NESSUNO TOCCHI CAINO - LA ‘DEMOCRATICA E PROGRESSISTA’ TAIWAN RIPRENDE LE ESECUZIONI

 

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 25 - n. 4 - 25-01-2025

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

LA ‘DEMOCRATICA E PROGRESSISTA’ TAIWAN RIPRENDE LE ESECUZIONI

NEWS FLASH

1. FINALMENTE UN ATTO DI UMANITÀ VERSO IL DETENUTO AL 41 BIS
2. CINA: DUE GIUSTIZIATI PER ‘CRIMINI DI VENDETTA SULLA SOCIETÀ’
3. USA: TRA GLI ORDINI ESECUTIVI DEL PRIMO GIORNO, TRUMP REVOCA LA MORATORIA SULLE ESECUZIONI FEDERALI
4. IRAN: CONFERENZA ONLINE SULLA CAMPAGNA ‘NO AI MARTEDÌ DI ESECUZIONE’




LA ‘DEMOCRATICA E PROGRESSISTA’ TAIWAN RIPRENDE LE ESECUZIONI
Sergio D’Elia

Taiwan è una piccola isola immersa nel mar della Cina, una grande montagna della resistenza liberale all’impero dispotico continentale. Davide e Golia. Democrazia e Dittatura. Stato di Diritto e Potere assoluto dello Stato.
La differenza è abissale, ma anche la riprova che un modo d’essere ordinato e orientato ai valori umani universali può avere nel tempo, speriamo ancora, la meglio sul disordine costituito e centrato sul potere. La Cina può fare di Taiwan un sol boccone solo se il grande avrà assimilato il piccolo, quando il piccolo sarà simile al grande. L’irriducibile differenza di valori è la forza vitale della resistenza al regime violento. Ammainare le proprie nobili bandiere, quelle di grazia e giustizia, di diritto e libertà, mette a repentaglio insieme ai propri grandi principi anche la propria piccola indipendenza nazionale.
Per questo è grave quel che è accaduto qualche giorno fa nella Repubblica di Cina. La rottura di una tregua che durava da cinque anni nella guerra di Taiwan ai suoi cittadini Caini. Un detenuto di 32 anni, Huang Lin-kai, è stato giustiziato nella prigione di Taipei per un duplice omicidio commesso nel 2013. È stata la prima esecuzione nel Paese dopo cinque anni di moratoria di fatto. Lo stop improvviso sulla via dell’abolizione della pena capitale è stato siglato con un tratto di penna e l’autografo del ministro della Giustizia Cheng Ming-chien.
Il condannato è stato fucilato nel giro di poche ore dalla firma dell’ordine di esecuzione. La prassi, lo stile, il metodo sono gli stessi in voga nell’antitetico sistema di giustizia cinese. Il segreto di stato, l’attacco a sorpresa, la fucilazione. È chiaro, il paragone col gigante cinese non regge se consideriamo il numero dei clandestini della pena di morte, vittime dei plotoni di esecuzione. Se Taiwan ne tiene 36 nel braccio della morte, la Cina ne nasconde 36.000. Se il primo ne condanna 10, la seconda ne condanna 10.000. Se la piccola isola ne fucila 1 ogni tanto, l’immenso continente ne fucila 2.000 all’anno.
Ma Taiwan è uno Stato di diritto, la Cina uno stato dove il diritto è volto al torto, fino alla tortura. Ci deve pur essere una differenza, anche nell’aberrante pratica della pena di morte! Nel caso di Huang Lin-kai, tutte le garanzie costituzionali e internazionali sull’uso della pena di morte sono state da Taiwan violate. Gli avvocati non hanno avuto il tempo di fare un ultimo, disperato tentativo di salvargli la vita. I famigliari non hanno avuto il tempo di portargli un ultimo, estremo saluto. Il 20 settembre 2024, la Corte costituzionale ha stabilito che la pena di morte può essere legittimamente imposta solo a seguito di sentenze emesse dai giudici all’unanimità e che tale informazione deve essere divulgata dall’accusa. Il suo avvocato non ha mai saputo se la decisione mortale nel caso di Lin-kai era stata unanime. L’esecuzione, nascosta a difensori e parenti del condannato, è avvenuta mentre era ancora in sospeso la richiesta di saperlo.
L’ultima esecuzione di un prigioniero a Taiwan prima di quella di Huang è avvenuta il 1° aprile 2020. È stata la prima da quando il presidente Lai Ching-te del Partito Democratico Progressista (DPP) è entrato in carica a maggio 2024. In precedenza, due detenuti nel braccio della morte erano stati giustiziati durante i due mandati (2016-2024) dell’allora presidente Tsai Ing-wen del DPP. Dieci anni di governo dei “democratici progressisti”, tre esecuzioni. La conferma che spesso i nomi dei partiti esprimono l’opposto di quello che fanno. Certo, l’opposizione Kuomintang ha fatto di peggio. Durante l’amministrazione 2008-2016 del suo presidente Ma Ying-jeou, sono stati giustiziati 33 detenuti.
Ma il Kuomintang, come è noto, è da sempre estremamente contrario all’indipendenza taiwanese, è uno strenuo sostenitore dell’identità cinese degli abitanti dell’isola e come i cinesi del continente è anche a favore della pena di morte. Gli argomenti sono identici: l’esecuzione della pena capitale è prevista dalla legge ed è quindi un dovere ineludibile del governo fucilare un assassino. Il piatto della bilancia dev’essere sempre in equilibrio, chi sbaglia paga, chi ha ucciso dev’essere ucciso… per rendere giustizia alle vittime e alle loro famiglie. Come nel caso di Huang Lin-kai, autore di duplice omicidio. Lo hanno costretto a sdraiarsi a faccia in giù, lo hanno sedato e poi lo hanno sparato alle spalle, all’altezza del cuore. È avvenuto nel centro di detenzione della “democratica e progressista” Taipei. Come avviene ogni giorno nelle carceri della tirannica madre patria cinese.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

