NESSUNO TOCCHI CAINO - XI CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM |
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 25 - n. 37 - 15-11-2025 |
| LA STORIA DELLA SETTIMANA XI CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS FLASH 1. ISRAELE E MEDIORIENTE, LAVARE IL PECCATO ORIGINALE: LA SOVRANITÀ ASSOLUTA E LA SICUREZZA VIOLENTA DELLO STATO NAZIONALE. UNA PROPOSTA NONVIOLENTA 2. LA PAROLA ‘CRIMINE’ E L’ESCLUSIONE SOCIALE DEI DETENUTI 3. IRAN: SUPERATE LE 1500 ESECUZIONI DALL’INIZIO DEL 2025 4. OKLAHOMA (USA): IL GOVERNATORE CONFERMA LA CLEMENZA PER TREMANE WOOD XI CONGRESSO DI NESSUNO TOCCHI CAINO Ti invitiamo a partecipare al XI Congresso di Nessuno tocchi Caino che si svolgerà nei giorni 18, 19 e 20 dicembre 2025 presso il Teatro Puntozero del Carcere Minorile Cesare Beccaria di Milano, in Via Dei Calchi Taeggi 20. La scelta del luogo ha per noi un alto valore simbolico. Per la visione del carcere che ci appartiene, è anche un modo di contribuire al dialogo, alla convivenza civile e alla cura, anche delle ferite che possono crearsi in quella che comunque rimane per noi una “comunità” non solo di detenuti, ma anche di “detenenti”, come Marco Pannella usava dire. Inizieremo i lavori nel primo pomeriggio del 18, li continueremo per tutto il 19 e li chiuderemo nel primo pomeriggio del 20 dicembre. Abbiamo previsto tre sessioni di dibattito generale sui seguenti temi: · “Morte per pena: Non solo privazione della libertà” · “I luoghi della pena: Visitare i carcerati” · “La fine della pena: Non giudicare!” È prevista anche una sessione di dibattito dal titolo “Quando Prevenire è peggio che Punire”. Sono questi i temi che hanno connotato l’iniziativa di Nessuno tocchi Caino fin dalla sua fondazione oltre trent’anni fa e che non ha avuto mai sosta. Negli ultimi tre anni, in particolare, insieme alle Camere penali, a Sindaci e amministratori locali, ai Garanti dei detenuti e, sempre più spesso, anche a Magistrati requirenti e giudicanti, Nessuno tocchi Caino ha fatto oltre 300 visite agli Istituti. Con la nostra opera laica di “visitare i carcerati” e i nostri Laboratori “Spes contra spem”, abbiamo cercato – nei momenti e nei luoghi in cui è facile prevalgano violenza e disperazione – di far vivere il metodo “rivoluzionario” della nonviolenza e la forza liberatrice della speranza. Comunicaci la tua partecipazione al Congresso e, almeno una settimana prima, invieremo l’ordine dei lavori. Se non lo hai ancora fatto, ti chiediamo di iscriverti per partecipare al Congresso anche con la tessera di Nessuno tocchi Caino – Spes contra spem. Ti aspettiamo!! Un caro saluto, Rita Bernardini – Presidente Sergio D’Elia – Segretario Elisabetta Zamparutti – Tesoriera Tel 335 8000577 – email: e.zamparutti@gmail.com ISCRIZIONE A NESSUNO TOCCHI CAINO (almeno 100 euro) · Bollettino postale: intestato a Nessuno tocchi Caino, C/C n. 95530002 · Bonifico bancario: intestato a Nessuno tocchi Caino, IBAN IT22L0832703221000000003012 · PayPal: attraverso il sito a questa pagina www.nessunotocchicaino.it/ · Con carta di credito telefonando al 335 8000577 N.B. I contributi a Nessuno tocchi Caino sono deducibili dalle tasse in base al D.P.R. 917/86 5x1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO · Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” · E riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587 TEATRO PUNTOZERO BECCARIA · Dove si trova Il Teatro Puntozero Beccaria si trova in Via dei Calchi Taeggi 20, all’interno dell’Istituto Penale Minorile “C. Beccaria” di Milano. Ma con ingresso autonomo per il pubblico – portone bianco a sinistra dell’ingresso principale. Apri in Google Maps · Come raggiungerlo Metro: M1 – Bisceglie (poi 4 min a piedi) Bus: linee 63 – fermata “Beccaria” (10 min a piedi) Auto: Ampio parcheggio su strada nei pressi dell’Istituto. Libero dopo le 19. · Indirizzo & contatti Teatro Puntozero Beccaria Via dei Calchi Taeggi 20 – 20152 Milano (MI) Tel. 340 8036703 