Un commento, che faccio mio, sulla probabile rielezione di Mattarella + Nessuno tocchi Caino

 


Ormai è quasi certo che questo pomeriggio verrà rieletto Sergio Mattarella. Rielezione che non condivido.

Vitalba Azzollini riassume perfettamente tutto quello che penso su questa situazione:

"Mattarella accetterà paternalmente, e la politica (e la cittadinanza) sarà paternalisticamente tutelata, ancora una volta. Questo Paese non evolverà mai."

...

NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS
 
Anno 22 - n. 4 - 29-01-2022

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : DOPO TRENT’ANNI LA PAPUASIA ABOLISCE LA PENA DI MORTE, L’ITALIA MANTIENE ANCORA LA PENA FINO ALLA MORTE
2.  NEWS FLASH: IL DRAMMA DI CLAUDIO, STA MALE E VA CURATO MA NON È UN UOMO: È UN CARCERATO!
3.  NEWS FLASH: OKLAHOMA (USA): DONALD GRANT È STATO GIUSTIZIATO
4.  NEWS FLASH: NIGERIA: GOVERNATORE DI BENUE CONCEDE L’AMNISTIA A 50 DETENUTI
5.  NEWS FLASH: MYANMAR: DUE NOTI ATTIVISTI CONDANNATI A MORTE DALLA GIUNTA MILITARE
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA :


DOPO TRENT’ANNI LA PAPUASIA ABOLISCE LA PENA DI MORTE, L’ITALIA MANTIENE ANCORA LA PENA FINO ALLA MORTE
Elisabetta Zamparutti

Per trovare Papua Nuova Guinea sul mappamondo, bisogna girarlo completamente rispetto a noi. Il giro è anche temporale, perché lì vivono tribù ancora isolate nella foresta. Ce n’è una che seppe dell’esistenza di altri popoli solo nel 1974, un anno prima che l’arcipelago raggiungesse la sua indipendenza.
Non ci sono state esecuzioni dal 1954 e, secondo alcuni analisti, ciò è dipeso dalla cultura tribale – retributiva all’incontrario – per cui i boia o i legislatori che avessero procurato o consentito la morte tramite esecuzione, avrebbero potuto subire la ritorsione violenta da parte del clan del giustiziato. Sta di fatto però che le sole impiccagioni di cui si è avuto notizia sono quelle avvenute sotto le varie amministrazioni britannica, tedesca e australiana. Abolita nel 1970 sotto l’amministrazione australiana, la pena di morte è stata reintrodotta nel 1991 per omicidio, tradimento e pirateria.
In un malsano tentativo di tenersi al passo con i tempi moderni, dopo tanti viaggi-studio in Tailandia, a Singapore, in Malesia, in Indonesia e negli Stati Uniti, il Parlamento introdusse nel 2013 la “civilissima” iniezione letale, con anche il plotone di esecuzione e la sedia elettrica in aggiunta al tradizionale metodo dell’impiccagione. Con l’occasione vennero inseriti nel codice penale anche i reati capitali di stupro aggravato, omicidi legati alla stregoneria e rapine violente. Già nel 2014, però, la difficoltà a procurarsi i farmaci per l’iniezione letale portò il Paese a rinunciare a questo metodo così moderno. E quando nel 2015, il Ministro della Giustizia e Procuratore Generale Lawrence Kalinoe annunciò la ripresa delle esecuzioni, vi fu il contenimento da parte del Primo Ministro Peter O’Neill che, invocando invece l’abolizione in nome della religione cristiana e delle tradizioni, prese decisamente le distanze da chi con la pena di morte pensava di far r
 ispettare la legge e l’ordine nel Paese. A mitigare la bramosia della forca intervenne poi nel 2017 la Corte Nazionale che fece notare come mancasse un Comitato per la grazia e la revisione delle domande individuali di clemenza e pertanto sospese le esecuzioni in vista della costituzione di questo istituto di mitigazione delle pene.
In questo succedersi di opposte tendenze è emerso il senso di un ordine che ha portato il Parlamento di Papua Nuova Guinea ad abolire definitivamente la pena di morte. Il 20 gennaio scorso sono stati esaminati 11 disegni di legge, di cui 6 d’iniziativa del Ministro della Giustizia Bryan Kramer. Nell’illustrarli, il Ministro Kramer ha spiegato come fosse difficile per il Governo riuscire a praticare i metodi di esecuzione in modo umano. Sempre in Parlamento il Primo Ministro James Marape ha detto che la pena di morte “è stata contemplata nell’ordinamento per molti anni, ma in considerazione del trend globale e di studi internazionali, non è un deterrente”. Marape si è anche richiamato ai valori cristiani quando ha detto di ritenere prevalente il “non uccidere” e che solo a Dio spetta giudicare.
Secondo quanto reso pubblico dal commissario per i servizi penitenziari Stephen Pokanis, ci sono 14 detenuti nel braccio della morte della prigione di Bomana a Port Moresby, mentre altri condannati a morte sono reclusi in altre prigioni in tutto il Paese. La loro pena verrà commutata in ergastolo senza condizionale o con possibilità di condizionale dopo trent’anni a seconda dei casi.
C’è dunque molto da fare ancora perché Papua Nuova Guinea si liberi oltre che della pena di morte anche della pena fino alla morte. C’è da dire però che, almeno, dopo trent’anni, ha avuto la capacità di dire basta all’idea che legge e ordine si possano affermare solo attraverso la terribilità della pena. Da noi invece, dopo trent’anni, lo stato di guerra e di emergenza non è ancora finito, l’arsenale di leggi, misure, procedure e regimi speciali non è ancora stato smantellato. Anzi, c’è chi, per continuare a combattere la mafia, invoca ancora “carcere duro” e “fine pena mai”. E sbarra con i soliti anatemi, falsi allarmi e vere e proprie maledizioni la strada verso l’abolizione illuminata dalle sentenze della Corte Europea e della Corte Costituzionale.
Nel trentennale della introduzione della pena di morte, la Papuasia decide di abolirla. Nel trentennale della introduzione della pena fino alla morte, l’Italia la vorrebbe mantenere. Il livello di civiltà di un Paese si misura anche da questo.