FINALMENTE UN ATTO DI UMANITÀ VERSO IL DETENUTO AL 41 BIS
Ne avevamo parlato in questa pagina un paio d’anni fa. Ritorniamo a parlare del caso di Ernesto Fazzalari per il suo esito felice. Condannato a 30 anni per i tristi fatti della faida di Taurianova tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta, il latitante più ricercato dopo Matteo Messina Denaro era stato arrestato nel giugno 2016 e detenuto al 41 bis. In carcere, si è ammalato di una forma di tumore al pancreas aggressiva e dalla prognosi incerta. Le sue gravi condizioni di salute sono state alla fine riconosciute e dichiarate incompatibili con lo stato di detenzione.

Luigi Longo
Antonino Napoli


La vicenda processuale e umana di Ernesto Fazzalari ruota attorno all’eterno conflitto tra libertà e autorità. Nell’ambito di questo conflitto, la reclusione in carcere, che è espressione massima di autorità, non può risolversi in una totale e assoluta privazione di libertà; può comportarne una grave limitazione, ma non può certo determinarne la soppressione. Chi si trova in stato di detenzione, infatti, conserva la propria libertà per il tramite di quel valore supremo che è la dignità umana che, essendo intrinseca all’esistenza dell’uomo, non può essere conferita, graduata o revocata, e permane al di là di ogni circostanza e condizione: è, in altre parole, il fondamento della precedenza e preminenza che l’individuo vanta nei confronti dello Stato.
Ernesto Fazzalari era stato condannato all’ergastolo nel processo Taurus, pena successivamente ridotta a 30 anni dalla Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria su richiesta del suo difensore per effetto della sentenza della CEDU nel caso Scoppola v/s Italia, ed è stato arrestato dopo oltre 20 anni di latitanza. Durante questo periodo era stato inserito al secondo posto, dietro il solo Matteo Messina Denaro, nell’elenco dei latitanti di massima pericolosità, una lista redatta dal Gruppo integrato interforze per la ricerca dei latitanti più pericolosi (GIIRL) della Direzione centrale della polizia criminale nell’ambito del Programma speciale di ricerca.
In seguito al suo arresto, avvenuto il 26 giugno 2016, a Trepitò, in provincia di Reggio Calabria, Fazzalari è stato sottoposto al regime del 41 bis. Durante la sua detenzione gli è stata diagnosticata una grave patologia che ha indotto la difesa a chiedere il differimento della pena o la detenzione domiciliare sul presupposto che da alcune recenti sentenze, emesse dai giudici del merito, emergeva che dell’operatività di Fazzalari, quale capo di una cosca di ndrangheta, non si aveva dimostrazione concreta nel periodo antecedente alla sua cattura. Si è accesa così una lunga e dura battaglia legale tra la difesa di Ernesto Fazzalari e la magistratura di sorveglianza di l’Aquila, prima, e Bologna, poi.
La detenzione domiciliare Fazzalari è stata concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Bologna dopo che la Corte di Cassazione, accogliendo i ricorsi della difesa, ha annullato ben tre ordinanze di rigetto del differimento della pena o della concessione della detenzione domiciliare, una emessa dal Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila e due ordinanze emesse del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, in seguito al suo trasferimento presso il centro diagnostico e terapeutico del carcere di Parma. Quest’ultimo tribunale, riunendo due giudizi di annullamento della Cassazione, ha dovuto finalmente accogliere la richiesta della difesa.
