Nessuno tocchi Caino - FIORAVANTI CONTINUERÀ A SCRIVERE PER L’UNITÀ, ANCHE SE C’È CHI VUOLE METTERGLI IL BAVAGLIO

Nessuno tocchi Caino news

Anno 23 - n. 21 - 03-06-2023

Contenuti del numero:

1.  LA STORIA DELLA SETTIMANA : FIORAVANTI CONTINUERÀ A SCRIVERE PER L’UNITÀ, ANCHE SE C’È CHI VUOLE METTERGLI IL BAVAGLIO
2.  NEWS FLASH: DEMOCRAZIA VS. GUANTANAMO: UNO A ZERO
3.  NEWS FLASH: FARE A MENO DEL CARCERE SI PUÒ. VENITE A SAN MARINO...
4.  NEWS FLASH: LIBIA: 23 MEMBRI DELL’ISIL CONDANNATI A MORTE
5.  NEWS FLASH: NIGERIA: GOVERNATORE DI OGUN LIBERA 49 DETENUTI E COMMUTA TRE CONDANNE CAPITALI
6.  I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA : DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO


FIORAVANTI CONTINUERÀ A SCRIVERE PER L’UNITÀ, ANCHE SE C’È CHI VUOLE METTERGLI IL BAVAGLIO
Piero Sansonetti su L’Unità del 31 maggio 2023

Mi dicono che sui social sia scoppiata una polemica per il fatto che l’Unità ospita articoli di Valerio Fioravanti. Non l’ho seguita bene perché non sono molto attivo sui social. Tanto più ora che per motivi misteriosi Twitter mi ha espulso. Però ho capito la sostanza della contestazione: Valerio Fioravanti è stato un terrorista fascista. Non solo un terrorista e non solo un fascista. Le due cose insieme, e questa sarebbe la cosa insopportabile.
Terrorista e fascista sono le due parole proibite. Sono l’espressione del male, dell’infamia, dell’abominio. Nel conformismo dilagante è così. E la cosa straordinaria è che oggi questo conformismo è molto più diffuso di quanto non lo fosse negli anni di fuoco, negli Ottanta, nei Novanta, quando la violenza dominava la politica e il paese. Allora mi limito a poche osservazioni. Prima di tutto vi dico che Fioravanti ha scritto in queste settimane sulla pagina che abbiamo appaltato a “Nessuno Tocchi Caino”. Sapete chi è Caino? Beh, questo ve lo spiego un’altra volta. Posso dirvi che sono molto, molto orgoglioso di ospitare sull’Unità il lavoro di Nessuno Tocchi Caino così come fino a un paio di mesi fa l’ho ospitato – con molti articoli di Fioravanti – sul Riformista.
Poi vi dico che nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, se si presenterà l’occasione, chiederò a Fioravanti di scrivere anche sull’Unità. Perché? Per un milione di ragioni. Vi dico le più semplici. Perché Fioravanti è Caino. Perché Fioravanti è una persona. Perché Fioravanti è un essere umano. Perché Fioravanti ha una biografia. Perché Fioravanti è sapiente. Perché non trovo non dico una ragione, ma nemmeno un centesimo di millesimo di ragione per immaginare di dovere esercitare una censura nei confronti di Fioravanti. E infine perché ho sempre apprezzato quel brano della Bibbia che ci racconta di quando Dio si schierò a protezione di Caino.