info@puntozeroteatro.org http://www.puntozeroteatro. · Controlli e accessibilità Per gli eventi pubblici si accede normalmente come in un teatro cittadino. La sala si trova al secondo piano senza ascensore. È dotata di un montascale compatibile con alcuni modelli di carrozzine. Chiama il 340 8036703 per verificare la compatibilità. · Pernottamento Opzioni da perfezionare in base alle proprie esigenze, prenotando online, telefonando alla struttura o tramite Booking Amedia Hotel Milano **** Indirizzo: Via Bisceglie 96, 20152 Milano MI (1,1 Km dal Teatro del Carcere Beccaria, 13 minuti a piedi) Telefono: 02 8295 4020 OstellOlinda Milano Indirizzo: Via Ippocrate 47, 20161 Milano (circa 20 minuti di Metro dal Teatro del Carcere Beccaria) Mail: ostello@olinda.org Telefono: 02.917.017.18 - 335 763 1906 Prenotazione online: https://ostellolinda.org/it/ Tel 335 8000577 – email: e.zamparutti@gmail.com NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH ISRAELE E MEDIORIENTE, LAVARE IL PECCATO ORIGINALE: LA SOVRANITÀ ASSOLUTA E LA SICUREZZA VIOLENTA DELLO STATO NAZIONALE. UNA PROPOSTA NONVIOLENTA Sergio D’Elia Roberto Rampi Di fronte all’orrore del 7 ottobre è come se in Israele l’idea tremenda della vendetta abbia preso il sopravvento sulle idee di giustizia e libertà, di vita del diritto per il diritto alla vita, che sono quelle che hanno fatto la differenza in un mondo dove dominano regimi ingiusti e illiberali, che profanano la vita e il diritto. Si affaccia ora anche lo spettro della pena di morte, l’idea del contrappasso e del castigo anche nella giustizia. In nome di Abele lo Stato diventa Caino. L’unico parlamento pluralista e democratico in una terra senza parlamenti degni di questo nome, vota la ripresa della pena capitale. Ma solo per i palestinesi che si sono macchiati le mani di sangue israeliano. Caino non è il fratello ebreo di Abele, è il fratello musulmano che ha ucciso l’ebreo. È la rivalsa dello Stato etnico, siamo a un passo vicino al basso più profondo che oltrepassa la dimensione già abissale dello Stato etico, padre padrone della vita dei suoi cittadini. L’ultima e unica volta che Israele ha praticato la pena di morte è stata quando ha impiccato Adolf Eichmann. Hannah Arendt allora scrisse che il Male incarnato dal vecchio ufficiale della Gestapo le appariva “banale” e il castigo riparatore “anacronistico”, tanto era il tempo passato dal delitto. Come anacronistico ci appare oggi, dopo oltre sessant’anni di moratoria, il ritorno di Israele al suo passato errore capitale. Le vittime del 7 ottobre devono essere onorate della verità di ciò che è accaduto. Sull’altro piatto della bilancia va messa, non la vendetta, ma la fatica della riconciliazione. Se vogliamo assicurare salvezza e futuro a quella terra martoriata. Uno Stato di diritto è tale se ha la forza di essere, di fronte al male assoluto e al peggiore degli assassini, uno Stato di vita non uno Stato di morte. Di fronte allo Stato di morte instaurato da Hamas, Israele si distingua come Stato di vita. Occorre rompere la catena perpetua di delitti e castighi, di violenze e sofferenze. Ma per farlo occorre lavare il peccato originale, la maledizione del fine che giustifica i mezzi: la sovranità assoluta e la sicurezza nazionale. Ancor più radicalmente, occorre considerare lo Stato nazionale “in sé”, nella sua logica e nella sua natura, generatore di violenza. L’idea stessa che a uno Stato corrisponda un popolo con una lingua, una religione, una cultura, è la radice del male della violenza. É una idea “purista” che è potenzialmente e spesso concretamente propensa a “eliminare le impurità”. Chi non appartiene a quel territorio, alla lingua o alla religione, alla etnia dominante, va marginalizzato, espulso se non eliminato. L’idea dell’Europa nasce invece come diversa. Un soggetto politico multietnico, multilinguistico e multireligioso in cui non solo convivere ma superare le ragioni dei conflitti identitari del passato. Perché nasce