NESSUNO TOCCHI CAINO - Rita Bernardini saluta apertura Presidente La Russa su liberazione anticipata e sospende lo sciopero della fame
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM |
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 25 - n. 20 - 17-05-2025 |
LA STORIA DELLA SETTIMANA CARCERI, RITA BERNARDINI SALUTA APERTURA PRESIDENTE LA RUSSA SU LIBERAZIONE ANTICIPATA E SOSPENDE SCIOPERO DELLA FAME NEWS FLASH 1. CHI SONO I BOIA DEI BRACCI DELLA MORTE AMERICANI: UN ARTICOLO FENOMENALE SVELA I SEGRETI ATTORNO ALLE ESECUZIONI 2. COME SPEZZARE LA CATENA PERPETUA DELLA GIUSTIZIA E DELLE UMANE SOFFERENZE CHE IMPRIGIONANO VITTIME E CARNEFICI 3. IRAQ: NELLE CARCERI IL DOPPIO DEI DETENUTI PREVISTI, MENTRE ENTRA IN VIGORE L’AMNISTIA 4. PIÙ DI 128.000 RIFUGIATI AFGHANI RIMPATRIATI DAL PAKISTAN IN SEI SETTIMANE I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA ROMA: IL DIRITTO ALLA CONOSCENZA NEL 9° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI MARCO PANNELLA CARCERI, RITA BERNARDINI SALUTA APERTURA PRESIDENTE LA RUSSA SU LIBERAZIONE ANTICIPATA E SOSPENDE SCIOPERO DELLA FAME "Rita Bernardini, Presidente di Nessuno tocchi Caino, al suo 22° giorno di sciopero della fame a sostegno di un anno di riduzione di pena per tutti i detenuti ha sospeso l'iniziativa nonviolenta, per salutare l'intervento del Presidente del Senato Ignazio La Russa e la sua apertura a una misura deflattiva". E' quanto si legge in una nota dell'associazione 'Nessuno tocchi Caino'. "La Russa, intervenendo al Convegno "Per un gesto di clemenza nelle carceri" organizzato da "La Valle di Ezechiele" grazie a Don David Riboldi, ha riconosciuto che il principale problema del carcere è il sovraffollamento e ha ritenuto che la soluzione più adeguata a governarlo sia la proposta di legge sulla liberazione anticipata presentata dal deputato Roberto Giachetti di Italia Viva sulla base di un testo predisposto da Nessuno tocchi Caino", continua la nota. "Sulla stessa lunghezza d'onda della seconda carica dello Stato, si è espresso il vicepresidente del CSM Fabio Pinelli. D'altro canto, la prima carica dello Stato, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha mai cessato di sollevare il drammatico problema del sovraffollamento carcerario. Il Presidente del Senato ha annunciato altresì di aver chiesto un incontro con lo stesso Giachetti che si terrà nei prossimi giorni. La sospensione dello sciopero della fame - si spiega - è avvenuta a seguito di una richiesta di Don David Riboldi che ha offerto un pezzo di pane a Bernardini che ha accettato". "Sospendo lo sciopero della fame come segno di riconoscimento di questa importante apertura politica volta a superare pregiudizi e ad affrontare un problema non rinviabile, quello del crescente sovraffollamento carcerario che crea condizioni inumane e degradanti per i detenuti e i 'detenenti', cioè chi in carcere ci lavora a partire dalla polizia penitenziaria", ha dichiarato Rita Bernardini. "La mia è una sospensione", ha proseguito la Presidente di Nessuno tocchi Caino, "e chiedo intanto alle oltre 150 persone che hanno aderito alla iniziativa nonviolenta di sciopero della fame di proseguirlo per accompagnare insieme questo processo che oggi ha visto un'apertura politica significativa". (Fonte: ANSA, 15/05/2025) NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH CHI SONO I BOIA DEI BRACCI DELLA MORTE AMERICANI: UN ARTICOLO FENOMENALE SVELA I SEGRETI ATTORNO ALLE ESECUZIONI Valerio Fioravanti Corinna Barrett Lain si è pagata gli studi servendo per alcuni anni come sottufficiale nelle file dell’esercito. Ora è professoressa di legge in