Nessuno tocchi Caino - GLI HOUTHI CONTRO LA GUERRA MA GIUSTIZIANO LA LORO GENTE

Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 9 - 02-03-2024

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : GLI HOUTHI CONTRO LA GUERRA MA GIUSTIZIANO LA LORO GENTE
2.  NEWS FLASH: TORTURATO PER 18 ANNI NEL NOME DELLO STATO. LO STATO NON HA NIENTE DA DIRE?
3.  NEWS FLASH: ARABIA SAUDITA: 12 GIUSTIZIATI PER TERRORISMO E OMICIDIO
4.  NEWS FLASH: SINGAPORE: IMPICCATO CITTADINO DEL BANGLADESH PER OMICIDIO
5.  NEWS FLASH: USA: IVAN ABNER CANTU GIUSTIZIATO MENTRE L’ESECUZIONE DI THOMAS EUGENE CREECH È STATA SOSPESA
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


GLI HOUTHI CONTRO LA GUERRA MA GIUSTIZIANO LA LORO GENTE
Sergio D’Elia su L’Unità del 25 febbraio 2024

Nella miriade di milizie militari e paramilitari che agitano il Medio Oriente, gli Houthi sono davvero un soggetto particolare. Si chiamano così per via del loro fondatore, Hussein Badreddin al-Houthi. Lo stesso nome di famiglia porta il capo attuale, Abdul Malik Al-Houthi. Sui legami di sangue si è costituito un clan, sullo spargimento di sangue il clan si è fatto Stato. Uno stato inufficiale, che si regge non sul diritto internazionale e le regole delle Nazioni Unite ma sulla fede islamica di stampo sciita e le direttive dei mullah iraniani, dai quali prendono esempio in tutto e per tutto.
Il loro statuto fondamentale non è la Carta delle Nazioni Unite, ma la legge della Sharia che è ad un tempo costituzione, legge morale e codice penale. Il loro programma minimo è racchiuso nel grido di battaglia che i miliziani Houthi ripetono ossessivamente: Dio è grande! Morte all’America! Morte a Israele! Siano maledetti gli ebrei! Vittoria per l’Islam!
I Partigiani di Dio sono scesi dalle montagne del nord dello Yemen negli anni ‘90, insorgendo per il presunto abbandono della loro regione, ma con l’obiettivo non di liberare il paese dall’oppressore sunnita filo saudita ma di promuovere una teocrazia sciita. La loro guerra “civile” ha concorso in otto anni al risultato di decine di migliaia di morti e milioni di persone sull’orlo della carestia. Mentre gli occhi e non solo, del mondo libero e non solo, sono puntati sui loro attacchi nel Mar Rosso, le minacce ricorrenti alla libera circolazione delle merci e addirittura alla pace e alla sicurezza mondiali, il mondo intero appare del tutto indifferente ai loro abusi in patria, agli attacchi sistematici alla libertà di pensiero, alle intimidazioni nei confronti di chi mina l’ordine politico e morale interno. Si preoccupano dei diritti umani a Gaza, gli Houthi, e sostengono di difendere i palestinesi, ma non hanno problemi a flagellare e lapidare a morte gli yemeniti sulla base del loro orientamento sessuale o dell’identità di genere, reali o presunti che siano.
Nelle ultime settimane due tribunali gestiti dagli Houthi hanno condannato più di 45 persone a morte, alla fustigazione o al carcere per accuse relative a comportamenti omosessuali, ha riportato anche Amnesty International. Il 23 gennaio scorso, un tribunale penale di Dhamar, nel nord dello Yemen, ha condannato nove persone – di cui sette alla lapidazione e due alla crocifissione – mentre altre 23 persone sono state condannate a pene detentive variabili da sei mesi a dieci anni con accuse tra cui “omosessualità”, “diffusione dell’immoralità” e “atti immorali”. Tre video apparsi per la prima volta sui social media il 24 e 25 gennaio mostravano almeno due persone frustate in pubblico da un uomo della sicurezza in uniforme. Si ritiene che i video siano stati girati davanti alle case degli uomini e alla presenza di funzionari Houthi.