In tutti i ricorsi presentati, il Tribunale di Sorveglianza di Bologna concedendo la detenzione domiciliare a Ernesto Fazzalari ha – di fatto – applicato il principio di civiltà giuridica che sancisce la prevalenza del diritto alla salute come garanzia della dignità del detenuto e dell’umanità della pena. È dovere del giudice, nelle proprie decisioni, riuscire a trovare sempre un equilibrio tra compassione e rigore, umanità e severità, in modo che l’applicazione del diritto sia avvertita dai tutti i cittadini, innanzitutto i condannati, come legittima e giusta perché la decisione giudiziaria non è mai un atto di pura tecnica giuridica, ma un atto di coscienza: la coscienza del “giusto”. Il rispetto della dignità umana dev’essere sempre la “bilancia” su cui pesare le compressioni di libertà autoritativamente imposte alla persona detenuta perché lo Stato può anche punire, ma mai vendicarsi!



CINA: DUE GIUSTIZIATI PER ‘CRIMINI DI VENDETTA SULLA SOCIETÀ’
Le autorità cinesi il 20 gennaio 2025 hanno giustiziato due uomini che nello scorso novembre commisero degli attacchi provocando la morte di decine di persone.
Nel primo caso, Fan Weiqu, 62 anni, si lanciò con la sua auto contro una folla fuori da uno stadio nella città meridionale di Zhuhai, uccidendo almeno 35 persone.
Si tratta dell’attacco più mortale nel Paese degli ultimi dieci anni, secondo le autorità.
La polizia ha dichiarato che Fan era arrabbiato e insoddisfatto per il suo accordo di divorzio.
Sempre a novembre, Xu Jiajin, 21 anni, ha ucciso otto persone e ne ha ferite 17 in un accoltellamento nella sua scuola professionale, nella città orientale di Wuxi.
La polizia ha detto che Wu non aveva superato gli esami e non era riuscito a diplomarsi, ed era scontento del suo stipendio per uno stage.
Il presidente cinese Xi Jinping ha esortato le autorità locali ad adottare misure per prevenire questo tipo di attacchi, noti come "crimini di vendetta sulla società".
Le condanne a morte dei due uomini erano state emesse a dicembre dai Tribunali Intermedi del Popolo delle città di Zhuhai e Wuxi, rispettivamente, e in seguito approvate dalla Corte Suprema del Popolo, secondo i media statali.
I crimini violenti sono più rari in Cina che in molti Paesi occidentali, ma il Paese ha assistito a un loro aumento negli ultimi anni.
Accoltellamenti e attacchi con auto hanno messo in discussione la reputazione del Partito Comunista al potere relativa a una rigorosa sicurezza pubblica e prevenzione della criminalità.
Alcuni hanno legato questa crisi sociale alla frustrazione dovuta a un'economia in rallentamento, a un'elevata disoccupazione e una mobilità sociale in calo.
Si ritiene che la Cina ogni anno metta a morte più prigionieri rispetto al resto del mondo messo insieme, sebbene il totale preciso sia classificato come segreto di stato. Le esecuzioni vengono tradizionalmente eseguite tramite colpi di arma da fuoco, tuttavia negli ultimi anni sono state introdotte anche le iniezioni letali.
(Fonte: Al Jazeera, 20/01/2025)