proprio sulle macerie materiali e spirituali dei nazionalismi delle due guerre. Un soggetto che non si è pienamente concretizzato, ma ha compiuto un po’ di strada. Pensiamo alla storia delle terre di confine tra Francia e Germania o tra Italia e Austria ieri e oggi. Alla fine, la contesa rispetto a quale Stato dovessero appartenere è stata superata più che risolta. Ecco, la soluzione per le terre e i popoli martoriati del nostro medio oriente ci pare sia in questa direzione. Un soggetto federale multietnico che, magari, come l’Europa attuale conservi (purtroppo) nomi, sovranità (inutili e spesso dannose) e anche i confini. Transitoriamente si può accettare, si spera per un tempo non infinito. Una Unione Medio Orientale potremmo chiamarla. Sarebbe il nome “vista da qui”. E dovrebbe coinvolgere come minimo, oltre a chi vive oggi in Israele e Palestina, anche Giordania, Libano, Siria. Partendo da un Manifesto del Giordano sulla falsa riga di quello di Ventotene. Che individui e indichi un orizzonte. Ci pare una strada che andrebbe favorita e promossa magari provando a invitare e ospitare con spirito di prossimità e vicinanza alcuni pensatori espressione di quelle terre per discuterne. Magari proprio a Ventotene. È una visione europea. Ed è forse sbagliato provare a immaginare noi il loro futuro e riproporre le nostre formule. Ma come diceva Tucidide nella guerra del Peloponneso, forse, possiamo insegnare i nostri errori perché altri non li ripetano. L’unica soluzione possibile, contro il probabile del perpetuarsi della tragedia, è alzare la posta e immaginare un’area di diritti e libertà delle persone, magari, parte di una Unione Europea più grande che diventerebbe pienamente Mediterranea oppure una Unione Mediterranea a sé stante. Il destino di quei popoli è da sempre legato. Evitiamo che la forza letteralmente diabolica del “porre ostacoli in mezzo”, delle divisioni, delle barriere di confine, prenda il sopravvento, irreversibilmente, sulla forza gentile della parola, del dialogo, dell’amore, in una parola, della nonviolenza. LA PAROLA ‘CRIMINE’ E L’ESCLUSIONE SOCIALE DEI DETENUTI Iacopo Benevieri Conosciamo il disinteresse che da sempre la politica manifesta nei confronti della condizione carceraria, disinteresse che riflette una percezione diffusa nella società contemporanea, quella che equipara il criminale a colui che è stato espulso dalla comunità civile, destinatario dell’infamia e del bando collettivi. In questa rappresentazione il carcere continua a restare un luogo irrappresentabile, oggetto di una rimozione psichica collettiva. La stessa etimologia della parola “crimine” rivela il nesso tra questo concetto e quello di esclusione sociale. Nella seconda metà dell’Ottocento il linguista svizzero Pictet sottolinea come in latino la parola crimen derivi dal verbo “cerno”, che significa sì “decidere”, ma anche “discernere, distinguere, separare, dividere”: ciò che viene separato, ciò che viene diviso implica l’idea di un limite che viene superato, di una soglia che è stata varcata socialmente. Crimen dunque è quell’azione umana che ha passato una soglia, ha oltrepassato il perimetro della comunità civile. Una suggestiva conferma ci proviene proprio dallo stesso Pictet quando individua l’etimologia latina di “crimen” nel sanscrito “karman”, che significa “fatto umano compiuto”, stabilendo un legame tra l’atto umano e le sue conseguenze. Crimen è l’azione di colui che ha passato la soglia, di chi ha superato il varco della comunità civile, portandosi dietro quelle conseguenze irrogate dalla stessa comunità. Nell’ambito del diritto penale ci sono altre parole che rappresentano il fatto illecito come atto di deviazione, di separazione dal sentiero di una collettività, superamento di una soglia. Una di queste parole è “delinquente”. Trae origine dal latino dēlinquo, verbo composto della particella “de” con il verbo “linquo”, che significa “lasciare, abbandonare, divergere”. Delinquente, pertanto, è