"La zattera astronomica - Come sopravvivere a un papà scienziato" di Giulia Bignami (Baldini+Castoldi) e mio padre e mia sorella

 

 

Se qualche ospite sprovveduto stupidamente chiedeva: “Ma in questo formaggio ci sono i vermi?” La risposta di mio padre era: “No, l'ultima generazione di vermi è morta l'anno scorso, mi pare”. E, purtroppo, era la verità.” (pag. 79)

Aspettavo ormai da qualche settimana con grande trepidazione l'opera d'esordio di Giulia Bignami “La zattera astronomica. Come sopravvivere a un papà scienziato” (Baldini+Castoldi)

Seguo Giulia, ricercatrice clinica a Edimburgo e figlia dell'astrofisico e divulgatore scientifico Giovanni Bignami, scomparso nel 2017, e dell'astrofisica Patrizia Caraveo, su Twitter, leggo i suoi pezzi su Il Giornale ed è stata la curatrice/mediatrice/tessitrice del bellissimo “Lettere dalla fine del mondo”. Devo dire che essendo uno stronzo qualche dubbio lo avevo ma sin dalle prime pagine (anche se proprio proprio all'inizio c'é una bellissima prefazione di Massimiliano Parente) tutti i dubbi sono evaporati e ho incontrato una Scrittrice. Sì, con la S maiuscola, perché questo racconto dell'infanzia di Giulia si fa avventura picaresca, tragicomica, esilarante, trascinante, dissacrante e ogni pagina toglie il respiro, diverte, insegna, irretisce, commuove, sorprende.

È il racconto di una bambina/ragazzina/adolescente con un padre astrofisico famoso, premiato, discusso, televisivo, applaudito a che nella vita privata non è certo il professore ammuffito dedito giorno e notte solo e soltanto allo studio e alla ricerca ma uno che durante le vacanze in Liguria sottopone la figlia a prove fisiche estreme e folli (tipo costruire una zattera sfidando ogni logica...), che la fa giocare all'avvistamento ai satelliti o la trascina all'indimenticabile funerale dell'ultima Medaglia d'oro vivente che guidò un Maiale, che si fa accompagnare all'Accademia Nazionale dei Lincei fra mummie viventi, scienziati folli, cadaveri, lasagne, che detesta gli astronauti, che scrive poesie per la figlia, che le insegna a non prendersi troppo sul serio e a cucinare pesche molotov e guardare all'universo con occhi ogni giorno nuovi e sempre attenti e sorridenti.

Quando al sottoinsieme degli astronauti, non sono mai riuscito a comprendere l'aura di adorazione che sembra circondargli. Si vendono come grandi eroi dell'umanità, esploratori del cosmo, ma appena rientrano sulla Terra tutto quello che ti vogliono raccontare nei più sordidi dettagli è come fanno a fare la pipì in assenza di gravità. Quando sono troppo vecchi per vendersi come conquistarori dello spazio (per carità, tutti conquistatori sempre comodamente seduti sulla Stazione Spaziale Internazionale, orbitando intorno alla terra), si rivendono come testimonial pubblicitari o peggio, molto peggio, come guru motivazionali. Non c'è niente di più triste di un astronauta in pensione che cerca di convincerti a sfruttare il tuo potenziale, dicendoti: “Sky is the limit”. Seriamente? Hai passato la tua vita vomitando e allenandoti per essere tra i pochi prescelti che si siederanno su tonnellate di idrazina per uscirci dal cielo e adesso mi vieni a dire che il cielo è il mio unico limite?” (pp. 43-44)

Un libro delicato, divertente, toccante e pieno d'amore, scienza, stile e un sacco di spunti per tutti quelli che vogliono scrivere qualcosa sui propri genitori senza rompere i coglioni al lettore o ricattarlo con le solite storie patetiche o fargli la spiega su quanto erano incredibili o stronzi o geni i propri genitori o ricordargli l'importanza dello studio, dei fondi per la ricerca e bla bla bla.

In questo libro vivono una figlia meraviglioso e un padre dolcemente folle, un padre con un nome pesante che sembra leggerissimo in queste pagine.

E vi sembra poco? Mica è facile scriverne e Giulia Bignami ci è riuscita in maniera splendida.