USA: TRA GLI ORDINI ESECUTIVI DEL PRIMO GIORNO, TRUMP REVOCA LA MORATORIA SULLE ESECUZIONI FEDERALI
Il Presidente Donald Trump ha firmato il 20 gennaio 2025 più di due dozzine di ordini esecutivi, tra cui un invito a “ripristinare” la pena di morte federale. L'ordine, pur mancando di molti dettagli importanti, incarica il Procuratore generale del Dipartimento di Giustizia di “perseguire la pena di morte per tutti i crimini di una gravità tale da richiederne l'uso”, tra cui l'uccisione di un agente delle forze dell'ordine o “un crimine capitale commesso da uno straniero illegale presente in questo Paese” e di incoraggiare i procuratori generali degli Stati a seguire la stessa impostazione anche nei casi non federali. Il Presidente Trump chiede inoltre al Procuratore generale di “intraprendere tutte le azioni necessarie e lecite” per garantire che gli Stati in cui vige la pena capitale abbiano sufficiente accesso ai farmaci necessari per le esecuzioni con iniezione letale. L'ordine prevede anche che il procuratore generale cerchi di annullare qualsiasi precedente de lla Corte Suprema che “limiti l'autorità dei governi statali e federali di imporre la pena capitale”.
Molte delle dichiarazioni contenute nell'ordine esecutivo si limitano a riecheggiare la retorica della campagna elettorale precedente, senza fornire dettagli importanti o affrontare il fatto che precedenti legali consolidati o leggi dovrebbero essere modificati dalla Corte Suprema degli Stati Uniti o dal Congresso per rendere le proposte una realtà.
Per quanto riguarda le recenti commutazioni dei condannati a morte federali, l'Ordine esecutivo chiede al Procuratore generale di valutare la posizione di ciascuno dei 37 uomini le cui condanne a morte federali sono state commutate dall'ex presidente Joe Biden nel dicembre 2024. Il Procuratore generale dovrebbe intraprendere azioni legali per garantire che ciascuno di questi individui “sia imprigionato in condizioni coerenti con la mostruosità dei loro crimini e delle minacce che rappresentano”. Il Procuratore generale, secondo l'Ordine, dovrebbe anche valutare se questi individui possono essere accusati di crimini capitali a livello statale e “raccomanderà le azioni appropriate alle autorità statali e locali”.
Sostanzialmente, Trump, che non può annullare le commutazioni di Biden, chiede al Procuratore Generale di attivarsi perché nei confronti dei “graziati” vengano emesse, in sostituzione di quelle federali, delle condanne a morte statali. I procuratori locali eletti hanno la discrezione ultima nell'incriminare un caso capitale a livello statale e possono o meno chiedere la pena di morte per una serie di ragioni, tra cui la preferenza degli elettori, i fattori legati al caso, e il budget. Alla luce di questi fattori, è improbabile che i procuratori statali scelgano di perseguire crimini avvenuti venti o trent'anni fa, soprattutto quando gli imputati sono già stati condannati all'ergastolo senza condizionale nel carcere federale.
L'ordine esecutivo può essere visto, tra l'altro, come un rimprovero da parte dell'amministrazione entrante alla decisione del presidente Biden del dicembre 2024 di commutare 37 dei 40 prigionieri nel braccio della morte, nonché come una reazione al memorandum dell'ex procuratore generale Merrick Garland del luglio 2021 che stabiliva una moratoria sulle esecuzioni federali e chiedeva una revisione delle politiche e dei protocolli di esecuzione federali. Tale revisione ha portato la scorsa settimana alla decisione dell'AG Garland di revocare il protocollo di iniezione letale del governo federale con un solo farmaco, il pentobarbital. Allo stesso tempo, il Procuratore generale uscente ha anche ordinato al Bureau of Prisons di “condurre valutazioni su qualsiasi altra modalità di esecuzione” che potrebbe essere introdotta in futuro, includendo in tale valutazione “le strutture e il personale statale o locale coinvolti in tali esecuzioni”. Questa direttiva è supportata dall'an alisi dettagliata del Dipartimento di Giustizia sull'uso del pentobarbital e, sebbene non sia vincolante per l'amministrazione entrante, dovrebbe essere presa in seria considerazione dai funzionari del Dipartimento di Giustizia prima che venga scelto un sostituto del pentobarbital.
La direttiva del Presidente Trump che chiede al Procuratore Generale di “intraprendere tutte le azioni necessarie e lecite” per garantire che gli Stati in cui vige la pena capitale abbiano sufficiente accesso ai farmaci necessari per le esecuzioni con iniezione letale sembra essere diretta al fatto che la maggior parte delle aziende farmaceutiche si rifiuta di fornire alle carceri i farmaci utilizzati nelle esecuzioni. Le leggi approvate negli ultimi anni impediscono al pubblico di conoscere le fonti dei farmaci letali utilizzati, rendendo sempre più difficile giudicare l'affidabilità dei produttori o l'efficacia dei farmaci e aumentando le possibilità di esecuzioni “sbagliate”. Alcuni Stati hanno esplorato alternative all'iniezione letale, tra cui l'uso dell'ipossia da azoto, che provoca la morte per soffocamento quando l'individuo è costretto a respirare azoto puro, privando il cervello e il corpo di ossigeno.
Durante il primo mandato di Trump, la sua amministrazione ha effettuato 13 esecuzioni federali negli ultimi sei mesi di mandato, secondo il protocollo di esecuzione con pentobarbital, ora, dopo l’iniziativa del procuratore generale uscente Garland, abbandonato. Non è al momento chiaro se in nuovo procuratore generale degli Stati Uniti, Pam Biondi, ripristinerà il protocollo di iniezione letale cassato da Garland, e ne farà preparare un altro.
Solo tre uomini rimangono nel braccio della morte federale, nessuno dei quali ha esaurito i propri appelli.
(Fonte: DPIC, 20/01/2025)



