Nessuno tocchi Caino - SEI STATO ASSOLTO PER MAFIA? TI CONFISCO IL PATRIMONIO PER MAFIA. QUANDO PREVENIRE È PEGGIO CHE PUNIRE

 Nessuno tocchi Caino news

Anno 24 - n. 31 - 03-08-2024

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

SEI STATO ASSOLTO PER MAFIA? TI CONFISCO IL PATRIMONIO PER MAFIA. QUANDO PREVENIRE È PEGGIO CHE PUNIRE

NEWS FLASH

1. ISTITUIRE OVUNQUE ‘COMMISSIONI CARCERI’ DELLE CAMERE PENALI PER SORVEGLIARE E DISINNESCARE LE SITUAZIONI DI DISAGIO DOVUTE AL SOVRAFFOLLAMENTO
2. SERGIO D’ELIA: ‘DL CARCERI RIDICOLO, NON RISOLVERÀ SUICIDI E SOVRAFFOLLAMENTO. NORDIO SI ASSUMA RESPONSABILITÀ’
3. ARIANO IRPINO: 5 AGOSTO VISITA AL CARCERE E CONFERENZA
4. BIELORUSSIA: LUKASHENKO GRAZIA TEDESCO CHE ERA STATO CONDANNATO A MORTE




SEI STATO ASSOLTO PER MAFIA? TI CONFISCO IL PATRIMONIO PER MAFIA. QUANDO PREVENIRE È PEGGIO CHE PUNIRE
Francesco Morelli*

Il dibattito sulle misure di prevenzione patrimoniali sembra avviluppatosi in una spirale di complessità tecnica sorprendente. Alte Corti interne ed europee se ne occupano e se ne occuperanno presto, ma ad ogni livello, anche scientifico, la ricostruzione di quel sistema sembra aver abbandonato lo stadio della fondazione primaria per dirigersi verso la spiegazione dei più complessi dettagli tecnici. Si scontrano quindi vivacemente posizioni opposte, espresse con argomenti contorti e assai specifici, ma giace oramai sullo sfondo la premessa fondamentale del discorso. Una premessa, va detto, non facile finanche da rintracciare.
Non è più una questione, principalmente, di garanzia dei diritti individuali. Se lo fosse si partirebbe da lì, dalla verifica sulla tenuta dei diritti davanti al sistema di tutela preventiva.
La priorità dei diritti individuali nelle nostre democrazie, oramai deflesse, non sembra la prima preoccupazione del legislatore e, cosa ancor più allarmante, di nessuna giurisdizione.
Non è una questione di fondazione teorica dell’impianto normativo. Da un lato, tutta la giurisdizione ignora sistematicamente l’ampiezza della proposta scientifica, facendone serenamente a meno, dall’altro gli stessi studiosi hanno oramai perso il conforto degli assiomi condivisi.
Non è poi, certamente, un problema di analisi normativa. Il significato dei testi normativi e della gerarchia tra le fonti dell’ordinamento è completamente sfumato. È da tempo che le semplici “parole della Costituzione” non impediscono soluzioni volte a realizzare obiettivi corrispondenti a valori (magari arbitrariamente tratti dalla medesima Costituzione) che per prevalere necessitano di abbattere il significato elementare di un testo, o la sua preminenza normativa rispetto ad altre disposizioni. È il momento dei progetti e di chi riesce ad imporli e la parola non è più un limite. Mala tempora currunt, si dirà… ma tant’è.