alcune importanti università statunitensi, e molto attiva contro la pena di morte. Nelle settimane scorse ha pubblicato un articolo fenomenale in cui ricostruisce otto anni di fatiche per “decifrare” i segreti attorno alle esecuzioni. L’articolo andrebbe letto tutto (è sul sito di Nessuno tocchi Caino), e quella che segue è una versione brutalmente accorciata. Dal 1995 al 2006, in Missouri, 54 esecuzioni sono state gestite dal dottor Alan Doerhoff. Non era lui a iniettare la siringa – incredibilmente, questo compito era affidato a guardie carcerarie non mediche – ma faceva praticamente tutto il resto. “Nessuno farà mai tante esecuzioni quante ne ho fatte io”, si vantava. La sua identità è stata rivelata quando l’avvocato di un condannato a morte ha controllato i registri del dispensario chimico della prigione e ha scoperto che nelle esecuzioni precedenti erano stati utilizzati 2,5 grammi di anestetico per sedare il detenuto prima di ucciderlo, mentre la dose prescritta era di 5 grammi. Il detenuto morituro ha fatto causa. I funzionari inizialmente dissero alla corte che c’era un errore nei registri, poi ammisero che erano corretti. Preoccupata dalla scoperta, la corte permise agli avvocati del detenuto di convocare il “boia in capo”. In una udienza segreta dichiarò sotto giuramento di avere problemi a miscelare i farmaci. “Sono dislessico. A volte scambio i numeri, quindi non è insolito per me commettere errori. Effettivamente al momento stiamo ancora improvvisando”. Il Missouri ha mantenuto il punto, dicendo alla corte che aveva fiducia nella competenza del suo “chief executioner” (il cui nome continuava a rimanere segreto) e che intendeva continuare a utilizzarlo nelle future esecuzioni. Ma la corte ha respinto le assicurazioni dello Stato, scrivendo che era “gravemente preoccupata dal fatto che un medico, unico responsabile della corretta miscelazione dei farmaci che determineranno la morte dei detenuti, soffra di un disturbo che gli causa confusione con i numeri”. Lo Stato ha presentato ricorso, ma poco dopo, nel gennaio 2008, il giornalismo d’inchiesta ha scoperto l’identità di Doerhoff, rivelando anche un altro fatto scioccante: Doerhoff prima di dedicarsi alle esecuzioni, ognuna delle quali gli fruttava una retribuzione di 20.000 dollari, era stato citato in giudizio per negligenza medica più di 20 volte, era stato licenziato da due ospedali, e aveva subito varie sanzioni ufficiali dall’ordine dei medici. Dopo queste scoperte (e l’ulteriore scoperta che i “precedenti” erano perfettamente noti a chi lo aveva assunto) la corte dispose che l’uomo non poteva continuare nel suo incarico. Non potendo più “lavorare” in Missouri, Doerhoff è entrato a far parte dello staff di un’azienda locale specializzata nella depilazione, e ha lavorato come boia per il governo federale, e per almeno un altro Stato, l’Arizona. L’Arizona era a conoscenza della sentenza del Missouri e dei fatti alla base della stessa. Ciononostante, ha assunto Doerhoff, che ha eseguito un’esecuzione per lo Stato. Quando gli avvocati hanno scoperto il suo coinvolgimento, i condannati in Arizona hanno intentato una causa, che si è risolta due anni dopo con l’adozione di regole più severe sulla selezione del personale. Ma durante il contenzioso, gli avvocati dei detenuti avevano scoperto che Doerhoff non era l’unico “executioner” che non avrebbe dovuto compiere esecuzioni. Il membro “n. 3” del team medico era un ex infermiere a cui era stata sospesa la licenza. Al momento del contenzioso, la sua occupazione era quella di gestore di un’azienda di elettrodomestici in un altro Stato. L’identità del