IRAN: CONFERENZA ONLINE SULLA CAMPAGNA ‘NO AI MARTEDÌ DI ESECUZIONE’
Iran Human Rights Monitor ha ospitato martedì 21 gennaio 2025 una conferenza online per commemorare il 1° anniversario dello sciopero della fame “No to Execution Tuesdays” nelle carceri iraniane. L'evento ha evidenziato il crescente tasso di esecuzioni in Iran e la resistenza dei prigionieri politici. Ha esortato i Paesi occidentali, in particolare le nazioni e le istituzioni europee, a subordinare il loro impegno nei confronti del regime iraniano a miglioramenti concreti in materia di diritti umani, chiedendo in particolare la cessazione delle esecuzioni e il rilascio dei prigionieri politici.
Sono intervenuti Herta Daubler-Gmelin, ex ministro della Giustizia tedesco, Ingrid Betancourt, ex senatrice e candidata presidenziale colombiana, Tahar Boumedra, ex capo dell'Ufficio per i diritti umani dell'UNAMI e presidente dell'ONG “Giustizia per le vittime del massacro del 1988 in Iran” (JVMI), ed Elisabetta Zamparutti, membro del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa e membro del direttivo dell'ONG italiana “Nessuno tocchi Caino”.
La conferenza è iniziata con un dibattito su come l'alto numero di esecuzioni in Iran rifletta la paura del regime nei confronti della crescente opposizione e del malcontento pubblico. Illustri relatori hanno sottolineato che queste esecuzioni non sono semplicemente punitive, ma piuttosto uno strumento strategico per reprimere il dissenso e mantenere la presa sul potere della teocrazia.
Solo nel 2024, l'Iran ha registrato un numero impressionante di 993 esecuzioni, di cui 650 durante la presidenza di Masoud Pezeshkian. Si tratta del tasso di esecuzioni più alto degli ultimi 30 anni, tra cui 32 donne e 6 minori, a sottolineare una grave crisi dei diritti umani.
Nel suo intervento, la signora Daubler-Gmelin ha rinnovato il suo sostegno alle campagne “No alle esecuzioni” e ha fatto riferimento alla recente conferma delle condanne a morte di due prigionieri politici per la loro affiliazione all'Organizzazione Mojahedin del Popolo dell'Iran (PMOI/MEK), il principale gruppo di opposizione democratica dell'Iran. Ha chiesto che “Mehdi Hassani e Behrouz Ehsani siano immediatamente liberati e tolti dal braccio della morte”. Ha sottolineato: “Insieme ad altri prigionieri politici, hanno dato vita al No alle esecuzioni del martedì”.
Tahar Boumedra ha sottolineato che la follia di esecuzioni in Iran viola le leggi e i trattati internazionali di cui l'Iran è parte. Ha dichiarato: “Le esecuzioni di massa in Iran sono uno strumento politico che viola l'ICCPR. Queste azioni possono equivalere a crimini contro l'umanità. Dobbiamo chiedere che i funzionari responsabili di queste atrocità siano chiamati a rispondere nei tribunali internazionali”.
Secondo Elisabetta Zamparutti “1.000 esecuzioni sono il pilastro della strategia di sopravvivenza del regime. Oggi mi unisco allo sciopero della fame 'No alle esecuzioni del martedì' in solidarietà con i prigionieri del braccio della morte in Iran”. Ha dichiarato che “essere nel braccio della morte in Iran è il posto più buio del mondo”.