---------------------------------------

NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

IL DRAMMA DI CLAUDIO, STA MALE E VA CURATO MA NON È UN UOMO: È UN CARCERATO!
Giuseppe Rossodivita e Barbara Celestini Campanari su Il Riformista del 28 gennaio 2022

Tempo fa, in occasione di una delle molte iniziative nonviolente di Rita Bernardini e dei Radicali volte a ottenere il rientro nella legalità delle carceri italiane, Sergio Staino disegnò una vignetta che raffigurava un uomo, con in braccio un corpo esanime, che rivolgendosi verso un altro uomo, vestito con la toga di un giudice, supplicando dice: “sta male, va curato”, ottenendo per risposta la seguente domanda: “è una persona o un carcerato?”.
La feroce e allo stesso tempo amara satira di Staino, non è affatto lontana dalla realtà. Lo sa Claudio Marongiu, detenuto dall’11 luglio 2021 nel carcere di Rieti. Claudio non sta scontando una pena, è un imputato in attesa di giudizio, un’attesa che si consuma, insieme al suo corpo. Claudio ha 60 anni, è gravemente malato e dall’11 luglio del 2021, oltre a essere in attesa di giudizio è anche in attesa di conoscere l’evoluzione delle sue malattie. E, soprattutto, è in attesa delle cure.
Sin dal suo ingresso in carcere Claudio ha riferito agli addetti del Servizio Sanitario Penitenziario di essere un paziente oncologico per un tumore epatico trattato nel 2017 presso il Policlinico di Tor Vergata e di soffrire di altre serie patologie, inclusa una epatite C sviluppata nel 2019: sono malattie dove la tempestività degli interventi terapeutici può fare la differenza tra la vita e la morte.
Claudio per una vita ha lavorato in Rai, amava la musica, era consulente musicale prima di essere dichiarato totalmente inabile al lavoro proprio a causa delle sue malattie.
Prima dell’ingresso in carcere Claudio “era una persona” e come tale era stata sino ad allora curata con successo grazie alle terapie somministrate inizialmente e ai successivi continui controlli di routine effettuati presso un istituto ad alta specializzazione com’è il Policlinico di Tor Vergata.
Dopo l’ingresso nel penitenziario di Rieti Claudio ha smesso di essere una persona ed è diventato un ‘carcerato’, come quello rappresentato nella amarissima vignetta di Staino.
I valori ematici di Claudio, a partire dai giorni immediatamente successivi all’ingresso in carcere, hanno sin da subito evidenziato una nuova sofferenza epatica, con una riattivazione, certa, dell’epatite C se non del suo tumore. Ma Claudio sino a oggi non è mai stato curato, anzi, a più di sei mesi dall’arresto Claudio non sa neppure quali sono esattamente le evoluzioni delle sue malattie.
Il fisico di Claudio è sempre più debilitato, sta dimagrendo a vista d’occhio e in violazione del suo diritto alla salute la sua permanenza all’interno della struttura carceraria sta avvenendo in assenza di una diagnosi definitiva che permetta l’avvio tempestivo delle cure.
Quando Claudio non era carcerato e dunque era ancora una persona, si curava a Tor Vergata, nota eccellenza italiana in ambito di malattie del fegato dove, come dovuto in un caso clinico complesso come il suo, veniva periodicamente sottoposto a visite specialistiche, ecografie, tac, risonanze magnetiche e a tutti gli esami strumentali diagnostici indispensabili per monitorare e scongiurare l’insorgenza di recidive oncologiche o di riattivazioni infettivologiche.