membro n. 3 è rimasta sconosciuta, ma il tribunale ha osservato che era stato arrestato più volte, “tra cui tre volte nell’arco di dieci giorni per guida in stato di ebbrezza”. Nel 2011 l’Arizona è stata nuovamente citata in giudizio perché non aveva mantenuto l’impegno a selezionare meglio il personale. Il direttore della prigione ha ammesso di aver condotto cinque esecuzioni sapendo perfettamente che il membro n. 4 dell’équipe, una guardia carceraria che in precedenza aveva prestato servizio nel servizio sanitario militare, non era in possesso di alcuna licenza medica, e i funzionari non avevano attribuito rilevanza a suoi precedenti penali, tra cui guida in stato di ebbrezza, un caso di ubriachezza molesta e l’emissione di un assegno a vuoto. Numero 4 in seguito ha dichiarato che l’unica verifica a cui era stato sottoposto era stata una telefonata del direttore del carcere che gli aveva chiesto se sapeva come praticare una flebo e se avrebbe avuto problemi a farlo per un’esecuzione. Non gli era stata fatta nessun’altra domanda e, all’epoca, erano 15 anni che non praticava una flebo. Qui finisce lo spazio a disposizione per questo racco nto dell’orrore. COME SPEZZARE LA CATENA PERPETUA DELLA GIUSTIZIA E DELLE UMANE SOFFERENZE CHE IMPRIGIONANO VITTIME E CARNEFICI Questo articolo è un bel testo introduttivo al dibattito dal titolo “Verità e Riconciliazione” che si svolgerà a Roma il 20 maggio, dalle ore 15 alle 19, presso la Sala del Refettorio della Camera dei Deputati, in Via del Seminario 76. Indica una riforma possibile che prelude a un’idea di giustizia che non punisce e separa, ma riconcilia e ripara. Loris Facchinetti Rialta All’insediamento di ogni nuovo Governo abbiamo sperato che la “Giustizia” diventasse il centro di un rivoluzionario progetto innovatore che ne guarisse le inaccettabili disfunzioni e che avviasse un percorso di efficienza, equità e modernità degno di uno Stato democratico ispirato alla tutela dei diritti fondamentali e impegnato nella difesa del futuro delle generazioni. Anche con questo Governo abbiamo sperato terminasse il conflitto sconsiderato tra “caste di potere”, tra ideologie oramai obsolete e cinici individualismi. Invano. Nessuna riforma organica. Qualche legge repressiva e molta confusione. Il livello di civiltà di uno Stato si misura giudicando l’imparzialità del suo “sistema di Giustizia”. La qualità della democrazia si esprime attraverso le forme di garanzia dei diritti fondamentali della persona e della vita di tutti i suoi cittadini, compresi quelli ristretti nelle carceri. La società umana non è perfetta. Non lo è mai stata. Eppure oggi viaggiamo nello spazio, tra i pianeti e le stelle, penetriamo nei misteri del microcosmo, tra gli atomi e i neutrini, generiamo “mostri tecnologici”, come l’Intelligenza Artificiale. Ci avviamo a rivoluzionare ogni regola sociale e ogni modello di organizzazione statale, ma viviamo ancora sottoposti a un “sistema di ingiustizie” che provoca guasti irreparabili all’esistenza individuale e collettiva, che “produce” milioni di poveri e rinchiude in prigioni disumane donne e uomini troppo spesso innocenti. C’è un mondo oscuro, fatto di tenebre dell’anima e della mente, un deserto dell’esistenza, un luogo di dolore e di segregazione, dove la “società organizzata”, per vergogna e per paura, cerca di nascondere le cause devastanti della violenza che nasce dallo squallore delle sue periferie umane definendola, con conformistica eleganza e falso pudore, “devianza sociale”. Ma se vogliamo veramente trovare delle cure efficaci per sanare il “male necessario” che tormenta l’umano cammino, è