Ingrid Betancourt ha reso omaggio al prigioniero politico Saeed Masouri, uno dei prigionieri politici più a lungo detenuti in Iran, per la sua lettera aperta, condivisa attraverso un video durante la conferenza. Ha chiesto: “Cosa indica il picco di esecuzioni dello scorso anno? Non è solo che le esecuzioni sono uno strumento politico: sono uno strumento strategico, l'unico mezzo per controllare il popolo”. Ha aggiunto: “Attraverso la paura, l'abuso di potere, il crimine e la corruzione, il regime rivela di non avere più nulla. Un regime che deve uccidere e imprigionare i suoi cittadini in massa è un regime fallito”. Ha sottolineato: “Dobbiamo impedire a questo regime di esistere. Non possiamo continuare a pensare di poterlo costringere, scoraggiare o negoziare con loro. Questo è un momento in cui il mondo deve affrontare la verità. Stiamo affrontando un regime malvagio che deve essere fermato”.
Gli oratori hanno ricordato che negli ultimi 45 anni, circa 120.000 persone sono state giustiziate per motivi politici. Il massacro del 1988, durante il quale 30.000 prigionieri politici - in maggioranza sostenitori del PMOI/MEK - sono stati uccisi in pochi mesi, è stato sottolineato come un momento cruciale nella brutale storia del regime.
Iniziata dai detenuti del braccio della morte della prigione di Qezel-Hesar il 30 gennaio 2024, la campagna “No ai martedì delle esecuzioni” si è rapidamente espansa fino a comprendere oltre 34 prigioni in tutto l'Iran. I partecipanti si impegnano in scioperi della fame ogni martedì per protestare contro il trattamento ingiusto e la dura realtà della vita nel braccio della morte, scegliendo simbolicamente il martedì come giorno d'azione. Nonostante la violenta repressione delle proteste, la resistenza dei prigionieri politici ha raccolto il sostegno dell'opinione pubblica e amplificato le richieste di giustizia.
Nella Giornata dei diritti umani, il 10 dicembre 2024, è emersa una risposta globale significativa, con oltre 3.000 ex leader mondiali, membri di parlamenti, esperti di diritti umani e ONG che hanno rilasciato una dichiarazione congiunta.
La conferenza si è conclusa con un forte appello alla comunità internazionale, in particolare alle nazioni europee, affinché condizionino il loro impegno con l'Iran a miglioramenti tangibili dei diritti umani. Gli oratori hanno esortato a vincolare le relazioni diplomatiche alla cessazione delle esecuzioni e al rilascio dei prigionieri politici, facendo leva sull'influenza per sostenere la giustizia.
La campagna “No ai martedì delle esecuzioni” serve a ricordare la lotta in corso contro la repressione politica in Iran. La conferenza ha evidenziato l'urgente necessità di un'azione collettiva da parte della comunità internazionale per sostenere le voci di coloro che lottano per la giustizia e i diritti umani nel Paese. Mentre la situazione in Iran continua ad evolversi, l'impegno a porre fine alle esecuzioni rimane un appello vitale all'azione per tutti i sostenitori dei diritti umani e le organizzazioni a livello globale.
(Fonte: iran-hrm.com)

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