Infine vorrei citare alcuni episodi. 1981, mese di luglio, nel carcere di Rebibbia un gruppo di detenuti dà vita a uno spettacolo teatrale. L’Antigone. Tra i protagonisti Salvatore Buzzi, che è lì dentro per avere ucciso con 34 coltellate un collega. Tra gli spettatori ci sono Pietro Ingrao, Stefano Rodotà, don Di Liegro (che ha organizzato lo spettacolo) Oscar Luigi Scalfaro. Eravamo in quella fase della nostra vita nella quale ovunque si sparava. C’erano più di 2000 omicidi all’anno (oggi sono meno di 300), impazzava la lotta armata e la mafia uccideva quasi tutti i giorni. Ingrao andò lì, e strinse la mano a Buzzi. Con grande naturalezza.
C’è un altro episodio, raccontato giorni fa sul Dubbio dal mio amico Damiano Aliprandi. È una lettera scritta da Tina Anselmi – partigiana, combattente, politica incorruttibile – al ministro Silvio Gava, suo compagno di partito, a favore di Giovanni Ventura. Il quale era accusato, insieme a Franco Freda, di avere eseguito l’attentato che provocò la strage di Piazza Fontana. Ma vi voglio anche raccontare di Fioravanti e di Francesca Mambro e l’Unità. Ero condirettore del giornale, nei primi anni Novanta, e il direttore era Walter Veltroni. Beh, fu proprio Walter a decidere di pubblicare un articolo di Valerio Fioravanti e di Francesca Mambro sulla prima pagina dell’Unità.
Tralascio, ovviamente, le cose che disse Marco Pannella di Fioravanti e della Mambro, perché sono più ovvie per chiunque abbia conosciuto o solo sentito parlare di Pannella e della sua cristallinità leggendaria. Ora io faccio solo due osservazioni, in forma di domande. La prima è questa: possibile che ci siano larghi settori di sinistra che oggi, nel 2023, siano così arretrati, in termini di civiltà, rispetto ai dirigenti del Pci degli anni Ottanta e Novanta? Possibile che dobbiamo pensare a Ingrao o a Veltroni come “marziani”, come personaggi del futuro remoto?
La seconda domanda parte da una constatazione. Il patrimonio di conoscenza di Valerio sul sistema della giustizia e sul sistema carcerario americano è altissima. Lui è una fonte straordinaria di conoscenze. E secondo voi sarebbe un gesto intelligente – o magari qualcuno pensa che sarebbe un gesto antifascista – cancellare queste conoscenze per mettere la mordacchia a Fioravanti? Sulla base di che cosa? Di un’idea di etica? Vi prego: spiegatemi su cosa si basa questa etica.

