Paolo Benvegnù/Scisma, i due soliti quotidiani spazzatura anche del 2024 - Piccola rassegna stampa numero 105 - Cecilia Sala/Daniele Capezzone
Ho saputo da poco della morte di Paolo Benvengnù. Mi dispiace tantissimo perchè gli Scisma sono stati una delle band italiane che hanno segnato di più la mia adolescenza. Rosemary Plexiglas è uno dei dischi italiani e non solo che ho letteralmente divorato e che ha anche influenzato i miei scritti. Un disco incredibile.
Sono un lettore fedele de Il Foglio e sono rimasto molto toccato dal sequestro di Cecilia Sala. Sulla vicenda ha ragione da vendere Daniele Capezzone, alla faccia di tutta i sinistrati e compagnia bella, e in questi anni fra i pochi che non hanno mai taciuto di fronte agli orrori della Repubblica islamica dell'Iran c'è stato sicuramente il Partito Radicale:
"Cecilia Sala, Capezzone: "I compagni non trovano l'indirizzo degli ayatollah"
"A scanso di equivoci e divagazioni, tanto vale partire da un indirizzo fisico ben preciso: Roma, Via Nomentana 361. Si trova lì la sede dell’ambasciata in Italia della Repubblica islamica dell’Iran,
ed è – appunto – lì che vive e opera la rappresentanza diplomatica del
regime dittatoriale teocratico che, oltre a opprimere il proprio popolo,
oltre ad avvelenare il Medio Oriente (con lo zelante contributo di Hamas, Hezbollah, Houthi),
oltre a segregare le donne, oltre a perseguitare gli oppositori e i
dissidenti, oltre a rovinare la vita alle minoranze sessuali, da una
decina di giorni – come ultimo dei suoi atti di prepotenza e arbitrio –
tiene sequestrata la nostra concittadina Cecilia Sala. E allora – vale per le anime belle della sinistra e per ogni persona
di buona volontà – è lì, a via Nomentana 361, che dovrebbe tenersi una
grande manifestazione con lo striscione #CeciliaLibera (o se preferite #FreeCecilia).
Del resto, tante altre volte la stessa compagnia di giro è stata
lestissima a organizzare piazzate e chiassate sempre a Roma ma in Via
Veneto (civico 121, per gli amanti della precisione), sede
dell’ambasciata Usa.
Lo scriviamo con tanto di indirizzo e numero civico giusto (Via
Nomentana 361, non Via Veneto 121) perché abbiamo la sensazione che
diversi partecipanti al dibattito politico e giornalistico di queste ore
abbiano smarrito non solo il navigatore della loro auto, ma pure un
minimo di bussola politica. Sentiamo parlare degli Stati Uniti, come se il sequestro di Cecilia
Sala fosse dipeso o dipendesse da Washington. Sentiamo parlare di
libertà di stampa, ed è sempre utile farlo: ma in questo caso – ahinoi –
siamo davanti a un sequestro che ha il chiaro scopo di trasformare una
cittadina italiana in un prezioso ostaggio per il regime che la
trattiene, del tutto indipendentemente dal contenuto dell’attività
giornalistica della Sala. E ancora sentiamo un confuso e vago vociare
rivolto al governo (incluse manifestazioni curiosamente convocate
davanti alle prefetture di città italiane): come se l’esecutivo non
stesse facendo abbastanza. Delle due l’una: o chi agisce così lo fa consapevolmente, e dunque sposta dolosamente l’obiettivo (l’America, la Meloni, il giornalismo),
oppure lo fa senza rendersi conto del cuore della questione. E cioè che
abbiamo a che fare con una dittatura spietata e ora anche traballante,
che non si fa scrupolo alcuno, e sequestra una persona con l’obiettivo
di farne merce di scambio per un ricatto internazionale. Dunque, chiunque abbia conservato un minimo di onestà internazionale
deve rivolgersi a Teheran, deve protestare contro l’Iran, contro il
dittatore Khamenei e i suoi terribili pasdaran.