Il 1° febbraio, un tribunale di Ibb, nel sud dello Yemen, ha emesso condanne a morte contro 13 studenti e condanne alla fustigazione nei confronti di altri tre con l’accusa di “diffusione dell’omosessualità”.
Gli Houthi non si sono fatti scrupolo a mettere in giro nuovamente dei video che mostravano un giudice in un tribunale che leggeva le condanne a morte. Altri 35 “omosessuali” erano già detenuti dagli Houthi nella provincia di Ibb.
Le condanne a morte non vengono sempre eseguite dagli Houthi. Comunque, secondo un recente rapporto dell’Euro-Mediterranean Human Rights Monitor, gli Houthi hanno condannato a morte 350 persone da quando hanno preso la capitale nel 2014 e ne hanno giustiziate 11.
Gli Houthi hanno iniziato a colpire le navi del Mar Rosso dichiaratamente in segno di protesta contro la guerra tra Israele e Hamas. Al di là di pochi danni materiali, gli attacchi non hanno provocato vittime tra i loro nemici giurati, Israele, gli Stati Uniti d’America e il Regno Unito. In compenso, è aumentata la persecuzione delle persone LGBTQ+ con pene di morte, torture, arresti arbitrari, minacce e molestie di ogni tipo. Si conferma una regola di comportamento comune a tutti i regimi illiberali. Prima e oltre che una minaccia potenziale alla pace e alla sicurezza mondiale, i regimi costituiscono un pericolo attuale e incombente sui propri stessi cittadini. La guerra da loro mossa nei confronti di altri popoli non è altro che la proiezione esterna della guerra quotidiana che essi conducono all’interno, contro il loro stesso popolo.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

TORTURATO PER 18 ANNI NEL NOME DELLO STATO. LO STATO NON HA NIENTE DA DIRE?
Claudio Vitale* su L’Unità del 25 febbraio 2024

Per 18 anni, fino al 27 luglio 2023, ho vissuto, anzi, sono sopravvissuto al 41 bis, luogo per eccellenza di tortura, sofferenza, odio, violenza, dolore. Ero sepolto vivo, sottoposto a un regime penitenziario nato in nome della logica aberrante dell’emergenza, frutto di una giustizia concepita da uno Stato che vede nella terribilità della sua azione la soluzione di ogni problema.
Può uno Stato di diritto, come l’Italia ama definirsi, tollerare che la propria Costituzione sia calpestata da una legge che si pone in contrasto con l’articolo 27, quello della rieducazione, che vieta i trattamenti contrari al senso di umanità? Dell’articolo 13, che riguarda la tutela della libertà personale nella condizione di detenzione? Dell’articolo 15, che riguarda la violazione del principio di riservatezza, con riferimento al controllo sulla corrispondenza? Dell’articolo 3, che riguarda la differenza di trattamento rispetto alla detenzione ordinaria? Possono i cittadini italiani, che amano definirsi un popolo accogliente e che si scandalizzarono per quanto avveniva a Guantanamo, tollerare che nel proprio carcere vi sia un circuito differenziato dove tortura, sofferenza, odio, violenza, dolore si respirano insieme all’aria? Fino a quando l’Italia e i cittadini italiani tollereranno che le leggi che hanno stabilito quel patto di comune convivenza, permettano di torturare esseri umani?
Il 41 bis è una tortura legalizzata mascherata da legge. Una norma crudele e malvagia attraverso la quale si manifesta la faccia più crudele e malvagia dello Stato. Ho subito 18 anni di torture, torture che si sono riverberate anche sui miei familiari. Affermo senza mezzi termini che è necessario e doveroso che lo Stato italiano, le sue istituzioni, i suoi cittadini si interroghino sulla legittimità e l’opportunità dell’esistenza o abolizione del 41 bis, sull’esistenza o abolizione di un sistema che in loro nome, per loro conto, vessa, tortura, opprime degli esseri umani che sono trattati come animali da vivisezione. Per quegli animali nacque l’associazione anti vivisezione. Furono concepite leggi che vietano e puniscono i maltrattamenti e la violenza contro gli animali. Mentre si accetta e si condivide l’aberrazione che esseri umani, propri concittadini, vengano privati di ogni diritto, sottoposti a ogni tortura. Oggetto di violenza, bersagli di odio e disprezzo, sottoposti a ogni dolore, privati di umanità in nome loro e per loro conto. Si smetta di fare finta di non sapere. In Italia ci sono dei lager costituiti dalle carceri nelle quali sono presenti i reparti 41 bis, un mostro che fagocita tutto e tutti: coloro che vi sono sottoposti e le famiglie di coloro che vi sono sottoposti.
