevalentemente della sinistra. Personalmente penso che quel punto interrogativo vada tolto, perché per me non ci sono dubbi sull'innocenza di Mambro e Fioravanti. Sono pronto a ricredermi rispetto a quello che ho sempre pensato ad una condizione, che si rendano pubblici tutti gli atti secretati sulle stragi. Ma non credo che succederà mai perché verrebbe smentito lo stereotipo della strage fascista scolpito sulla lapide in memoria delle vittime della strage di Bologna".
E aggiunge: "In questa vicenda la ragion di Stato prevale sull'amore per la verità perché continua ad essere mantenuto il segreto di Stato e perché organi dello Stato invece di cercare i veri responsabili hanno preferito offrire dei capri espiatori. Non aderisco a nessuna tesi sui responsabili, dico semplicemente che loro sono innocenti: è il mio libero e più profondo convincimento".
Ci sono sentenze passate in giudicato sui fatti del 2 agosto 1980. "Ma quante sentenze ci sono nella storia della civiltà umana con persone condannate in via definitiva e poi rivelatesi innocenti? Pensiamo a Sacco e Vanzetti giustiziati sulla sedia elettrica negli Stati Uniti e poi riabilitati dopo mezzo secolo. Pensiamo alle centinaia di esonerati dal braccio della morte negli Usa, in alcuni casi un attimo prima dell'esecuzione. Per non parlare delle decine di giustiziati poi scoperti innocenti magari attraverso l'esame postumo del Dna. E a proposito di Dna perché non lo si fa sui resti di quella che probabilmente è l'86esima vittima della strage di Bologna?".
(Fonte: Adn, 06/08/2023)
USA: DUE DETENUTI GIUSTIZIATI IN MISSOURI E FLORIDA
Due prigionieri sono stati giustiziati in questi ultimi giorni in Missouri e Florida.
Johnny Johnson, 45 anni, bianco, è stato giustiziato il 1° agosto nel Missouri.
Johnson ha ricevuto una dose letale di pentobarbital in una prigione di stato a Bonne Terre, ed è stato dichiarato morto alle 18:33. Era stato condannato per l'omicidio nel luglio 2002 di Casey Williamson, 6 anni, dopo che la bambina aveva resistito al suo tentativo di aggredirla sessualmente.
Johnson, a cui all'età di 16 anni era stata diagnosticata la schizofrenia, in una breve dichiarazione scritta a mano rilasciata dal Dipartimento Penitenziario poche ore prima dell'esecuzione, ha espresso rimorso.
La Corte Suprema degli Stati Uniti, con 3 giudici dissenzienti, ha respinto il tradizionale “ricorso dell’ultima ora”, in questo caso incentrato ancora sulle condizioni mentali del condannato.
Al processo i difensori d’ufficio avevano dimostrato che Johnson, che aveva precedenti penali sin da minorenne, era stato rilasciato da una struttura psichiatrica statale 6 mesi prima del crimine, aveva smesso di prendere i suoi farmaci per la schizofrenia e, secondo testimonianze, si comportava in modo strano nei giorni precedenti l'omicidio.
Ernie Williamson, il padre della bambina, era contrario all’esecuzione, e il 27 luglio aveva sottoscritto una richiesta di clemenza al Governatore del Missouri Mike Parson, sostenendo che l’esecuzione non lo avrebbe “pacificato” (closure, chiusura, è il termine che viene usato in questi frangenti, con l’assunto che veder morire il condannato riduca lo stress e il dolore dei familiari della vittima) "perché non riporterà indietro Casey".
Johnson diventa la quarta persona giustiziata nel Missouri quest'anno, la 97a da quando il Missouri ha ripreso le esecuzioni ne 1989, il 16° detenuto a essere messo a morte quest'anno negli Stati Uniti.
James Phillip Barnes, 61 anni, bianco, è stato giustiziato in Florida il 3 agosto.
Barnes è stato dichiarato morto alle 18:13 dopo un’iniezione letale nella prigione di stato della Florida a Starke, al termine di una esecuzione che apparentemente non ha presentato inconvenienti.
Sdraiato su una barella, Barnes sembrava avere già gli occhi chiusi quando è stata aperta la tenda della finestra per i testimoni. Non ha risposto quando i funzionari della prigione gli hanno chiesto se avesse una dichiarazione finale, ed è rimasto immobile tranne che per il respiro, che si è fermato dopo circa 10 minuti. Un medico lo ha poi dichiarato morto.
Recentemente aveva ritirato tutti i ricorsi, ed aveva detto che era pronto ad accettare la sua punizione dopo 16 anni nel braccio della morte.