E proviamo allora con la logica formale. Il dibattito odierno sulle misure patrimoniali di prevenzione sembra un esempio tipico di quanto descritto dal motto scolastico ex falso quodlibet sequitur. Da premesse false (logicamente false quindi, più precisamente, contraddittorie) può scaturire qualsiasi cosa. L’impressione oggi è che ci stiamo occupando, da anni, solo di un quodlibet, un immenso, assurdo, sconfinato quodlibet. Il presupposto è semplice: chi sia indiziato di un reato o di attività delittuose può subire la confisca dei beni senza essere stato condannato per quei fatti di cui è sospettato. E, tuttavia, qualche precisazione va fatta.
È falso, ossia contraddittorio, che un soggetto possa essere innocente rispetto ad un fatto per la giurisdizione penale, epperò possa risultare non-innocente riguardo al medesimo fatto a seguito di un procedimento di prevenzione. È logicamente inaccettabile, ed è normativamente impedito dalla presunzione costituzionale d’innocenza, per cui un soggetto è colpevole d’un reato solo a seguito di sentenza di condanna definitiva emessa dalla giurisdizione penale.
È falso, ossia contraddittorio (oltre che aberrante), che un soggetto possa “appartenere” all’associazione mafiosa ma non parteciparvi, e quindi non commettere alcun reato pur appartenendo al sodalizio, ma esser pericoloso e meritevole d’impoverimento forzato. Come s’appartenga senza partecipare non si coglie, ma comunque è certo che se qualcuno appartiene alla organizzazione criminale, e lo si prova, esistono svariate, amplissime, inesorabili fattispecie penali che rendono la sua condotta meritevole di pena, basti pensare al concorso esterno (una curiosità: il Governo saprà giustificare davanti alla Corte EDU la scelta dell’ordinamento italiano di non punire penalmente la mera “appartenenza” alla mafia, senza apparire un simpatico mattacchione?).
È falso, ossia contraddittorio, che i presupposti della confisca siano cosa diversa dai reati. Che si tratti di reati specificati dalla legge (associazione di stampo mafioso in testa, ma anche truffa aggravata, peculato, concussione, corruzione, il c.d. stalking) o che si tratti di reati qualsivoglia evocati con generiche attività delittuose, sempre e solo di reati si tratta. Reati che vanno accertati dalla giurisdizione penale, e che altrimenti non esistono, a meno di non accettare che lo Stato possa imputare crimini a chicchessia senza accertarli nella sede propria, violando giusto una manciata di quelle norme costituzionali che rendono sicura la vita in una società democratica.
Se volessimo smettere di rincorrere un magmatico, autoreplicantesi e velenoso quodlibet, dovremmo partire da queste premesse, discutendole, certo, epperò affrontandole con lucidità. Ma possiamo preliminarmente accettare che “innocente = non-innocente”, “appartenenza = non-appartenenza”, “reato = non-reato” rappresentano inaccettabili contraddizioni? È arrivato il momento di assumere posizioni radicali.
* Professore associato di Diritto Processuale Penale, Università di Bergamo