Il 41 bis ha avuto effetti nefasti anche sulla mia posizione giuridica. Sono un ergastolano e sto scontando una condanna all’ergastolo per un reato che non ho commesso. Sono innocente e ancora sto lottando per riprendermi la mia vita. Il 41 bis non mi ha permesso di avere una difesa, come previsto dalle norme, poiché i colloqui con i difensori erano pressoché inesistenti in quanto ero ubicato in carceri lontane dal luogo di residenza, Terni, Novara, Cuneo, Opera. E non potendo presenziare in Aula, ma solo tramite video, non ho potuto difendermi. La mia difesa era monca. Non solo, la sottoposizione al 41 bis ha influito anche nel pregiudizio sulla mia persona da parte da chi mi doveva giudicare. E, infatti, il pregiudizio li ha condizionati a tal punto che, dimostrata con prove alla mano la mia innocenza per i fatti contestatemi, le prove che mi scagionavano non sono stato prese in considerazione. Sono giunti a un verdetto di colpevolezza per il quale oggi sto scontando una pena a
 ll’ergastolo per un reato che non ho commesso e che mai commetterei. Il mio difensore sta preparando l’istanza di revisione del processo e spero che lo stigma dell’essere un detenuto ex 41 bis non influisca negativamente anche sulla valutazione di questa richiesta di revisione.
Rivolgo il mio appello alle istituzioni, al legislatore, ai cittadini italiani, all’opinione pubblica. Si adottino provvedimenti per umanizzare il carcere, per renderlo un luogo di recupero per chi ha sbagliato. Siano potenziati gli strumenti per favorire il mantenimento dei rapporti familiari, anche prevedendo l’istituto dell’affettività in carcere. Un pensiero e un ringraziamento particolari vanno ai miei cari che da tanti anni mi supportano, e soffrono della mia situazione. E, poi, si migliorino le condizioni di vita in cella. Nelle celle si soffre il freddo. Ci si interroghi se oggi il 41 bis debba ancora esistere o debba essere superato.
* Ergastolano, intervento al X Congresso di Nessuno tocchi Caino

ARABIA SAUDITA: 12 GIUSTIZIATI PER TERRORISMO E OMICIDIO
L'Arabia Saudita ha in questi ultimi giorni giustiziato 12 persone in due casi distinti, portando a 34 il numero delle esecuzioni praticate nel Regno da inizio 2024.
Il 28 febbraio sono stati giustiziati cinque cittadini yemeniti accusati di omicidio e rapina, hanno riferito i media statali.
Una dichiarazione del ministero degli Interni, riportata dall'agenzia di stampa ufficiale saudita, afferma che il gruppo era stato condannato per l'omicidio di un connazionale yemenita e per "formazione di una banda a scopo di furto e rapina".
Le cinque esecuzioni sono avvenute nell’Asir, regione sud-occidentale del Paese.
Secondo l’agenzia, i cinque uomini – identificati come Hassan Fatini, Ibrahim Ali, Abdullah Darwish, Abdullah Majari e Hamoud Shuai – avrebbero ammanettato la vittima, Ahmed al-Aradi, uccidendola con colpi alla testa.
L’appello dei cinque uomini era stato respinto e il verdetto era stato confermato dalla Corte Suprema saudita.
Il 27 febbraio sono state giustiziate sette persone per reati di "terrorismo", hanno riferito i media statali, il numero più alto nel Paese in un solo giorno da quando furono messi a morte 81 prigionieri nel marzo 2022.
I sette erano stati condannati per "creazione e finanziamento di organizzazioni ed entità terroristiche", ha affermato l'agenzia di stampa ufficiale saudita, citando il ministero degli Interni del Regno.