indispensabile penetrare nel cuore malato delle nostre comunità ed esplorare quest’arida terra di confine dove vive abbandonata una parte dell’umanità e dove vengono celati gli aspetti meno nobili della coscienza e dell’esistenza. Dobbiamo affrontare senza ipocrisie i mali occulti e palesi delle nostre democrazie e sfidare la secolare incapacità della burocrazia statale se vogliamo trovare soluzioni innovative nella gestione del sistema giudiziario e creare percorsi non convenzionali nella formazione e nell’applicazione delle leggi. Sono necessari metodi adeguati a rendere l’espiazione della pena un reale ‘viaggio di redenzione’ del detenuto attraverso il recupero morale e civile. Solamente la creazione di un percorso che consenta il riscatto personale del condannato può saldare il debito sociale e compensare, almeno in parte, il danno provocato. Solamente l’azione sussidiaria di un potente movimento riformatore potrà risvegliare le coscienze intorpidite del potere politico e dei cittadini svelando i lati oscuri di una democrazia incompiuta e interpretando le prospettive ‘rivoluzionarie’ offerte al futuro delle generazioni dal millennio nascente. Va superata la logica sterile tra garantisti e giustizialisti e va spezzato il silenzio sui mali nascosti nelle oscurità della coscienza individuale e collettiva. Una catena ininterrotta di errori giudiziari, di ingiusti processi, di violenze carcerarie e di umane sofferenze lega epoche diverse e differenti regimi, fino a imprigionare l’intera società organizzata in un sistema incapace di rinnovarsi e di garantire a tutti una Giustizia giusta e una Libertà inviolabile. Dobbiamo penetrare nelle “prigioni dell’uomo”, visibili e invisibili, studiando e analizzando il buio dell’anima, il legame tra sofferenza e solidarietà, tra dolore e ascesi, tra mancanza di libertà e crimine, tra delitto e ravvedimento, tra pena e giustizia, non dimenticando mai la difesa dei diritti della persona, la salvaguardia della dignità, l’attenzione e la cura nei confronti delle vittime e delle famiglie di chi ha subito violenza. Ma per fare questo serve una “totale conversione” ideologica e culturale che guidi la politica e tutta la classe dirigente a esercitare la “Giustizia” come la massima difesa della sacralità della vita, garanzia degli equilibri sociali, protezione dei più deboli e della libertà. IRAQ: NELLE CARCERI IL DOPPIO DEI DETENUTI PREVISTI, MENTRE ENTRA IN VIGORE L’AMNISTIA Le prigioni irachene sono sovraffollate, ospitando più del doppio della loro capacità prevista, ha dichiarato il Ministro della Giustizia il 3 maggio 2025, mentre è da poco entrata in vigore nel Paese una legge di amnistia generale. Il Ministro della Giustizia Khaled Shwani ha dichiarato in un’intervista all'Associated Press che le 31 carceri irachene ospitano attualmente circa 65.000 detenuti, nonostante il sistema sia stato progettato per ospitarne la metà. Ha riconosciuto che il sovraffollamento ha messo a dura prova l'assistenza sanitaria e gli standard dei diritti umani nelle carceri. "Quando abbiamo assunto l'incarico, il sovraffollamento era al 300%", ha dichiarato. "Dopo due anni di riforma, l'abbiamo ridotto al 200%. Il nostro obiettivo è di portarlo al 100% entro il prossimo anno, in linea con gli standard internazionali". Migliaia di altri detenuti rimangono in custodia delle agenzie di sicurezza, ma non sono ancora stati trasferiti al Ministero della Giustizia a causa della mancanza di capacità delle carceri. Quattro nuove prigioni sono in costruzione, ha affermato Shwani, mentre tre sono state chiuse negli ultimi anni. Altre due sono state aperte