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

ISTITUIRE OVUNQUE ‘COMMISSIONI CARCERI’ DELLE CAMERE PENALI PER SORVEGLIARE E DISINNESCARE LE SITUAZIONI DI DISAGIO DOVUTE AL SOVRAFFOLLAMENTO
Alessandro Casano*

Lo scorso 15 luglio, la Camera penale di Marsala presieduta da Francesca Frusteri e i vertici dell’Associazione “Nessuno tocchi Caino”, in persona della presidente Rita Bernardini e del segretario Sergio D’Elia, hanno visitato il carcere di Trapani. Hanno partecipato non solo avvocati della camera penale e militanti dell’associazione radicale, ma anche il presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Marsala Giuseppe Spada e i rappresentanti di alcune associazioni forensi lilibetane.
C’erano anche magistrati, come sempre più spesso accade nelle visite agli istituti promosse da Nessuno tocchi Caino.
Molto apprezzata è stata la presenza di Chiara Pesavento, magistrato dell’ufficio di Sorveglianza presso il Tribunale di Trapani e quella di Massimiliano Alagna, giudice del Tribunale di Marsala. Nel corso della visita, abbiamo potuto constatare le condizioni, ai limiti della sopportazione, in cui vivono i detenuti (e lavorano i “detenenti”): celle sporche e sovraffollate, temperature altissime (soprattutto nelle celle esposte al sole), venti ore al giorno di reclusione totale, spazi comuni inutilizzabili, personale sanitario insufficiente, lavoro solo per pochissimi e per qualche ora al giorno.
La situazione del carcere di Trapani non è diversa da quella di tanti altri istituti penitenziari: gli attuali ritmi di crescita della popolazione detenuta – circa 500 nuovi ingressi al mese – porterà presto a una situazione analoga a quella che, nel 2013, ha indotto la Corte EDU a condannare l’Italia per violazione dei diritti umani e ad affermare che, nel nostro Paese, le condizioni dei condannati sono incompatibili con il rispetto della dignità umana e dell’inevitabile sofferenza connessa alla detenzione.
A fronte di tale drammatica situazione, che imporrebbe l’adozione di provvedimenti urgenti per ridurre il sovraffollamento e migliorare le condizioni dei detenuti, le misure adottate dal governo vanno unicamente in direzione repressiva. Il recente “decreto carcere” (D.L. 92/2024), al di là delle entusiaste dichiarazioni del Ministro Nordio e di molte testate nazionali, non ha introdotto alcuna misura concreta finalizzata all’umanizzazione delle carceri e al reinserimento dei detenuti.
L’inasprimento generalizzato delle pene e le difficoltà ad accedere alle misure alternative alla detenzione (si pensi alla quasi totale assenza di strutture preposte all’accoglimento di soggetti senza fissa dimora), sono indici del disinteresse al fenomeno del sovraffollamento e ai reali problemi del carcere. Nonostante la cronica carenza di risorse, tuttavia, è stato recentemente istituito il nuovo Gruppo Intervento Operativo (GIO) della polizia penitenziaria, specializzato nella protezione e sicurezza delle strutture penitenziarie e delle persone in caso di rivolta in carcere e in grado di intervenire entro un’ora dalla richiesta. Nessun investimento, invece, è stato destinato ai trattamenti rieducativi, alla sanità, al miglioramento della qualità della vita in carcere e ai programmi di prevenzione.
In tale drammatica situazione tornano in mente le parole di Enzo Tortora: “Quello che non si sa è che una volta gettati in galera non si è più cittadini ma pietre, pietre senza suono, senza voce, che a poco a poco si ricoprono di muschio. Una coltre che ti copre con atroce indifferenza. E il mondo gira, indifferente a questa infamia”.
La Camera penale di Marsala, preso atto dell’attuale situazione degli istituti penitenziari e considerato che le dimensioni del fenomeno vanno oltre i livelli di normale tollerabilità, ha ritenuto opportuno dare il proprio contributo per un costante e capillare monitoraggio della condizione carceraria. A tal fine, è stata istituita presso la Camera penale la “commissione carcere”, composta oltre che dal sottoscritto quale responsabile, dagli avvocati Chiara Bonafede (delegata del direttivo), Nino Rallo, Piero Marino e Monia Buffa (componenti). Sarebbe auspicabile, vista la situazione di assoluta emergenza, che analoghe commissioni venissero istituite presso tutte le camere penali territoriali per dare voce ai detenuti e, ripeto, ai “detenenti”, per sorvegliare e disinnescare le situazioni di disagio dovute al sovraffollamento, alle pietose condizioni igienico-sanitarie e alla mancanza di progettualità che, purtroppo, contraddistinguono i nostri istituti di pena.
* Responsabile Commissione Carcere della Camera penale di Marsala



SERGIO D’ELIA: ‘DL CARCERI RIDICOLO, NON RISOLVERÀ SUICIDI E SOVRAFFOLLAMENTO. NORDIO SI ASSUMA RESPONSABILITÀ’
A cura di Giulia Casula
Fanpage.it
1° agosto 2024