La nazionalità dei sette giustiziati non è stata rivelata, ma i loro nomi e titoli indicano che sono sauditi.
Erano stati condannati per "aver adottato un approccio terroristico che causa spargimenti di sangue, creato e finanziato organizzazioni ed entità terroristiche, e comunicato e trattato con loro con l'obiettivo di minare la sicurezza e la stabilità della società" e di mettere in pericolo la sicurezza nazionale, ha affermato l'agenzia di stampa ufficiale.
Il rapporto non fornisce ulteriori dettagli sulle accuse contro di loro.
L'Arabia Saudita, uno dei paesi più attivi al mondo nell'applicazione della pena capitale, ha messo a morte un totale di 170 persone nel 2023.
Tra le persone giustiziate lo scorso anno figurano 33 persone accusate di crimini legati al terrorismo e due soldati condannati per tradimento.
Nel mese di dicembre, il mese più mortifero del 2023, ci sono state 38 esecuzioni.
Le autorità saudite ritengono che le esecuzioni siano necessarie per “mantenere l'ordine pubblico” e che siano compatibili con la loro interpretazione della Sharia, il codice di diritto islamico basato sugli insegnamenti del Corano.
Gli attivisti sostengono che il continuo ricorso della pena capitale da parte di Riad danneggi gli sforzi del principe ereditario Mohammed bin Salman, sovrano di fatto, di trasformare il più grande esportatore di petrolio greggio del mondo in un centro commerciale e turistico.
Le esecuzioni minano l’immagine di una società più aperta e tollerante che è al centro del programma di riforme Vision 2030 del Principe Mohammed, sostengono gli attivisti.
(Fonti: AFP, 27/02/2024; AFP, 29/02/2024; EFE, 29/02/2024)

SINGAPORE: IMPICCATO CITTADINO DEL BANGLADESH PER OMICIDIO
Singapore il 28 febbraio 2024 ha impiccato un cittadino del Bangladesh che era stato riconosciuto colpevole di omicidio, ha comunicato la polizia, nella prima esecuzione effettuata quest'anno nella città-stato.
"La condanna a morte comminata ad Ahmed Salim è stata eseguita il 28 febbraio 2024", ha affermato in un comunicato la polizia di Singapore.
Il 35enne era stato condannato a morte nel dicembre 2020 per l'omicidio della sua ex fidanzata, ha detto la polizia.
Gli "è stato concesso un completo processo secondo legge e ha avuto accesso a un consulente legale durante tutto il procedimento", ha aggiunto.
I ricorsi di Ahmed davanti alla Corte d'appello e la richiesta di clemenza al Presidente di Singapore sono stati respinti.
Si tratta della prima esecuzione capitale a Singapore di quest'anno, ha affermato il gruppo locale contro la pena di morte Transformative Justice Collective (TJC).
In precedenza, almeno 16 persone sono state impiccate dopo che Singapore ha ripreso le esecuzioni nel 2022, tutte per traffico di droga.
C’è stata una pausa di due anni durante la pandemia di Covid-19.
La vittima di Ahmed era una collaboratrice domestica indonesiana di nome Yati, ha reso noto il TJC.
"L'esperto psichiatrico dello stato ha scoperto che Ahmed era affetto da un disturbo dell’adattamento quando ha ucciso Yati", ha detto TJC.
Il disturbo "comporta reazioni eccessive e intense e cambiamenti di comportamento legati a un evento stressante, travolgendo la capacità della persona di farvi fronte", si legge.
Il TJC ha anche affermato che sia l'accusa che la difesa "hanno concordato che lui (Ahmed) avesse una 'anomalia mentale', ma il tribunale ha stabilito che ciò non fosse sufficiente per sostenere una difesa di ridotta responsabilità".
Le Nazioni Unite, i gruppi per i diritti umani e altri oppositori della pena capitale affermano che questa pratica non abbia alcun effetto deterrente dimostrato e ne chiedono la sospensione.
I funzionari di Singapore insistono sul fatto che la pratica ha invece contribuito a rendere il Paese uno dei più sicuri dell’Asia.