e sei prigioni esistenti sono state ampliate. La legge di amnistia generale, approvata lo scorso gennaio, ha ricevuto un forte sostegno da parte dei deputati sunniti, i quali sostengono che la loro comunità sia stata presa di mira in modo sproporzionato dalle accuse di terrorismo, con confessioni talvolta estorte sotto tortura. Gli oppositori della legge affermano che quest’ultima consentirà il rilascio di persone coinvolte in corruzione pubblica e appropriazione indebita, nonché di militanti che hanno commesso crimini di guerra. L'Osservatorio Iracheno per i Diritti Umani ha dichiarato in una nota che "l'attuale versione della legge di amnistia generale solleva profonde preoccupazioni sulle sue potenziali conseguenze legali e di sicurezza". Shwani ha affermato che 2.118 prigionieri sono stati rilasciati dalle prigioni del Ministero della Giustizia dall'entrata in vigore della legge sull'amnistia, mentre altri sono stati rilasciati dalla custodia delle agenzie di sicurezza, prima di essere trasferiti al Ministero della Giustizia. "Abbiamo una commissione che studia la situazione dei detenuti e individua coloro che potrebbero avere diritto al rilascio, ma il quadro non è ancora definitivo", ha affermato. Il ministro ha detto di aspettarsi che un "buon numero" di persone verrà rilasciato, ma "non può specificare una percentuale esatta finché non riceveremo chiarimenti dalla magistratura su chi ha diritto all'amnistia". Le carceri irachene ospitano centinaia di cittadini stranieri, la maggior parte dei quali condannati per reati legati al terrorismo e per affiliazione ad Al-Qaeda e Daesh. I detenuti provengono da paesi come Kirghizistan, Kazakistan, Azerbaigian, Turchia, Egitto, nazioni nordafricane e diversi stati europei, oltre a una manciata di cittadini statunitensi. Shwani ha affermato che sono in corso trattative con diversi governi per il rimpatrio dei rispettivi cittadini, esclusi quelli condannati a morte. Ha aggiunto che dei detenuti sono stati rimpatriati in base ad accordi esistenti con Iran, Turchia e Regno Unito, inclusi 127 detenuti iraniani che sono stati recentemente trasferiti a Teheran. Un iraniano condannato per l'omicidio di un cittadino statunitense, avvenuto a Baghdad nel 2022, rimane tuttavia in custodia, ha aggiunto Shwani. La vittima, il 45enne Stephen Edward Troell, originario del Tennessee, fu uccisa a colpi d'arma da fuoco nella sua auto a novembre, nella strada del quartiere Karrada di Baghdad in cui viveva con la famiglia. In relazione all’omicidio, il cittadino iraniano Mohammed Ali Ridha è stato condannato insieme a quattro iracheni, in quello che è stato descritto come un rapimento finito male. Tutte le esecuzioni sono state sospese in seguito all'approvazione della legge di amnistia generale, ha dichiarato Shwani. L'Iraq viene criticato dalle organizzazioni per i diritti umani per l'applicazione della pena di morte e in particolare per le esecuzioni di massa effettuate senza preavvisare avvocati e familiari dei prigionieri. Shwani ha respinto le critiche sulle condizioni carcerarie e sulle esecuzioni. "Sono in vigore misure severe per qualsiasi violazione commessa contro i detenuti", ha affermato. "A seguito di segnalazioni, molti dipendenti sono stati indagati, licenziati o perseguiti". Il ministro ha insistito sul fatto che "il numero di esecuzioni effettuate è limitato, non così elevato come riportato dai media" e ha affermato che la pena di morte viene applicata solo per "crimini che minacciano gravemente la sicurezza nazionale e la sicurezza pubblica", incluso il caso dei condannati per l'attentato del 2016 nel distretto