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NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

DEMOCRAZIA VS. GUANTANAMO: UNO A ZERO
Valerio Fioravanti su L’Unità del 28 maggio 2023

Dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, gli Usa, oltre a invadere l’Afghanistan, hanno dato per qualche mese carta bianca alla Cia, e poi, senza fretta, hanno ceduto all’esigenza di dare comunque un inquadramento giuridico alla lotta contro Al-Qaida, creando il campo di Guantanamo. Oggi uno degli ideatori di questa innovazione, Ted Olson, Avvocato Generale dello Stato sotto l’amministrazione Bush, dichiara: “Guantanamo non funziona”. Nel frattempo Guantanamo è costata al contribuente circa 7 miliardi di dollari, più di 1 milione di dollari al mese per ogni singolo “terrorista” internato. Dopo 20 anni, nessun processo è stato celebrato, e salvo 8 uomini trasferiti sulla terraferma e processati in una corte federale con imputazioni minori, tutti gli altri sono rimasti in “carcerazione preventiva” per tutto questo tempo. Oggi, dopo che il 20 aprile è stato “scarcerato” un algerino, a Guantanamo sono rimasti 30 uomini, 16 dei quali dovrebbero essere rilasci
 ati, ma i paesi d’origine non vogliono riprenderli. Anche perché sono gli stessi paesi che li hanno consegnati, e forse preferiscono non tornare sull’argomento.
Tutti sanno che Guantanamo è una base della marina statunitense che si trova, stranamente, a Cuba. Nel 1903 gli USA aiutarono l’isola, allora colonia spagnola, a conquistare l’indipendenza, e ricevettero in cambio un piccolo porto naturale, dove nel 1494 era già sbarcato anche Cristoforo Colombo, in “concessione perpetua”, con un affitto di 20 dollari d’oro l’anno.
Dal gennaio 2002, un’approssimativa struttura carceraria, volutamente scomoda, ha ospitato 780 uomini, nessuna donna. Uomini rapiti in varie parti del mondo, ritenuti terroristi o fiancheggiatori.
La scelta militare ed extraterritoriale era stata fatta in parte per motivi di sicurezza (evitare attacchi del terrorismo islamico a carceri o tribunali sul suolo degli Stati Uniti), ma anche per mantenere una certa riservatezza sul processo, visto che nella vicenda ci sono molti aspetti delicati. Gli arresti sono stati tutti illegali, a queste illegalità hanno collaborato molte nazioni, sono stati illegali gli interrogatori “under duress” (sotto tortura), e sono state illegali tutte le estradizioni, mai formalizzate da nessun tribunale. Una corte militare avrebbe garantito poca stampa, niente pubblico, avvocati militari, niente giurie popolari… ma ai “terroristi” gli USA non volevano riconoscere lo status “militare”, altrimenti sarebbero protetti dalla famosa “Convenzione di Ginevra” sui prigionieri di guerra. Quindi è stato creato l’ibrido: un tribunale militare che processa civili. Giudice, giuria e accusa sono militari, ma gli avvocati della difesa sono “civili”.
Come dicevamo, dopo più di 20 anni, nessuno dei “terroristi” di Guantanamo è stato processato. I 5 con le imputazioni più gravi, concorso diretto negli attentati dell’11 Settembre, sono stati rinviati a giudizio 10 anni fa, ma da allora il processo è fermo alle fasi pre-dibattimentali. Perché un manipolo di bravissimi avvocati d’ufficio, pagati con denaro federale, contesta ogni irregolarità. Come ha scritto il New York Times: “Grazie ad avvocati difensori molto combattivi il processo è praticamente in stallo, portando alle dimissioni dei vari giudici militari che di volta in volta sono stati nominati per presiederlo”. Sia detto per inciso, due di questi avvocati, Thomas H. Speedy Rice e Judy Clare Clarke, sono da sempre iscritti a Nessuno tocchi Caino, anzi, come si dice in inglese, Hands off Cain.
La necessità di schermare i politici, e la Cia da una testimonianza in aula sta invalidando le pochissime prove che esisterebbero contro i “terroristi”, ossia le confessioni, spesso solo parziali, ottenute sotto tortura. La stessa amministrazione Biden, sbloccando un lungo impasse, ha fatto trapelare di essere contraria all’utilizzo di queste confessioni. Si creerebbe infatti un “precedente” giuridico che potrebbe in qualsiasi momento rivoltarsi contro lo stesso governo statunitense se mai un suo diplomatico, funzionario o militare venisse rapito all’estero e sottoposto a tortura.
L’Amministrazione sta “trattando” su quei pochi prigionieri che proprio non vuole liberare: non saranno condannati a morte, e sconteranno la pena in un “normale” supercarcere federale, non in isolamento. La trattativa non si chiude perché gli imputati vorrebbero che a carico del governo venisse messa la terapia psicologica per i postumi delle torture subite, e il governo cerca un modo traverso per non dichiararsene responsabile. A parte questo, il carcere super-duro di Guantanamo non ha funzionato. La democrazia, seppure un po’ a fatica, quella sì.

FARE A MENO DEL CARCERE SI PUÒ. VENITE A SAN MARINO...
Giuseppe Morganti su L’Unità del 28 maggio 2023