"La pena capitale viene applicata a Singapore solo per i crimini più gravi, che causano gravi danni alla vittima o alla società", ha ribadito la polizia nella sua dichiarazione.
(Fonte: Afp, 28/02/2024)

USA: IVAN ABNER CANTU GIUSTIZIATO MENTRE L’ESECUZIONE DI THOMAS EUGENE CREECH È STATA SOSPESA
Ivan Abner Cantu, 50 anni, bianco, è stato giustiziato il 28 febbraio 2024 in Texas mentre, lo stesso giorno, l'Idaho ha sospeso l'esecuzione di Thomas Eugene Creech dopo 8 tentativi falliti di inserire la flebo.
Cantu ha sostenuto fino all’ultimo la sua innocenza, raccogliendo il sostegno di alcune celebrità che hanno chiesto che gli venisse risparmiata la vita.
Il caso di Cantu ha attirato l'attenzione delle celebrità Kim Kardashian e Martin Sheen, oltre che dei parlamentari degli Stati Uniti Ayanna Pressley (D-Mass.) e Joaquin Castro (D-Tex.), che hanno tutti sostenuto Cantu.
Nonostante i crescenti dubbi sulla sua colpevolezza, Cantu è stato giustiziato a Huntsville con un'iniezione letale, in una piccola stanza nota come camera della morte, con le sue pareti verde acqua e la barella con le cinghie.
L'esecuzione di Cantu era stata recentemente sospesa in aprile. All'epoca, due dei giurati che avevano condannato Cantu avevano presentato dichiarazioni con dubbi sul caso.
Il 27 febbraio, sia la corte d'appello del Texas che quella federale hanno respinto le richieste di sospensione di Cantu.
Il 28 febbraio, l'avvocato di Cantu, Gena Bunn, aveva dichiarato che non avrebbe presentato un ulteriore ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti.
Cantu era stato condannato nel 2001 per aver sparato e ucciso suo cugino, il 27enne James Mosqueda, e la fidanzata di Mosqueda, la 22enne Amy Kitchen, nella loro casa, il 4 novembre 2000.
L'accusa sostiene che Cantu abbia ucciso i due mentre cercava di rubare droga e denaro a Mosqueda, che era uno spacciatore.
Amy Boettcher, la fidanzata di Cantu all'epoca dei fatti, ha testimoniato che Cantu aveva rubato e poi si era sbarazzato del Rolex di Mosqueda, ma l'avvocato di Cantu ha dichiarato che l'orologio è stato poi ritrovato dalla famiglia di Mosqueda. (L'orologio è stato fotografato dall'investigatore privato Matt Duff, che ha pubblicato un podcast sul caso, "Cousins by Blood"). Boettcher ha anche detto ai giurati che Cantu le ha chiesto di sposarlo la sera degli omicidi con un anello di fidanzamento rubato a Kitchen, ma l'avvocato di Cantu ha scritto nei documenti del tribunale che i testimoni affermano che la coppia aveva annunciato il fidanzamento e mostrato l'anello una settimana prima degli omicidi.
Boettcher aveva anche dichiarato che Cantu aveva gettato i suoi vestiti insanguinati in un bidone della spazzatura la notte degli omicidi. Tuttavia, gli avvocati di Cantu hanno a lungo messo in dubbio questa affermazione, rilevando che un agente di polizia che si era recato nell'appartamento il giorno successivo non aveva visto i vestiti, che sono stati scoperti solo diversi giorni dopo.
Nel 2009, i test sugli indumenti non hanno potuto dimostrare in modo definitivo la presenza del DNA di Cantu.
Jeff Boettcher, fratello di Amy, aveva testimoniato che Cantu aveva detto di aver pianificato di uccidere Mosqueda. Ma in seguito Boettcher ha dichiarato a un investigatore del procuratore distrettuale nel 2022 che "mentiva" e, secondo i documenti del tribunale, non era un testimone credibile a causa della sua storia di abuso di droga.
Gli avvocati della difesa hanno scritto che i pubblici ministeri "hanno omesso di rivelare le prove che avrebbero potuto essere usate per mettere in dubbio la credibilità" di Amy Boettcher, che all'epoca, secondo i legali, aveva ammesso di essere una consumatrice quotidiana di droga. Gli avvocati sostengono inoltre che l'ammissione del fratello Jeff di aver mentito alla sbarra significa che a Cantu è stato negato il giusto processo.
