NESSUNO TOCCHI CAINO - CON NESSUNO TOCCHI CAINO PER UN ALTRO ANNO DI VITA, DI DIRITTO, DI LIBERTÀ

 

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 25 - n. 1 - 04-01-2025

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

CON NESSUNO TOCCHI CAINO PER UN ALTRO ANNO DI VITA, DI DIRITTO, DI LIBERTÀ

NEWS FLASH

1. IL NOSTRO STATO DI DIRITTO È UNA CLESSIDRA SENZA SABBIA
2. ZIMBABWE: ABOLITA LA PENA DI MORTE
3. ARABIA SAUDITA: 330 PERSONE GIUSTIZIATE NEL 2024
4. VIETNAM: 27 CONDANNATI A MORTE PER TRAFFICO DI DROGA




CON NESSUNO TOCCHI CAINO PER UN ALTRO ANNO DI VITA, DI DIRITTO, DI LIBERTÀ
Rita Bernardini - Sergio D’Elia - Elisabetta Zamparutti

L’anno 2024, per noi, si è concluso così come era iniziato, e il nuovo anno, il 2025, è iniziato così come il vecchio si è concluso: impegnati nell’opera laica di misericordia corporale del “visitare i carcerati”. Mai distrarsi un attimo dal carcere! aveva ammonito Marco Pannella prima di andarsene.
Occorre continuare a osservare, a conoscere, a far sapere la realtà di un luogo, perché quel luogo è la parte per il tutto, di tutto quel che è la nostra società. In quel microcosmo si riflette, si vive il bene e il male del mondo intero, si misura il grado del nostro essere civili, umani, giusti.
Mentre scriviamo, nell’ultimo giorno di un anno orribile per questo mondo dimenticato, sappiamo che 89 detenuti si sono tolti la vita, che si sono suicidati anche 8 “detenenti”, che altre 156 persone sono morte per altre cause, molte di “morte naturale”, semmai può essere certificato come naturale quel che avviene in un luogo di privazione della libertà.
Queste cifre, mai registrate nella storia del carcere penale del nostro paese, descrivono la realtà di un luogo che non è più, semmai è stato, solo di privazione della libertà. Perché la pena inflitta è corporale, la perdita è totale: in carcere, a mancare sono i sensi fondamentali e i più significativi contatti umani, a venire meno è la salute, il senno e financo la vita. La realtà del carcere è arrivata ormai a coincidere con il significato letterale della parola che dall’aramaico “carcar” – sotterrare, tumulare – trae origine. “Cimiteri dei vivi”, così, Filippo Turati definiva le carceri oltre un secolo fa! In questi “camposanti” sono ammucchiati sessantatremila esseri viventi, sedicimila in più rispetto alle “tombe” legalmente disponibili. Mentre i “camposantieri” addetti alla dovuta sorveglianza dei luoghi e alla cura sacra dei corpi, sono diciottomila in meno.
Come Nessuno tocchi Caino, abbiamo visitato negli ultimi due anni oltre duecentoventi istituti di pena. Lo abbiamo fatto spesso insieme agli avvocati delle Camere penali, dei Consigli dell’ordine, del Movimento forense, ai garanti dei detenuti, insieme anche a magistrati, parlamentari, sindaci e consiglieri comunali.
In quest’opera siamo lieti di avere incontrato anche uno straordinario compagno di viaggio: Papa Francesco. Il Papa che nei giorni di Natale ha compiuto un atto non solo simbolico, ma anche politico. Con l’apertura della porta santa in un luogo chiuso, dimenticato da Dio e dagli uomini, Francesco ha aperto le porte della vita, dell’amore, della speranza all’intera comunità penitenziaria, la comunità dei detenuti e dei “detenenti”. In tutto il suo messaggio a Rebibbia risuona il motto di Paolo di Tarso: Spes contra spem. È il motto che ha ispirato la visione e l’azione di Marco Pannella, il suo modo di pensare, di sentire e di agire nella vita e nella lotta politica.
Con Papa Francesco condividiamo anche la via indicata al potere pubblico, al parlamento, al governo. La via della Amnistia e dell’Indulto.
Sono la riforma necessaria e urgente per ridurre il danno connaturato a un istituto strutturalmente volto a infliggere dolore e sofferenze gravi. Sono la soluzione politica, immediata, di per sé strutturale, per ridurre il carico di pena in un luogo dove sono sotterrati esseri viventi che lo abitano e ci lavorano, detenuti e detenenti, vittime gli uni e gli altri di condizioni inumane e degradanti. Sono la via maestra per condurre lo Stato al rispetto della sua stessa Costituzione. Perché “dove c’è strage di Diritto c’è strage di popoli”. Quanto appare vera oggi questa locuzione di Pannella che solo qualche anno fa appariva eccessiva anche ad alcuni radicali.
Alla fine dell’anno appena passato, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato la Decima Risoluzione per la Moratoria universale delle esecuzioni capitali, la battaglia storica di Nessuno tocchi Caino per superare la contraddizione di uno Stato che in nome di Abele diventa esso stesso Caino. Aiutaci nell’anno appena iniziato a superare altri regimi autoritari e illiberali vigenti in Italia e nel mondo, quelli penali e penitenziari, ma anche quelli detti “di prevenzione”, che spesso si rivelano essere più illiberali e punitivi di quelli processuali penali.
“Spes contra spem è il vento dello spirito che muove il mondo”, aveva scritto Marco in una lettera struggente, la sua ultima prima di andarsene, proprio a Papa Francesco. “Spes contra spem” è il motto che, dal 2019, campeggia nel simbolo della nostra associazione affianco alla scritta “Nessuno tocchi Caino”. Per noi indica un modo d’essere, più che di fare politica. Vuol dire cercare di vivere nel modo e nel senso in cui vogliamo accadano le cose. Ti chiediamo di essere anche tu speranza, di dare corpo anche quest’anno – con la tua iscrizione a Nessuno tocchi Caino – a un altro Anno di Vita, di Diritto, di Libertà.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IL NOSTRO STATO DI DIRITTO È UNA CLESSIDRA SENZA SABBIA
Fabio Falbo*