Al contrario, da quando Claudio è carcerato, e dunque, come lascia intendere Staino, non è più trattato da essere umano, il Servizio di Medicina Penitenziaria dell’Asl di Rieti, pare essersi dimenticato di lui. A nulla sono valse le PEC di diffida inviate dai difensori, già dal mese di agosto 2021, così come a nulla sono valse le ripetute ordinanze del giudice monocratico del Tribunale di Velletri, con le quali sono stati sollecitati ulteriori e definitivi accertamenti diagnostici al fine di dare avvio alle necessarie terapie e, ove del caso, al ricovero presso il Policlinico di Tor Vergata.
Il frutto raccolto si è concretizzato in un paio di relazioni sanitarie interlocutorie dove pure si evidenzia una “infezione da HCV in atto in attesa di accertamenti di II livello per escludere ripresa di malattia oncologica”.
Ancora il 20 dicembre il Giudice ha “rilevato che occorre sottoporre con urgenza l’imputato ad una RMN dell’addome con contrasto al fine di definire nel più breve tempo possibile l’iter terapeutico da intraprendere”. E solo il 30 dicembre 2021, a circa 6 mesi dall’arresto, veniva effettuata la RMN.
Ma Claudio, nonostante un’ulteriore ordinanza del Giudice per sollecitare l’invio degli esiti, ancora non sa nulla, Claudio può aspettare, come le sue malattie.
Claudio non è una persona, è un carcerato, in Italia, Regione Lazio, città di Rieti, anno 2022.
Per saperne di piu' : https://www.ilriformista.it/il-dramma-di-claudio-sta-male-e-va-curato-ma-non-e-un-uomo-e-un-carcerato-276490/

OKLAHOMA (USA): DONALD GRANT È STATO GIUSTIZIATO
Donald Grant è stato giustiziato la mattina del 27 gennaio 2022 nel penitenziario statale di McAlester, in Oklahoma.
È la prima esecuzione del 2022 negli Stati Uniti.
Apparentemente l’esecuzione si è svolta senza imprevisti. Grant, 46 anni, nero, era stato condannato a morte nel 2005 con l’accusa di aver ucciso due donne, Brenda McElyea, 29 anni, e Suzette Smith, 43 anni, durante una rapina in un motel il 18 luglio 2001. Grant ammise il fatto e spiegò che voleva del denaro per pagare la cauzione della sua fidanzata.
In seguito la fidanzata ha testimoniato contro di lui, dicendo che si era mostrato orgoglioso di quello che aveva fatto. "Non aveva alcun rimorso", ha detto. Nonostante l’assoluta certezza sulla sua colpevolezza, il caso di Grant ha catalizzato l’attenzione di molti oppositori della pena di morte, perché l’uomo, a più riprese, era stato diagnosticato “schizofrenico”. Gli oppositori della pena di morte spingono da tempo perché al divieto di giustiziare minorenni e persone con disabilità intellettiva venga aggiunto anche quello riguardante le persone con gravi malattie mentali.
"Giustiziare una persona malata di mente e con il cervello danneggiato come Donald Grant non è al passo con l'evoluzione degli standard di decenza", hanno detto i suoi avvocati all'Oklahoma Pardon and Parole Board nella loro richiesta di clemenza che, con un voto 4-1, non è stata accolta.
In quella sede l’ufficio del Procuratore ha sostenuto che le diagnosi di schizofrenia presentate dai difensori non erano sufficientemente affidabili, e che comunque l’eventuale malattia mentale non mitigava i suoi crimini.
All’epoca del processo, i periti convocati dalla pubblica accusa avevano infatti sostenuto che Grant fosse asociale, ma per quanto riguardava la schizofrenia, simulava.
La Corte Suprema degli Stati Uniti il 26 gennaio aveva respinto i suoi ricorsi dell’ultima ora basati sull’inadeguatezza del protocollo di iniezione letale dello Stato.
Grant diventa il primo detenuto a essere messo a morte quest'anno in Oklahoma e il 115° in assoluto da quando lo Stato ha ripreso la pena capitale nel 1990.
Grant è il primo detenuto a essere messo a morte quest'anno negli Stati Uniti e il 1.541° in assoluto da quando gli Usa hanno ripreso le esecuzioni il 17 gennaio 1977.
(Fonte: Oklahoman e Rick Halperin, 27/01/2022)