In tanti mi dicono che sono stata molto fortunata a crescere con due genitori astrofisici. Io, in generale, rispondo che nell'astrofisica sono caduta dentro troppo piccola, come Obelix nella pozione magica di Panoramix. Quando si hanno in casa degli asciugamni con sopra ricamati dei satelliti, direi che si può iniziare a tirare una linea. In altre parole, certamente avere due genitori scienziati è stata una fortuna: ho ereditato e sono cresciuta in una visione scientifica del mondo, che è l'unica vera e quindi, per definizione, la migliore che si possa insegnare a una figlia. Ma non si poteva certo pensare che io scegliessi una carriera nell'astrofisica, sarebbe stato un suicidio. Prima di tutto, avrei dovuto convivere con l'idea che sarei sempre stata “figlia di”, concetto che ho sempre violentemente detestato, e poi il confronto sarebbe stato inevitabile. In realtà, c'è anche un'altra ragione: troppi astrofisici mi hanno vista nuda. E non nel senso che state sicuramente pensando.” (pp. 101-102)

Mentre lo leggevo ho pensato tantissimo a come ho fatto io a sopravvivere a mio padre chimico (con trent'anni e passa di lavoro nel settore dell'alta moda)  che c'erano volte che tornato dal lavoro provava esperimenti di colorazione di tessuti con la lavatrice casalinga finendo col tempo per distruggerle tutte quanti le lavatrici e appestare la casa di odori pestilenziali o che quando andavamo a Milano e per girare quattro negozi nel Quadrilatero della moda ci mettevamo mezza giornata perché doveva toccare tutti i vestiti e annusarli e parlarcene e qualche volta rischiò pure di farsi prendere a botte dalle guardie che lo scambiavano per un pazzo. 

Mia madre che stava al gioco e lo supportava in tutto. 

Anche quella volta che mio volle a tutti i costi a tingermi alcuni vestiti di un rosino che diceva che sarebbe andato tanto di moda l'anno successivo e quando li indossai a scuola mi diedero tutti del finocchio, compresa una professoressa che mi prese da parte chiedendomi se stessi bene e io risposi: “Moda primavera” e giù a ridere tutti quanti.

E cazzo ho pensato anche a mia sorella egittologa e al suo ambiente pieno di mummie viventi, di baroni del cazzo, di gente che parla solo in latino e greco, di vecchiacci trentenni pedanti e di sapientini e sapientine che si prendono troppo sul serio e mi annoiano sempre quando li incontro e non riescono a capire come mia sorella sia rimasta una ragazzina che eccelle, scrive, insegna, vince i concorsi ma mica rompe sempre i coglioni coi suoi titoli di studio e mon si vergogna di essere stata una fan dei Take That (lo è ancora oggi) e di andare ancora a messa tutti le domeniche e confessarsi. Ho pensato anche a tutte quelle giornate trascorse ad aiutarla con la catalogazione di cocci o a interrogarla sui vari simboli di geroglifici e prendermi pure dell'ignorante perché non avevo mai imparato niente durante queste sedute interminabili e visto che sono un ignorante mi trasformò pure nella cavia per i laboratori archeologici che teneva nelle scuole. 

Mia sorella la biondina con gli occhi azzurri che quando si siede a tavola diventa una burina che leccherebbe anche la padella e mangia tutto ma intendo proprio tutto tutto, salvo i farinacei perché é celiaca e prima di mangiare la cassoela vuole sempre la polenta con dentro una fetta di gorgonzola e poi mangia altre due fette di polenta e si mette a parlare di faraoni, scavi e parla e parla per ore, interrogandovi e mostrandovi su un foglio di scottex una presa per il culo in geroglifici.

Come ho fatto a sopravvivere a loro?

Boh. 

Perché anche se non andiamo d'accordo, ci tolleriamo poco quando stiamo insieme diventiamo molto spericolati e anche parecchio folli e ci imbarchiamo in discussioni e avventure senza capo né coda e quando mia madre era ancora viva era lei quella che riusciva a mantenere un sottile e precario equilibrio e quando mia sorella era in crisi per gli esami da dare e mio padre stressato dalle preparazioni per le collezioni diceva: "Se andiamo a mangiare un gelato a Venezia magari ne parliamo in macchina" e via 5 ore di viaggio per un gelato.

 Poi ci sarebbe da chiedere come loro tre sono riusciti a sopravvivere a un figlio/fratello come me...

 

Mio padre non è mai stato un grande cuoco, ma la sua fantasia compensava largamente le sue carenti doti culinarie. Sono sicura di aver mangiato piatti con storie e nomi così esclusivi che non sareste in grado di trovarli neanche nei menù dei più famosi ristoranti stellati.” (pag. 47)

Commenti

  1. Ero un vero e proprio fan di suo padre, e ci rimasi malissimo quando se ne andò. Non sapevo di questa uscita, davvero interessante. Messo in lista!

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    1. Molto interessante e scritto con grazia. E in questi giorni sto cercando su youtube i video del padre.

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