Una società senza carcere è senza dubbio una società coraggiosa, capace di affrontare e vincere il timore della devianza sociale anche quando questa si esprime attraverso l’uso della violenza.
Dell’oggettiva possibilità di ragionare sull’abolizione del sistema carcerario o per lo meno dell’adozione in prevalenza di misure alternative, si è discusso a San Marino nella tappa romagnola del "Viaggio della speranza" di Nessuno tocchi Caino. Protagonisti della discussione i responsabili dei sistemi carcerari con la presenza del Segretario di Stato alla Giustizia della Repubblica di San Marino, la Camera penale di Rimini e i dirigenti di Nessuno tocchi Caino Rita Bernardini, Sergio D'Elia ed Elisabetta Zamparutti.
Sede della discussione, dopo una visita ai "Casetti" di Rimini, una sala del Palazzo Pubblico di San Marino di fronte a giornalisti attenti a cogliere gli elementi di novità e le prospettive che si aprono alla luce dell’approvazione del nuovo regolamento penitenziario sammarinese entrato in vigore il 4 maggio scorso. Un passo in avanti del sistema sammarinese in termini di qualità della vita di chi è rinchiuso, ma che ancora non ha il coraggio di affidare a personale non militarizzato la custodia della struttura.
La legge sancisce la regola per cui le misure alternative alla detenzione sono riservate a coloro che hanno subito condanne non superiori ai tre anni. In tale caso il condannato può essere affidato in prova ai servizi sociali con la possibilità per il Giudice delle Esecuzioni di affidare il compito di educatore giudiziario a un assistente sociale oppure a un cittadino che dimostri di essere all’altezza del compito.
La positività di queste esperienze richiama la necessità di riflettere sulla loro estensione ad altre fattispecie di pena, affinché la misura alternativa diventi la regola e non l’eccezione.
Nel frattempo vengono testati i risultati che sono soddisfacenti sia in termini di recidiva, di qualità della vita del condannato, di conseguenze che si riverberano sui familiari, ma anche, forse, soprattutto, di efficacia del sistema di controllo e di sostegno messo in campo dai servizi sociali.
Il potenziamento delle strutture di accoglienza e la formazione del personale chiamato a svolgere questo delicato ruolo sono esigenze che possono rendere la società in grado di gestire casi sempre più complessi, fino ad annullare la necessità di avere un carcere.
Nella Repubblica di San Marino il carcere è molto piccolo e fortunatamente poco frequentato. Il "Viaggio della speranza" di Nessuno tocchi Caino ha un sottotitolo: "visitare i carcerati". Nel carcere di Rimini li abbiamo trovati, anche troppi; in quello di San Marino non ce n'era neanche uno. Quindi, quando capita, i casi possono essere seguiti con attenzione e rappresentare una sorta di laboratorio sperimentale per testare modelli alternativi alla detenzione e far sì che non si procedesse nell’edificazione di una nuova struttura carceraria il cui progetto di massima anche se moderno, non superava le logiche di segregazione e privazione dei rapporti.
A tal proposito la realtà sammarinese vive il paradosso per cui la scarsa frequentazione obbliga i carcerati a lunghi periodi di involontario isolamento. Una condizione, riservata agli imputati in carcerazione preventiva, che deve essere assolutamente superata affinché non venga usata dall’inquirente come strumento per estorcere confessioni.
La spesa destinata al sistema carcerario dovrà, a poco a poco, riconvertirsi per il rafforzamento delle strutture sociali che sono chiamate a svolgere il difficile, duplice, compito di controllo sulle possibili recidive e di stimolo alle azioni di inserimento sociale.
A sollecitare la riflessione intorno all’importante progetto di una San Marino senza carcere è intervenuta l’allora Ministra alla Giustizia, Marta Cartabia. Il 1° aprile 2022, in occasione dell’insediamento degli Eccellentissimi Capitani Reggenti, ha parlato dell’accordo siglato fra Italia e San Marino in materia di misure alternative alla detenzione e alle sanzioni sostitutive di pene detentive. “Il carcere - ha sostenuto Cartabia - spezza i legami affettivi e lavorativi e separa l’individuo dalla società. Non risponde pertanto al dettato costituzionale della riabilitazione, piuttosto acuisce spesso le contraddizioni”.
L’accordo italo-sammarinese prevede tra l'altro che il condannato possa affrontare il periodo di riabilitazione nel proprio Paese di origine, affinché sia più immediato il percorso di reinserimento sociale.
Grazie a queste riflessioni il passo verso l’abolizione del carcere nella Repubblica di San Marino potrebbe essere più vicino.
Quando nella metà dell’800 i sammarinesi abolirono, primi al mondo, la pena di morte e la tortura, devono essere stati mossi dallo stesso pensiero "abolizionista" che oggi renderebbe la Repubblica più democratica e attenta ai diritti umani.