Nel 2005, mentre da otto anni scontava l'ergastolo per lo strangolamento nel 1997 di sua moglie Linda Barnes, 44 anni, Barnes scrisse lettere a un pubblico ministero, confessando l'omicidio del 20 aprile 1988 di Patricia "Patsy" Miller, una infermiera di 41 anni con cui, ha spiegato confusamente in seguito, aveva avuto una relazione che per lui si era rivelata “umiliante”.
Barnes durante il processo si è dichiarato colpevole, ha descritto il crimine: “ho fatto irruzione a casa di Miller, l'ho violentata due volte. Ho cercato di strangolarla, l’ho colpito la testa con un martello, l'ho uccisa e le ho dato fuoco al letto".
Si è voluto difendere da solo, e non ha cercato attenuanti che gli risparmiassero la condanna capitale. Test del Dna hanno confermato, e una giuria alla fine lo condannò a morte.
In un filmato registrato dal noto regista tedesco Werner Herzog, autore di una serie di documentari su condannati a morte, Barnes ha affermato di essersi convertito all'Islam in carcere e di aver deciso di pulirsi la coscienza durante il mese sacro del Ramadan. Per questo ha confessato l’omicidio Miller.
Barnes ha affermato di aver ucciso almeno altre due persone, ma non è mai stato processato per quei casi.
Barnes nel 1997 aveva ucciso sua moglie dopo una lite dopo che la donna aveva scoperto che lui spacciava droga.
Nel caso Miller, i difensori d’ufficio incaricati di seguire le fasi dei ricorsi hanno insistito sulle condizioni mentali dell’imputato.
Due medici hanno scoperto che Barnes aveva sintomi di disturbo della personalità con "caratteristiche antisociali e sociopatiche borderline", ma con un grado non sufficientemente grave da comportare una dichiarazione di “incapacità di intendere e di volere”.
Barnes diventa il quinto detenuto a essere messo a morte quest'anno in Florida, il 104° in assoluto da quando lo stato ha ripreso le esecuzioni nel 1979, il 17° detenuto a essere messo a morte quest'anno negli Stati Uniti e il 1.575° in totale da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni il 17 gennaio 1977.
Il numero di esecuzioni in Florida superiore alla media dello stato è spiegato da molti osservatori con la campagna elettorale del Governatore DeSantis, che si propone come candidato repubblicano alle primarie presidenziali, e nei punti del suo programma ha la “dura repressione del crimine”.
(Fonti: CBS News, 01/08/2023; Associated Press, 04/08/2023)
IRAN: ALMENO SETTE UOMINI GIUSTIZIATI IL 9 AGOSTO
Sono almeno sette i prigionieri giustiziati in Iran il 9 agosto 2023, in casi distinti.
Manouchehr Khazaei e Ahad Hashemi sono stati messi a morte ad Hamedan.
Secondo un rapporto ricevuto da Hengaw, Khazaei era originario del villaggio di Dehlor, nella contea di Kangavar.
Prima del suo arresto, Khazaei era un membro delle forze di polizia. Era stato arrestato per reati legati alla droga.
Sempre secondo Hengaw, lo stesso giorno, nella stessa prigione, è stato giustiziato un prigioniero curdo di nome Ahad Hashemi, della città di Harsin, nella provincia di Kermanshah.
Anche Ahad Hashemi era stato arrestato sette anni fa per reati di droga, e condannato a morte dal giudice Nazari della 1a sezione del tribunale rivoluzionario di Hamadan.
La notizia dell'esecuzione di Ahad Hashemi e Manouchehr Khazaei non è stata finora annunciata dai media ufficiali o da altri media affiliati alla magistratura.
Fonti ufficiali (Fars News) hanno riportato che il 9 agosto, cinque uomini, condannati per stupro, sono stati giustiziati a Marand, nella provincia dell'Azerbaigian orientale.
Non è chiaro se le esecuzioni siano avvenute nella prigione di Marand, in quella della vicina Tabriz, o in pubblico, come a volte viene fatto per reati che hanno impressionato particolarmente l’opinione pubblica.
Il procuratore della contea di Marand, Ziamehr (Zia Mehr), ha comunicato che, a seguito di un approfondito processo legale, queste cinque persone che avevano commesso un atto di rapimento e aggressione sono state giustiziate.
L'incidente era stato originariamente segnalato il 21 maggio 2022, quando una “donna, accompagnata dal personale di emergenza sociale, si è recata nell'ufficio del procuratore. Ha raccontato la sua esperienza straziante di essere stata rapita da cinque persone non identificate, successivamente portata sulle montagne circostanti e sottoposta a un'aggressione da parte di tutti e cinque”.
Le persone sono state arrestate quattro giorni dopo e successivamente condannate a morte.
Secondo il rapporto, le identità dei detenuti giustiziati non sono state divulgate.
(Fonte: Hengaw, Hrana)
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