"L'approccio del governo alla situazione delle carceri in Italia è demenziale". A dirlo, intervistato da Fanpage.it, è Sergio D'Elia, segretario di Nessuno tocchi Caino, l'organizzazione che si occupa dei diritti dei detenuti e della lotta contro la pena di morte.
"Se non si inverte la rotta, fra qualche mese, dopo dieci anni, la Corte europea dei diritti dell'uomo condannerà nuovamente l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione che vieta la tortura e i trattamenti inumani e degradanti", dice.
La prima condanna arrivò nel 2013, con la sentenza Torreggiani. "Al tempo c'erano 65 mila detenuti", ricorda. "Stiamo arrivando agli stessi livelli".
Il sistema carcerario italiano, infatti, è ormai al collasso. "Siamo già a oltre 61 mila detenuti, ovvero persone che sono ammassate, tumulate, sotterrate in spazi che potrebbero consentire la presenza di non più di 47.000 individui", spiega D'Elia. "I numeri ci parlano di un sovraffollamento del 130%. In altre parole, ci sono 14.000 detenuti in più rispetto allo spazio di esecuzione di una pena ritenuto legale".
Se Strasburgo dovesse tornare a condannare l'Italia come in passato, ci troveremo di fronte a "un vero e proprio Stato criminale, recidivo, delinquente abituale e professionale", avverte l'ex deputato. "Tutte quelle categorie che di solito si usano per gli individui che compiono più di una volta lo stesso reato. Solo che qui si sta configurando a carico di una Repubblica".
"In questo contesto pianificare qualsiasi opera non solo di rieducazione e di reinserimento sociale, come prevede il nostro ordinamento penitenziario, non è possibile", prosegue. "Così come l'obiettivo minimo di proteggere la vita e la salute. Questa situazione rende il carcere un luogo di privazione della libertà, della vita, della salute, del senno, dei sentimenti, dei diritti umani fondamentali".
E non è un caso, infatti, che dall'inizio di quest'anno siano più di 60 i detenuti che si sono tolti la vita. "Se facciamo i conti negli ultimi 10 anni, 615 persone si sono suicidate in carcere. Se poi consideriamo anche quelle morte per cause naturali – nulla che avviene in carcere può essere considerato naturale, essendo un luogo di per sé contro natura – ci sono altre 904 persone che sono morte nelle mani dello Stato", dice il segretario. E così i numeri salgono a più di 1500. "Questa è la cifra della civiltà del nostro paese", commenta.
Com'è il confronto con l'Europa? "Sulla tutela dei diritti umani, il Consiglio d'Europa è stato chiaro: se il tasso di occupazione penale supera il 90% della sua capacità, allora si è davanti a una situazione di imminente sovraffollamento. Qualcosa di altamente rischioso rispetto al quale le autorità dovrebbero immediatamente prendere delle misure. Bene, noi in Italia siamo al 130%", risponde.
Il segretario poi, prende l'esempio del Regno Unito. "Fino maggio scorso in Uk risultava un sovraffollamento del 98%, ma sono corsi subito ai ripari. Già i conservatori di Sunak avevano avanzato proposte come forme di rilascio anticipato. In questo modo nel giro di 5-6 mesi sono usciti 10.000 detenuti dal Regno Unito", spiega. "In Italia sotto i conservatori non è uscito nessuno. C’è una mentalità volta a governare il carcere con misure tendenti a mantenere l'ordine e la sicurezza. Un carcere non sicuro è un carcere ingovernabile".
Per cercare di risolvere il problema delle carceri italiane, tra sovraffollamento, suicidi e rivolte, il Consiglio dei Ministri ha varato il Decreto Carceri, che oggi ha ricevuto il via libera del Senato prima di passare alla Camera. Tra le norme volute dal ministro della Giustizia, Carlo Nordio, c'è l'incremento del personale penitenziario, con l'assunzione di mille agenti. "Ridicolo", commenta D'Elia.
"Sulla pianta organica prevista degli agenti della polizia penitenziaria ne mancano 18.000. Questo significa che al momento in carcere ci sono 14.000 detenuti in più rispetto al numero legale e 18.000 agenti in meno. Cosa propone Nordio allora? Di assumerne mille, 500 nel 2025 e 500 nel 2026. È una presa in giro", dice ancora.
Tra le misure, anche l'aumento dei colloqui telefonici per i detenuti. "In molti Paesi nel resto d’Europa i detenuti hanno il telefono in cella, possono chiamare quando sono disperati e hanno bisogno di una voce amica. Telefonare significa mantenere vivi i rapporti con i propri cari. Questo è consentito ai fini non soltanto del diritto fondamentale all'affettività e ai rapporti familiari, ma anche per scongiurare eventi drammatici e tragici, come i suicidi", spiega.