Si tratta dei signori che, nel loro feroce odio contro Israele (che
vorrebbero cancellare dalla faccia della terra), hanno alimentato e
sostenuto le filiere terroristiche di Hamas e Hezbollah, ora
spettacolarmente decapitate da Gerusalemme. Peccato che, nelle città occidentali (incluse quelle degli Usa),
abbiamo assistito per mesi a decine e decine di manifestazioni
ammiccanti verso Hamas e verso il fondamentalismo islamico. Al punto –
atroce beffa – che qualche mese fa proprio l’ayatollah Khamenei si tolse
lo sfizio di ringraziare gli studenti e i professori delle università
occidentali. Il macellaio-capo dell’Iran, dal suo profilo su X, «in nome del Dio
compassionevole e misericordioso», scrisse proprio a loro: «Cari
studenti universitari negli Stati Uniti d’America, questo messaggio è
un’espressione di empatia e solidarietà con voi». E ancora: «Voi state
dalla parte giusta della storia», «avete formato un ramo del Fronte
della Resistenza e avete cominciato un’onorevole lotta a dispetto della
spietata pressione del vostro governo che supporta apertamente i
sionisti». Gran finale: «Il supporto e la solidarietà dei vostri professori di
fronte alla brutalità della polizia è uno sviluppo consequenziale. Anche
io simpatizzo con voi giovani, e apprezzo la vostra perseveranza».
Rileggendo quelle righe, si coglie la tragica beffa, lo sberleffo
insanguinato. Magari, nello stesso minuto in cui quel tweet fu lanciato,
altri studenti e studentesse iraniani saranno stati oggetto di violenza
e repressione per ordine dei pasdaran, altre donne saranno state
segregate, altre adultere lapidate, altri omosessuali orrendamente
puniti e perseguitati. Ma intanto la guida suprema si divertiva a seminare zizzania in un
Occidente che tuttora crede (e chissà che non abbia ragione, almeno su
questo) senza bussola e senza princìpi, incapace di distinguere tra
democrazia e terrore, e dunque luogo ideale per immettere e far
circolare altri veleni. È esattamente quell’uomo che ora sequestra Cecilia Sala. È quell’uomo
che guida il regime che l’ha incarcerata. Ed è a lui – non ad altri –
che occorre indirizzare il nostro sdegno, la nostra protesta, e la
nostra volontà di rivedere libera la nostra giovane concittadina.
Nessuno sbagli indirizzo, per favore.
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Ecco qui la mia piccola rassegna stampa numero 105 che dà inizio a quest'anno:
- "Anna Paola Concia: "Vedo poca indignazione nella sinistra. In troppi sono abituati a coccolare l'islam" di Hoara Borselli (Il Giornale)
- "Venticinque anni di Putin: intervista ad Anna Zafesova" di Ada Pagliarulo (Radio Radicale)
- "Quando la condanna non basta più. Il ritorno del supplizio" di Maurizio Crippa (Il Foglio)
- "Il nuovo codice della strada: sanzioni improbabili non fanno i trasporti efficienti" (Istituto Bruno Leoni)
- "DDl sicurezza: cosa cambierà?" di Andrea Bitetto (Prisma)
- "Il gip: scarceratelo e fatelo curare. Ma è ancora in cella" di Damiano Aliprandi (Il Dubbio)
- "NON SI FERMA L’ONDATA DEI SUICIDI IN CARCERE" di Luigi Mollo (l'Opinione delle Libertà)
- "Mandic: dal carcere alla pediatria con tanti doni" (Merateonline)
- "Accordo con l’UE, la stampa teme il dibattito politico interno" (Swissinfo)
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E anche quest'anno vincono il premio Quotidiano Spazzatura: La Verità e Il Fatto Quotidiano. Anche se sul quotidiano diretto da Belpietro scrive la mia amatissima Camilla Conti.
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