Si è scoperto con sommo stupore come la legge non è uguale per tutti, forse neanche il rispetto della Costituzione, se si pensa che nessun organo o potere, ad eccezione del Presidente della Repubblica – attraverso l’istituto della grazia o con l’istituto della revisione – può cancellare o sterilizzare gli effetti di una sentenza che, tra l’altro, riguarda reati di una gravità estrema come la tortura. Ebbene, nel nostro Stato italiano questo fenomeno si è verificato con un’evidenza che dovrebbe spaventare tutti e con una semplicità, ove si consideri la complessa burocratizzazione del nostro sistema che ci impone delle riflessioni allarmanti.
Lo Stato italiano è stato condannato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con l’emissione della sentenza “Torreggiani contro Italia”. Non solo il nostro Stato è rimasto impunito nei soggetti che sicuramente ne hanno determinato o concorso alla causa, ma tantomeno poteva porre rimedio al sovraffollamento concedendo la detrazione di pena pari a 1 giorno per ogni 10 giorni di carcere o anche disporre risarcimento del danno pari a Euro 8 per ogni giornata trascorsa in condizioni di detenzione inumane e degradanti.
Si evince come lo Stato italiano, a fronte di una condanna per reati gravi, anziché provvedere, come succede per ogni comune cittadino, all’individuazione dei responsabili a vario titolo, ha arbitrariamente deciso per un’amnistia irrituale, in spregio a ogni norma democratica e codicistica, decidendo, pur senza una causa di estinzione del reato, di rinunciare a perseguirlo. A questo punto, per coerenza, non avrebbe neanche dovuto predisporre alcun meccanismo risarcitorio.
Nonostante la CEDU abbia accertato la lesione dei diritti soggettivi della persona detenuta, lo Stato italiano infischiandosi della condanna subita si è autoapplicata una forma di amnistia legalizzata, di certo non disposta con legge dello Stato o votata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera. Oltre ad aver fatto estinguere il reato, ha fatto capire che il reato non è stato commesso, tanto è vero che non vi sono stati colpevoli per quelle responsabilità collettive che non sono intervenute a impedire – il che equivale a cagionare per ogni comune cittadino – i suicidi, le morti o l’ingresso di quell’ammasso di materiale umano, anche ultraottantenne, nelle patrie galere italiane.
La parola amnistia deriva dal greco e significa “dimenticanza”, e come spesso accade in queste situazioni, lo Stato italiano dimentica volutamente anche il termine “perentorio” contenuto nella sentenza CEDU su indicata. Questo termine “dimenticato” obbligava e obbliga lo Stato italiano a porre rimedio entro un termine previsto, in questo caso un anno a partire dal 2013. Siamo a fine 2024, ma il termine si è trasformato in “ordinatorio”. Non rispettare il termine perentorio significa non rispettare la dignità umana, oltre al non rispetto degli obblighi in questione.
Con che criterio lo Stato italiano ha deciso l’impunità dei colpevoli e uno sconto del 10% o degli 8 euro al giorno per il risarcimento del danno? Con quale meccanismo lo Stato ha deciso la necessità di un risarcimento visto che ove tale condanna avesse coinvolto un cittadino comune, avrebbe sin da subito comportato un’indagine e un accertamento della responsabilità (che per tale reato prevede pene importanti con condanne ostative) e conseguentemente avrebbe previsto un congruo risarcimento del danno. L’inutile sconto del 10% viene quasi sempre rigettato dalla magistratura di sorveglianza competente, nonostante vi sono i dati ministeriali che indicano un sovraffollamento di tutte le strutture penitenziarie dal 150% al 200%, oltre a una situazione delle predette strutture carcerarie già di per sé stessa invivibile, a prescindere dal sovraffollamento medesimo, per non accennare ai risibili 8 euro giornalieri di risarcimento.
La perenne emergenza fa parte di quel sistema penitenziario collassato che produce inciviltà. Queste sono poche righe e pochi dati ineludibili che fotografano, senza possibilità di confutazione alcuna da parte di nessuno, lo stato attuale di sospensione della democrazia e della presenza, viceversa, di una struttura più vicina a molti Stati in cui regna la dittatura o la tirannia e comunque ai limiti dell’eversione. Uno Stato che non risponde dei propri crimini accertati con sentenza è uno Stato eversivo nel vero senso etimologico della parola e allo stesso tempo illegale. Il nostro Stato di diritto è una clessidra senza sabbia, che attualmente è rimasto alla concezione del “sorvegliare e punire”.
* detenuto nel carcere di Rebibbia