LIBIA: 23 MEMBRI DELL’ISIL CONDANNATI A MORTE
Un tribunale libico il 29 maggio 2023 ha condannato a morte 23 imputati e altri 14 all'ergastolo per il loro ruolo in una campagna terroristica dell’ISIL (ISIS), incluse la decapitazione di un gruppo di cristiani egiziani e l’occupazione della città di Sirte nel 2015.
L'Ufficio del procuratore generale ha reso noto che un'altra persona è stata condannata a 12 anni di carcere e sei sono state condannate a 10 anni; una è stata condannata a cinque anni e altre sei a tre anni. Cinque imputati sono stati assolti e altri tre sono morti prima del processo.
La Libia è stata una delle roccaforti dell'ISIL al di fuori dell'Iraq e della Siria, con il gruppo che ha approfittato del caos e della guerra nel Paese nordafricano a seguito della rivolta del 2011 sostenuta dalla NATO.
Nel 2015 il gruppo armato attaccò il lussuoso Corinthia Hotel di Tripoli, uccidendo nove persone prima di rapire e decapitare decine di cristiani egiziani, le cui uccisioni furono mostrate in raccapriccianti video di propaganda.
Dopo aver conquistato territori a Bengasi, Derna e Ajdabiya nella Libia orientale, il gruppo si impossessò della città costiera centrale di Sirte e la occupò fino alla fine del 2016 imponendo un duro regime di moralità pubblica e punizioni brutali.
Il tribunale ha inoltre condannato tre minorenni a 10 anni di carcere ciascuno, ha detto l'avvocato Lotfi Mohaychem.
"Come avvocati delle famiglie delle vittime, consideriamo il verdetto del tribunale molto soddisfacente e molto giusto", ha detto Mohaychem.
"Il tribunale ha condannato coloro la cui colpevolezza è stata dimostrata e ha assolto coloro contro i quali non vi erano prove sufficienti".
L'ISIL e altri gruppi hanno sfruttato il caos che ha travolto la Libia dopo la rivolta del 2011 che ha rovesciato e successivamente ucciso il dittatore di lunga data Muammar Gheddafi.
Il gruppo armato è stato cacciato da Sirte nel dicembre 2016 dalle forze che combattevano per l'ex governo di unità nazionale, sostenuto dalle Nazioni Unite. Le forze del generale Khalifa Haftar, dislocate nell’est del Paese, riconquistarono Derna due anni dopo.
Centinaia di presunti ex combattenti dell'ISIL rimangono incarcerati nelle carceri libiche, molti dei quali ancora in attesa di processo.
(Fonte: Al Jazeera, 29/05/2023)

NIGERIA: GOVERNATORE DI OGUN LIBERA 49 DETENUTI E COMMUTA TRE CONDANNE CAPITALI
Il governatore dello stato nigeriano di Ogun, Dapo Abiodun, il 30 maggio 2023 ha annunciato di aver graziato 49 detenuti provenienti da diversi istituti statali, oltre ad aver commutato in ergastolo le condanne capitali di tre prigionieri.
L’annuncio è stato fatto dal Governatore in occasione del giuramento per il suo secondo mandato.
I“Ho firmato l’ordinanza per l'immediato rilascio di 49 detenuti che si trovano attualmente in diverse strutture dello stato di Ogun”, ha detto Abiodun.
“Ho anche firmato un ordine affinché le condanne a morte inflitte a tre detenuti siano immediatamente convertite in pene detentive.
“I condannati che oggi hanno ricevuto la grazia hanno scontato lunghe pene detentive, con diversi che si trovano in carcere da più di 20 anni. Almeno due di questi detenuti sono in gravi condizioni di salute, essendo affetti da tubercolosi e HIV, il che li rende addirittura un pericolo per la salute della comunità carceraria.
“Tre di questi detenuti hanno più di 60 anni, con uno che ne ha 84. Altri hanno meno di due anni di pena da scontare. Tutti questi detenuti hanno mostrato rimorso per i loro crimini, hanno acquisito competenze e certificazioni in carcere e hanno dimostrato una buona condotta durante la loro detenzione”, ha concluso il Governatore.
(Fonte: Punch, 30/05/2023)

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I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA


DESTINA IL TUO 5X1000 A NESSUNO TOCCHI CAINO
Firma nel riquadro “Sostegno alle organizzazioni non lucrative, delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’art. 10 c. 1, lett d, del D. Lgs. N. 460 del 1997 e delle fondazioni nazionali di carattere culturale” e riporta il codice fiscale di Nessuno tocchi Caino 96267720587

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