colui il quale devia dalla strada della convivenza civile, e, conseguentemente, è il “deviante” (altro termine diffuso nel lessico giuridico) rispetto ai viandanti. È chi oltrepassa il confine. Il crimine e il delitto dunque sono gli atti di colui che ha oltrepassato un perimetro sociale, lo ha valicato, si è posto fuori dalla collettività ed è lì a rappresentare per gli altri consociati l’esistenza stessa del limite da non superare (così Durkheim circa la centralità dell’interdetto nella definizione dei fenomeni sociali). Infatti a partire dalla metà del Cinquecento, nelle Piazze di tutti gli Stati italiani e d’Europa vengono emessi numerosi bandi proprio contro coloro che potevano costituire minaccia per la convivenza civile, con l’ordine di abbandonare la città, di oltrepassare fisicamente il confine della comunità civile, confine già superato con le condotte illecite. Nei secoli successivi gli strumenti di allontanamento del delinquente rispetto alla Piazza civile si succederanno nelle varie forme della condanna alle galee, poi dell’internamento in case di correzione e infine della detenzione in carcere. Dunque la configurazione di un territorio «sicuro» contro la «turba infame» ha essenzialmente a che fare con l’attività di tracciamento di confini e di separazione di due territori: confini di inclusione e di esclusione, confini di assegnazione di identità. La stessa costruzione di identità, cioè di inclusione e appartenenza sociale, viene definita anche attraverso la narrazione dell’esclusione: ci percepiamo come “inclusi” in quanto non si appartiene a chi non lo è, a chi è stato allontanato dalla comunità. Ancora, torna il tema di “separare”, “dividere” di pertinenza della parola “crimen”. Per funzionare i confini devono essere percepibili dai consociati, anche se si tratta di confini non necessariamente visivi. Un confine può venire tracciato in molti modi, anche attraverso la comunicazione. Nella narrazione quotidiana dei mass-media, infatti, l’esperienza dei detenuti è rappresentata come esperienza oltre-confine, oltre il perimetro dei diritti e delle garanzie, come uno spazio appunto “ob-sceno”, cioè fuori dalla scena di ciò che può esser rappresentato e di cui occuparsi. Questa, però, dovrebbe esser la missione del diritto in un Paese democratico: occuparsi delle minoranze che fanno esperienze fuori dal “centro” della comunità, occuparsi di chi vive sulle “soglie” o anche oltre le soglie, occuparsi delle umanità “decentrate” e riportarle al centro dell’interesse giuridico come lo sono al centro della nostra Costituzione. IRAN: SUPERATE LE 1500 ESECUZIONI DALL’INIZIO DEL 2025 Secondo il data base tenuto da Nessuno tocchi Caino, alla data dell’8 novembre in Iran sono state effettuate almeno 1506 esecuzioni. NtC consulta regolarmente i più aggiornati siti delle principali Ong di esuli iraniani, IHR, Hrana ed Hengaw, e, per quanto riguarda le esecuzioni delle donne, Wncri. Ciclicamente fa poi una verifica anche su altri siti, KHRN, Iran HRS, Iran HRM, Farda English, Iran International, IranWire, People's Mojahedin Organization of Iran (PMOI/MEK), ed altri. Tutti questi siti riportano le esecuzioni di cui hanno notizia da fonti proprie, visto che meno del 10% delle esecuzioni viene riportato dai media di stato iraniani. Sommando tutte le esecuzioni, e dopo aver verificato eventuali notizie riportate due volte, o casi di omonimia (sempre possibili, perché i “veri” nomi dei giustiziati sono scritti in lingua e caratteri Farsi, e ogni Ong ha modi leggermente diversi di attuare la traslitterazione nel nostro alfabeto, Nessuno tocchi Caino è in grado di dire che l’8 novembre l’Iran ha superato la cifra simbolica di 1500 esecuzioni. Per un raffronto, il data-base di NtC era arrivato a 968 esecuzioni nel 2024, 878 nel 2023, 646 nel 2022, 377 nel 2021, 284 nel 2020, 298 nel 2019, e 328 nel 2018. O il lavoro di “scoperta” delle Ong è molto migliorato, oppure si deve prendere atto che il regime