ZIMBABWE: ABOLITA LA PENA DI MORTE
Il presidente dello Zimbabwe, Emmerson Mnangagwa, ha promulgato il 31 dicembre 2024 la legge che abolisce definitivamente la pena di morte, approvata due settimane fa dal Senato del Paese africano.
Nello Zimbabwe le esecuzioni erano sospese dal 2005, ma i tribunali avevano continuato a emettere condanne a morte: attualmente c’erano oltre 60 persone nel braccio della morte, la cui pena il 31 dicembre è stata convertita da Mnangagwa in ergastolo. Una clausola della nuova legge consente comunque di ripristinare la pena di morte in caso di emergenza nazionale.
A 21 anni lo stesso Mnangagwa era stato condannato a morte per aver fatto esplodere un treno nel 1964, durante la guerra d’indipendenza dello Zimbabwe: fu arrestato e torturato, successivamente la sua condanna venne commutata in 10 anni di carcere per via della sua giovane età.
Leader dello Zimbabwe dal 2017, Mnangagwa ha diverse volte in passato usato le amnistie presidenziali per commutare condanne a morte in ergastolo.
(Fonte: Il Post, 31/12/2024)



ARABIA SAUDITA: 330 PERSONE GIUSTIZIATE NEL 2024
Sono 330 le persone giustiziate in Arabia Saudita nel 2024, un numero che i gruppi per i diritti umani definiscono come il più alto degli ultimi decenni.
Il numero di 330 esecuzioni, ricavato dalla ONG Reprieve dagli annunci ufficiali e verificato dalla Reuters, rappresenta un corposo incremento rispetto alle 172 esecuzioni dell’anno scorso e alle 196 del 2022.
Secondo Reprieve, il numero di esecuzioni relativo al 2024 è il più alto mai registrato.
Nel 2024, più di 150 persone sono state giustiziate per reati non-letali, il che per i gruppi per i diritti umani è contrario al diritto internazionale.
Tra i giustiziati in Arabia Saudita quest’anno figurano oltre 100 cittadini stranieri, provenienti da Medio Oriente, Africa e Asia.
(Fonte: Middle East Monitor, 27/12/2024)



VIETNAM: 27 CONDANNATI A MORTE PER TRAFFICO DI DROGA
Il Tribunale del Popolo di Ho Chi Minh City il 27 dicembre 2024 ha condannato a morte un boss della droga vietnamita e i suoi 26 subordinati per traffico di droga, nel caso con il numero più alto di individui condannati a morte in Vietnam nell'ultimo decennio.
L’organizzazione, composta da 35 membri, avrebbe introdotto clandestinamente 626 kg di droga dalla Cambogia in Vietnam tra marzo 2018 e novembre 2022, ha stabilito il tribunale.
Vu Hoang Oanh, nota anche come Oanh Ha, 67 anni, la mente e leader dell’organizzazione, è stata riconosciuta colpevole di traffico illegale di droga e multata di 200 milioni di Dong (7.855 dollari USA).
I suoi 26 sottoposti sono stati condannati a morte per i reati di traffico, trasporto o stoccaggio di droghe illegali.
Altri sei membri della rete hanno ricevuto condanne all'ergastolo e altri due sono stati condannati a 20 anni di carcere.
Sono tenuti a restituire al bilancio dello Stato tutti i guadagni illeciti, per un importo di decine di miliardi di Dong. (1 miliardo di Dong = 39.300 dollari USA)
Le leggi del Vietnam sulle droghe sono tra le più severe al mondo. Chi viene riconosciuto colpevole di possesso o traffico di più di 600 g di eroina o cocaina o più di 2,5 kg di metanfetamina rischia la condanna a morte.
(Fonte: VnExpress, 27/12/2024)



I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA




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