"In questo caso l’aumento delle telefonate esclude tutti coloro che si sono macchiati di reati gravi. Peraltro, propongono qualcosa che già esiste perché i direttori degli istituti penitenziari possono esercitare la loro discrezionalità e concedere un numero maggiore di telefonate ai detenuti meritevoli", osserva.
Nessun riferimento invece, all'ampliamento dell'organico di medici, psicologi e psichiatri a supporto dei detenuti che vivono condizioni di disagio psichico. "Ormai il 30% e il 40% della popolazione detenuta è colpita da gravi patologie. Quasi un terzo dei casi sono psichiatrici", racconta. "Queste persone non dovrebbero stare in carcere. Ma ormai le carceri sono diventati campi di concentramento, manicomi e tutti quei luoghi che abbiamo abolito. L'organico dei medici in generale, degli specialisti, psicologi e psichiatri, è fortemente carente in un luogo che invece è diventato manicomio".
Allora come dovrebbe agire il governo Meloni? "Il loro approccio è demenziale. La nostra proposta di far passare il termine per la liberazione anticipata dai 45 giorni ai 60 per coloro che si sono comportati correttamente viene considerato uno svuota carceri", dice.
"Negli ultimi anni il nostro Paese ha viaggiato a un ritmo di 4500-4.700 risarcimenti per aver subito maltrattamenti in carcere e per le condizioni strutturali di degradazione. Sono 20.000 le persone che i magistrati hanno risarcito perché vivevano in carceri fatiscenti e sovraffollate. Eppure si pensa ancora alla liberazione anticipata come a una resa dello Stato", continua.
Negli scorsi giorni però, Forza Italia sembrava volersi smarcare dagli alleati con timide proposte come quelle sulla semilibertà per chi è stato condannato a una pena inferiore a 4 anni di reclusione. "Propaganda, propongono cose che già esistono", commenta l'ex parlamentare. "La proposta di FI dell'affidamento in prova per chi sconta una pena fino a quattro anni esiste già. Sono i magistrati che la devono concedere".
Un'altra proposta è quella di concedere i domiciliari ai detenuti con più di 70 anni che abbiano da scontare ancora dai 2 ai 4 anni. "Anche qui i magistrati possono decidere per chi ha superato i 70 anni di età di accordare la detenzione domiciliare al posto di quella in carcere", prosegue D'Elia che si dice "deluso da questa uscita di Forza Italia, dopo che nei giorni scorsi aveva manifestato un aperto sostegno alla nostra proposta di liberazione anticipata. Ma poi ha fatto marcia indietro allineandosi al ministro della giustizia Nordio. Così fanno la maggioranza dei forcaioli e dei giustizialisti", attacca.
Secondo D'Elia, al governo "manca la mentalità dell’emergenza, mentre si affida alla cultura della certezza della pena. Si tratta di un'idiozia", prosegue. "Se c’è qualcosa di sicuro nella nostra Costituzione è proprio l'incertezza e la flessibilità della pena.
Nel corso dell'esecuzione la pena si riduce per effetto del buon comportamento, delle misure alternative, dei benefici", spiega.
Per il segretario sono due le misure più urgenti che il governo dovrebbe adottare. In primo luogo, "la liberazione anticipata speciale per dare un ristoro a detenuti e detenenti che durante la pandemia non hanno potuto incontrare in presenza i loro familiari né partecipare ad attività e corsi scolastici", dice.
In secondo, "la liberazione anticipata ordinaria. Ad esempio, far passare da 45 a 75 giorni per il rilascio anticipato negli ultimi due anni e mezzo avrebbe consentito di far uscire 5000-6000 persone rispetto alle 14 mila di troppo di ora", osserva. "La proposta di legge di Roberto Giachetti (Italia Viva, ndr) e Rita Bernardini (presidente di Nessuno Tocchi Caino, ndr) prevede proprio questo", dice. "Chiediamo di elevare da 45 a 60 giorni la detrazione di pena per il rilascio anticipato al fine di governare le carceri, mantenere l'ordine ed evitare il collasso del sistema penale".
"Della situazione carceraria attuale – conclude il segretario – non è responsabile il capo del Dap, tantomeno gli agenti ma il ministro della Giustizia. Se chi ha il potere di decidere per via politica e legislativa non fa nulla per scongiurare fenomeni come il trattamento inumano e degradante o la tortura, è responsabile di quei fatti", chiude.