Iraniano sta facendo un ricorso forsennato alle esecuzioni, che non ha precedenti nel suo passato, ad eccezione del 1988, quando, tra luglio e agosto, si stima siano stati giustiziati tra i 6.000 e i 30.000 detenuti politici. I principali analisti indipendenti ritengono che il regime iraniano percepisca le forti difficoltà in cui si sta trovando, e tenti di prevenire qualsiasi tipo di insurrezione popolare ricorrendo a una repressione particolarmente feroce. I gravi rovesci militari che l’Iran ha subito nello scontro decennale con Israele, la perdita di potere in Siria, in Libano, nello Yemen, a Gaza, e le altrettanto gravi difficoltà dell’alleato russo che, stremato dalla guerra di aggressione all’Ucraina, non ha più risorse per aiutare i proxy iraniani in Medio Oriente sarebbero, secondo molti osservatori, all’origine dell’ondata di esecuzioni capitali. (Fonte: NtC) OKLAHOMA (USA): IL GOVERNATORE CONFERMA LA CLEMENZA PER TREMANE WOOD Il governatore dell’Oklahoma Kevin Stitt il 13 novembre ha annunciato la sua decisione di commutare la pena di Tremane Wood dalla pena di morte all'ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. Wood, 46 anni, è il sesto condannato a ricevere la grazia nello Stato nella storia moderna della pena capitale. La grazia è stata concessa dopo che la Commissione per la grazia e la libertà vigilata dell'Oklahoma l'aveva raccomandata con un voto la scorsa settimana. “Dopo un'attenta revisione dei fatti e una ponderata riflessione, ho deciso di accettare la raccomandazione della Commissione per la grazia e la libertà vigilata di commutare la pena di Tremane Wood in ergastolo senza possibilità di libertà condizionale”, ha dichiarato Sitt in un comunicato. “Questa azione riflette la stessa condanna che suo fratello ha ricevuto per l'omicidio di un giovane innocente e garantisce una punizione severa che tiene un criminale violento lontano dalle strade per sempre”. Wood era stato condannato a morte per l'omicidio di Ronnie Wipf, un bracciante agricolo migrante del Montana, avvenuto nel 2001 durante una rapina fallita in un hotel di Oklahoma City alla vigilia di Capodanno. Lui e i suoi rappresentanti legali hanno sostenuto l'innocenza di Wood nell'omicidio, affermando che era coinvolto nella rapina ma non nell'omicidio, che, secondo loro, è stato commesso dal fratello, Zjaiton Wood. Zjaiton Wood, processato separatamente, si era dichiarato colpevole ed era stato condannato all'ergastolo senza possibilità di libertà condizionale. Zjaiton Wood è deceduto mentre era in carcere nel 2019. “Siamo profondamente grati per il coraggio morale e la leadership dimostrati dal governatore Stitt nel concedere la grazia a Tremane”, ha dichiarato il 13 novembre Amanda Bass Castro-Alves, una degli attuali avvocati di Wood. “Questa decisione onora i desideri della famiglia del signor Wipf e della vittima sopravvissuta, e speriamo che possa portare loro un po' di pace”. L'annuncio ha segnato la seconda concessione di clemenza da parte di Sitt da quando è entrato in carica. Nel 2021 aveva approvato il provvedimento di clemenza per Julius Jones. La commutazione della pena di Jones è arrivata sulla scia di una significativa protesta pubblica sul suo caso, poiché la gente metteva in dubbio la legittimità della sua condanna per omicidio. Per quanto riguarda Wood, lo Stato dell'Oklahoma ha insistito, durante gli ultimi vent'anni della sua detenzione, sul fatto che egli sia un criminale pericoloso che ha partecipato ad attività illegali in prigione, citando, come esempio, il fatto che fosse stato trovato in possesso di un telefonino. Wood ha ammesso alcune irregolarità nel proprio comportamento da detenuto, ma ha insistito sul fatto di non essere stato direttamente responsabile della morte di Wipf. (Fonte: CBS News, 13/11/2025) I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem. Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it |



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