Karrada di Baghdad, che uccise centinaia di persone, così come per i casi di stupro di minori e quelli relativi a leader di alto rango di Daesh. Le esecuzioni capitali sono state sospese per riesaminare i casi in base alla nuova legge sull'amnistia, ha concluso il ministro. (Fonte: AP, 05/05/2025) PIÙ DI 128.000 RIFUGIATI AFGHANI RIMPATRIATI DAL PAKISTAN IN SEI SETTIMANE L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha riferito che oltre 128.000 rifugiati afghani sono stati rimpatriati dal Pakistan da inizio aprile a metà maggio 2025, la maggior parte dei quali è stata deportata forzatamente. In un post su X (ex Twitter) del 14 maggio, l'OIM ha dichiarato di aver fornito alloggio, cibo, assistenza medica e protezione a oltre 68.000 rimpatriati, per la maggior parte donne e bambini. L'OIM ha avvertito che i bisogni dei rimpatriati rimangono elevati. Il Pakistan, che ha ospitato per decenni un gran numero di rifugiati afghani, ha intensificato le deportazioni negli ultimi mesi. Migliaia di persone vengono ora rimpatriate ogni giorno nell'Afghanistan controllato dai Talebani, un Paese alle prese con povertà e difficoltà umanitarie. Le autorità pakistane affermano che almeno 1,3 milioni di rifugiati afghani sono stati espulsi dalla fine del 2023, quando è iniziata la repressione nei confronti dei cittadini stranieri irregolari. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima che oltre 1,6 milioni di rifugiati afghani torneranno dal Pakistan nel 2025. Si prevede che l'80% di loro verrà rimpatriato tra aprile e settembre. Le organizzazioni per i diritti umani e le agenzie delle Nazioni Unite hanno esortato il Pakistan a fermare le deportazioni, citando il peggioramento della crisi in Afghanistan. In Afghanistan, quasi 23 milioni di persone, per lo più donne e bambini, dipendono dagli aiuti umanitari, mentre le restrizioni ai diritti delle donne rimangono severe sotto il regime talebano. Attivisti, ex dipendenti governativi e giornalisti sono particolarmente a rischio, ha avvertito l'ONU. "Tra questi rifugiati ci sono ex funzionari del governo afghano, attivisti della società civile, musicisti e professionisti qualificati. Respingerli significherebbe mettere seriamente a rischio le loro vite", ha dichiarato il portavoce dell'UNHCR, Qaisar Khan Afridi. (Fonte: Kabul Now, 14/05/2025) I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA ROMA: IL DIRITTO ALLA CONOSCENZA NEL 9° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA DI MARCO PANNELLA Lunedì 19 maggio 2025, ore 16:00 Fondazione Luigi Einaudi Via della Conciliazione 10, Roma Introduce Giuseppe Benedetto, Presidente Fondazione Luigi Einaudi Intervengono Giulio Terzi, Senatore Roberto Rampi, già Senatore, Relatore sul Diritto alla Conoscenza al Consiglio d'Europa Elisabetta Zamparutti, già Deputata, Tesoriera Nessuno Tocchi Caino Marco Beltrandi, già Deputato, esperto di informazione André Gattolin, già Senatore francese Fiamma Nirenstein, già Deputata, scrittrice, editorialista (in collegamento) Jean-Francois Thony, Presidente The Siracusa International Institute (in collegamento) Antonio Stango, Presidente Federazione Italiana Diritti Umani Susanna Campione, Senatrice Ennio Di Francesco, già Ufficiale dei Carabinieri e funzionario della Polizia di Stato Rita Bernardini, già Deputata, Presidente Nessuno Tocchi Caino Modera Matteo Angioli, Segretario generale Global Committee for the Rule of Law "Marco Pannella" I giornalisti e gli ospiti devono accreditarsi scrivendo a: accrediti@ NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem. 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