ARIANO IRPINO: 5 AGOSTO VISITA AL CARCERE E CONFERENZA
Grande Satyagraha 2024
Forza della verità sulla condizione delle carceri

Lunedì 5 agosto 2024
Ore 10:00
Visita al Carcere

Ore 13:30
Conferenza
Carcere di Ariano Irpino

Partecipano
Rita BERNARDINI I Maria Rosaria CASABURO I Samuele CIAMBRIELLO I Laura CANCELLIERI I Sergio D'ELIA I Alessandro GARGIULO I Giovanna PERNA I Vincenzo IMPROTA I Bruno GAMBARDELLA I Arcangelo ZARRELLA I Alfonso Maria GALLO I Aniello MANCUSO I Giovanni PALMA I Costantino PUOCCI I Flavio Luigi ROMITO I Elisabetta ZAMPARUTTI

Info 335 8000577



BIELORUSSIA: LUKASHENKO GRAZIA TEDESCO CHE ERA STATO CONDANNATO A MORTE
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko il 30 luglio 2024 ha concesso la grazia a un cittadino tedesco che era stato condannato a morte con accuse di terrorismo.
Non è chiaro se la decisione di Lukashenko significhi che la pena capitale sarà sostituita dall'ergastolo per Rico Krieger, come di solito avviene in Bielorussia in questi casi, o se verrà rilasciato.
Il canale Telegram che riporta le decisioni di Lukashenko non ha fornito dettagli.
Il Ministero degli Esteri tedesco ha confermato che l'uomo è stato graziato e ha affermato che "questa notizia è un sollievo". Non ha fornito dettagli.
In precedenza, sempre il 30 luglio, Lukashenko aveva convocato una riunione per discutere l'appello di Krieger, che era stato riconosciuto colpevole e condannato alla pena capitale a giugno.
L'avvocato di Krieger, Vladimir Gorbach, che ha preso parte alla riunione, ha detto alla TV di stato bielorussa che Lukashenko ha affermato che avrebbe preso in considerazione la richiesta di grazia di Krieger e annunciato la sua decisione in seguito.
Krieger è in carcere dal momento del suo arresto, avvenuto nell'ottobre 2023.
I media statali bielorussi hanno riferito che è stato accusato di aver fotografato alcune strutture militari del Paese e di aver organizzato un attentato esplosivo in una stazione ferroviaria, su ordine dei servizi speciali ucraini.
La Bielorussia è l'unico paese in Europa a eseguire la pena di morte.
Gli attivisti per i diritti umani evidenziano che le accuse contro Krieger sono arrivate nel mezzo di una dura repressione politica in Bielorussia. Più di 35.000 persone sono state arrestate e migliaia sono state picchiate sotto custodia della polizia in una brutale repressione delle proteste innescate dalla rielezione di Lukashenko, in un voto presidenziale dell'agosto 2020 che l'opposizione ha ritenuto essere una farsa.
Pavel Sapelka, membro del gruppo per i diritti umani bielorusso Viasna, ha affermato che Krieger potrebbe essere caduto vittima di un inganno da parte della principale agenzia di sicurezza bielorussa, che ha ancora il suo nome sovietico KGB, osservando che alcuni bielorussi sono stati condannati per osservazioni fatte su chat create da agenti del KGB che si spacciavano per ucraini.
(Fonte: AP, 30/07/2024)


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