NIGERIA: GOVERNATORE DI BENUE CONCEDE L’AMNISTIA A 50 DETENUTI
Il governatore dello stato nigeriano di Benue, Samuel Ortom, ha concesso l'amnistia a 49 condannati a morte, hanno comunicato le autorità statali il 20 gennaio 2022.
A un 50° prigioniero è stata ridotta la pena da 21 anni a 15 anni di detenzione.
Il Commissario alla Giustizia e Procuratore generale dello Stato, l'avvocato Michael Gusa, ha precisato che 34 dei 49 prigionieri del braccio della morte sono stati liberati dalle prigioni di Jos e altri centri detentivi.
I condannati che sono stati liberati, secondo il Commissario alla Giustizia, avevano esaurito tutti gli appelli per cui ora hanno una seconda possibilità nella vita.
Per quanto riguarda i restanti 15 detenuti del braccio della morte, il Governatore Ortom ha deciso di commutare la loro condanna capitale in ergastolo.
La firma del provvedimento di amnistia da parte del Governatore ha seguito le raccomandazioni del Consiglio Consultivo Statale sulla Prerogativa della Grazia ed è conforme alla sezione 212 della Costituzione della Repubblica Federale di Nigeria.
Alcuni dei detenuti cui è stata concessa l'amnistia sono originari di Benue, mentre altri provengono da altri stati e hanno commesso crimini nel Benue.
Gusa ha aggiunto che la decisione del Governatore è arrivata anche dopo la raccomandazione da parte dei funzionari dei Centri di Correzione di Jos e Sokoto, che ospitavano i condannati a morte.
I funzionari hanno testimoniato la buona condotta tenuta dai prigionieri, sottolineando che hanno voltato pagina.
(Fonti: Daily Post, 20/01/2022)