La Kardashian, che negli ultimi anni si è dedicata alla clemenza, ha chiesto al governatore del Texas Greg Abbott (R) di concedere una sospensione di 30 giorni a Cantu.
"Esortatelo a usare il suo potere per concedere il tempo necessario a valutare nuove prove nel caso di Ivan, per evitare che il Texas giustizi un uomo condannato ingiustamente", ha twittato il 28 febbraio ai suoi 75 milioni di follower.
Sheen e l'attivista contro la pena capitale Suor Helen Prejean sono apparsi sulla CNN per sostenere la causa della salvezza di Cantu.
Oltre ai sostenitori di alto profilo, tre giurati che hanno condannato l'uomo si sono espressi a favore di una sospensione dell'esecuzione nel caso di Cantu.
Jeff Calhoun, presidente della giuria che ha condannato Cantu nel 2001, ha dichiarato al Texas Tribune che la testimonianza dei Boettcher è stata quella di maggior impatto per la giuria. Il fatto che la loro testimonianza sia stata messa in serio dubbio lo ha spinto a chiedere ad Abbott di fermarsi e indagare.
Una petizione che chiedeva di risparmiare la vita di Cantu ha raccolto più di 150.000 firme, mentre i social media si sono riempiti di messaggi che chiedevano ad Abbott un gesto di clemenza. Tra i messaggi, anche quello dell'ambasciatore dell'Unione Europea negli Stati Uniti Jovita Neliupšienė.
Abbott non è intervenuto.
La mattina del 28 febbraio, Cantu è stato trasportato dalla Polunsky Unit di Livingston all'Huntsville Unit - un viaggio di 44 miglia. Una volta lì, è rimasto in una cella di detenzione fino alle 18.00, quando è stato accompagnato alla camera di esecuzione.
Mentre i testimoni guardavano attraverso una finestra per vedere Cantu esalare l'ultimo respiro, il 50enne ha sostenuto la sua innocenza mentre si rivolgeva alle famiglie Kitchen e Mosqueda, aggiungendo di non credere che la sua esecuzione avrebbe portato alle famiglie alcuna ‘chiusura’ o pace.
Cantu ha poi ringraziato la madre, la famiglia, gli amici e i sostenitori.
Suor Prejean era al suo fianco mentre l'iniezione letale iniziava a scorrere nelle sue vene.
La morte di Cantu è stata annunciata dai funzionari alle 18.47 (le 1,47 del mattino del 29 febbraio in Italia).
Cantu è stato il primo uomo giustiziato in Texas quest'anno, il 587° in totale da quando il Texas ha ripreso la pena capitale nel 1982, il 2° negli Stati Uniti messo a morte quest'anno e il 1.584° in totale da quando il Paese ha ripreso le esecuzioni nel 1977.
Sempre il 28 febbraio, l'Idaho ha sospeso l'esecuzione di Thomas Eugene Creech dopo 8 tentativi falliti di inserire la flebo.
Creech, 73 anni, bianco, è stato portato nella camera di esecuzione dell'Idaho Maximum Security Institution su una barella alle 10 del mattino.
Tre membri dell'équipe medica hanno tentato otto volte di inserire una flebo, ha dichiarato il direttore del carcere Josh Tewalt in una conferenza stampa. In alcuni casi non sono riusciti ad accedere alla vena, in altri ci sono riusciti ma avevano dubbi sulla qualità della vena. Hanno tentato di raggiungere vene nelle braccia, nelle gambe, nelle mani e nei piedi del detenuto. A un certo punto, un membro dell'équipe medica si è allontanato per reperire altro materiale.
Alle 10:58 il direttore del carcere ha annunciato che avrebbe interrotto l'esecuzione.
Si sarebbe trattato della prima esecuzione nello stato da 12 anni.
Creech è considerato un serial killer, ed è in carcere dal novembre 1974, quasi 50 anni.
(Fonte: Associated Press, 28/02/2024; Washington Post, 28/02/2024)

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