MYANMAR: DUE NOTI ATTIVISTI CONDANNATI A MORTE DALLA GIUNTA MILITARE
Due noti attivisti politici del Myanmar sono stati condannati a morte dai tribunali della giunta militare con l'accusa di essere coinvolti in attività terroristiche, ha riferito una stazione televisiva dei militari il 21 gennaio 2022.
Myawaddy TV ha detto in un telegiornale che Kyaw Min Yu, noto anche come Ko Jimmy, e Phyo Zeyar Thaw, noto anche come Maung Kyaw, sono stati riconosciuti colpevoli di diversi crimini, inclusi attentati esplosivi e finanziamento del terrorismo e condannati ai sensi della legge nazionale antiterrorismo.
Entrambi sono detenuti dal momento del loro arresto, impossibilitati a esprimersi in marito alle accuse mosse contro di loro, inoltre nessun avvocato ha commentato a loro nome. La moglie di Min Yu, Nyler Tain, ha negato le accuse presentate contro suo marito lo scorso ottobre.
I dettagli dei loro procedimenti non sono disponibili poiché si sono svolti in tribunali militari, a porte chiuse.
Non è chiaro se i due casi siano correlati.
I due sono tra gli attivisti più importanti condannati a morte nel Paese da quando i militari hanno sottratto il potere al governo eletto di Aung San Suu Kyi lo scorso febbraio.
Il colpo di stato ha innescato una protesta ampia e popolare, che da allora si è trasformata in rivolta dopo che le proteste non violente hanno incontrato la durissima reazione delle forze di sicurezza. Si stima che circa 1.500 civili siano stati uccisi e più di 11.000 siano stati arrestati per crimini politici.
Alcune fazioni della resistenza hanno commesso omicidi, sparatorie e attentati esplosivi nelle aree urbane. Le organizzazioni di opposizione tradizionali generalmente negano tali attività e sostengono la resistenza armata nelle aree rurali, che sono spesso teatro di brutali attacchi da parte dei militari.
Kyaw Min Yu è uno dei leader dell'88th Generation Student Group, veterano di una rivolta popolare che non riuscì a togliere il potere alla precedente giunta militare.
Da allora è stato politicamente attivo e ha trascorso più di 12 anni dietro le sbarre.
Il suo arresto il 23 ottobre a Yangon è stato reso noto dalla moglie, un'attivista che in passato è stata incarcerata.
Entrambi si sono nascosti dopo il colpo di stato di febbraio e si ritiene che la donna sia ancora nascosta.
Due settimane dopo l'arresto, una dichiarazione dei militari lo ha accusato di "aver compiuto atti terroristici, compresi attacchi con mine, per danneggiare la stabilità della nazione" e di aver capeggiato un gruppo chiamato "Operazione Moonlight" per fare guerriglia urbana.
Era già nella lista dei ricercati per dei post sui social media in cui invitava alla rivolta.
Il secondo dei condannati a morte, Phyo Zeyar Thaw, è un ex membro della Lega Nazionale per la Democrazia di Suu Kyi. Era un musicista hip-hop prima di entrare a far parte dei Generation Wave, un movimento politico formatosi nel 2007.
È stato arrestato il 18 novembre con armi e munizioni, secondo una dichiarazione delle autorità.
Sempre secondo la dichiarazione, Phyo Zeyar Thaw è stato arrestato sulla base di informazioni fornite da persone arrestate il giorno prima per aver sparato a una guardia di sicurezza.
I militari lo hanno accusato di essere una figura chiave in una rete di decine di persone che avrebbero compiuto un attacco “terroristico” a Yangon.
(Fonti: AP, 21/01/2022)
 

 


Commenti

  1. Mattarella ha avuto sei mesi per farsi mettere per scritto il suo successore dalla banda di cialtroni al governo. Se non lo ha fatto è colpa principalmente sua.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Io non condivido per niente questa tua visione semplicistica. L'elezione del Presidente, come ben sai, è sempre stata terreno di agguati e anche di grandi compromessi politici e grandi fregature e anche grandi forzature, vinte o perse. Cio' che ha dimostrato questa elezione è un'assoluta incapacità e povertà culturale e politica di gran parte del mondo politico. Anche solo di dialettica, di dialogare con l'altro, trovare il nome che non deve soddisfare tutti ma che porta a un equilibrio, anche diverso, positivo o sorprendente. A Mattarella non spettava nulla come magari indicare un nome e certo che lo avrà fatto (voci mi dicono che l'abbia fatto eccome), spettava ai grandi elettori trovare una quadra, visto che rappresentano i cittadini che li hanno votati. Ma c'è anche tutta questa insopportabile attenzione mediatica. Poi vabbè io andrei su altri modelli parlamentari ma questo è e questo per ora ci teniamo

      Elimina
    2. Mattarella era (è) il super partes, un padre che accudisce e tiene a bada. Poteva quindi andarsene in pensione lasciando che tutti si scannassero, invece è tornato per salvare questi decerebrati dal caos totale. La mia sarà pure una visione semplicistica, proprio l'esatto contrario delle visioni contorte di certa presunta politica (Aristotele pace all'anima tua!).
      Poteva non decidere lui, ma pretendere con sei mesi di anticipo che questi fenomeni fornissero nomi e scelte precise, individuabili; per andarsene sereno a giocare coi nipotini. per questo attribuisco anche a lui la mancata evoluzione di questo sistema bacato, e anche il fatto che fossero sicuri che con l'acqua alla gola sarebbe tornato a togliere le castagne dal fuoco. Sul fatto poi che i Grandi Elettori abbiano voce determinante in capitolo, lascerei proprio perdere..

      Elimina
    3. Ma Franco, il primo mandato di Mattarella è proprio figlio di una classica discussione fratricida all'interno del Parlamento vinta allora da Renzi. Il problema è che i nostri rappresentanti in Parlamento ormai non hanno più capacità e voglia di discutere e confrontarsi con schiettezza. Siamo arrivati al punto di candidare una che si occupa di servi segreti... Ma tanto gli elettori manco sanno chi sia

      Elimina

Posta un commento

Post più popolari