Nessuno tocchi Caino - A KABUL E ISLAMABAD IL BOIA È IN TOUR NEGLI STAD

NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM

Associazione Radicale Nonviolenta
Transnazionale Transpartitica

Anno 24 - n. 45 - 30-11-2024

 

LA STORIA DELLA SETTIMANA

A KABUL E ISLAMABAD IL BOIA È IN TOUR NEGLI STADI

NEWS FLASH

1. L’OPERA MERITORIA DI UNITELMA SAPIENZA E DELLA COOPERATIVA ETAM PER IL REINSERIMENTO SOCIALE DEI CARCERATI
2. SINGAPORE: TERZA ESECUZIONE IN UNA SETTIMANA
3. ALABAMA (USA): CAREY DALE GRAYSON GIUSTIZIATO CON L'AZOTO
4. AFGHANISTAN: TALEBANI FRUSTANO IN PUBBLICO 10 PERSONE




A KABUL E ISLAMABAD IL BOIA È IN TOUR NEGLI STADI
Domenico Bilotti

Le esecuzioni pubbliche sono la pedagogia del boia per aizzare le folle (o impaurire, o entrambe le cose: le due funzioni si sostengono a vicenda). Davanti al sangue non c’è né classe né massa, né élite né moltitudine. Solo spettatori da asservire o ammonire. È successo di nuovo a Gardez, capoluogo della provincia di Paktia, in un’arena sportiva. Succede sempre più spesso: il delinquente messo a morte ha bisogno di essere mostrato come esempio per gli altri e prova della forza del potere. Negli ultimi mesi è occorso a ladri, adultere, oppositori, omosessuali. Categorie di persone e condotte, cioè, cui persino la più intransigente opinione pubblica religiosa non associa più che un generale senso di ripulsa e condanna. Corti e killer non la pensano così.
Stavolta il condannato, Mohammad Ayaz Asad, si sarebbe reso responsabile dell’omicidio di un membro dei corpi di sicurezza talebani. Finanche fosse attendibile il grave capo di imputazione, ciò non sarebbe sufficiente a chiarire le circostanze, perché in Afghanistan i gruppi paramilitari (fidelizzati per il sostegno e non per il ruolo ufficiale) hanno spesso abusato degli spazi concessi e le reazioni popolari sono di molti tipi, anche quando soffocate nel sangue.
Di questa oscura vicenda hanno colpito due aspetti. In primo luogo, la corte si è rifatta al taglione: occhio per occhio, vita per vita; dente per dente, anima per anima.
Parliamo di qisas: restituzione del torto, retribuzione del delitto con altro, e più infame, delitto. Questi meccanismi, nel diritto islamico, nascevano per superare la pena di morte, non per incrementarla, affiancandole forme di restituzione patrimoniale, finanche simbolica, e istituti giudiziali e stragiudiziali di clemenza. Il regime corre su X e da quella piattaforma ha annunciato l’esecuzione. Antioccidentalismo, guerra alle libertà degli infedeli (espressione, coscienza, voto), eppure, quando non è abbastanza l’arena, lo stadio virtuale assicura sold out davanti a milioni di utenti.
È singolare che i talebani all’origine non fossero diversi dagli altri movimenti degli studi coranici: un programma di svecchiamento della classe dirigente, di ritorno al diritto islamico sunnita (represse e definite non islamiche le minoranze sciite), di opposizione al colonialismo. Lo studio coranico è un laboratorio in fermento e nei regimi teocratici è storicamente riuscito ad avere talvolta capacità riformatrice e di miglioramento delle condizioni di vita. Ancora più spesso, però, è stato ridotto a indottrinamento per fidelizzare esecutori di atti illeciti non solo per il diritto internazionale, ma anche per la stessa legalità interna ai diversi Stati. Non è un mistero che i quadri di al-Qaeda venissero dai possedimenti di terre, dagli studi, dalla finanza e dallo sfruttamento di materie prime. Black Axe in Nigeria è sorta dal vastissimo mondo delle confraternite universitarie, con riferimenti almeno simbolici all’ancor più vasto mondo del cultismo tribale. In due generazioni è diventata attore nella tratta e nel traffico di esseri umani (donne, ancora una volta).
Nemmeno il diritto riesce ad aiutarci fino in fondo a comprendere il contesto. Sul piano costituzionale, la dimensione istituzionale afghana dovrebbe essere quella di transizione verso l’islamismo politico, di fatto questo passaggio è avvenuto già nel 2021 e si consuma ogni volta di più provvedimento per provvedimento. Se per assurdo non dovessero mai mutare le norme fondamentali dello Stato, ci troveremmo comunque davanti a un governo che da poteri militari transitori ha instaurato una repubblica islamica sotto il suo stretto controllo. Prima che Daesh si sgretolasse sotto il peso delle lotte intestine, del frazionismo e della resistenza kurda e degli altri gruppi di minoranza, aveva fatto scalpore, anche in Occidente, la ridda di divieti concepita contro le donne siro-irachene. Alcuni interdetti inibitori apparivano bizzarri (come l’obbligo di usare i guanti per pulire i prodotti ittici al mercato), espressivi di una mortificazione continuativa dell’esteriorizzazione della femminilità in ogni sua forma.
La sensazione è che Pakistan e Afghanistan marcino nella stessa direzione. A Kabul, in particolar modo, vietata l’istruzione superiore, si è arrivati a disporre che il suono della voce femminile in posti pubblici o aperti al pubblico fosse immorale; che il corpo andasse coperto integralmente; che non fosse possibile guardare negli occhi uomini con cui non ci sia vincolo maritale o parentale.
L’esercizio del lavoro è in picchiata, anche perché per le donne è giuridicamente limitato l’accesso a uffici e strutture che non riguardino la cura, la sicurezza e gli affari migratori. Il boia precede e complica le limitazioni di libertà. Cappio, sedia, fucile, gas... Purché sul patibolo ci finisca a morire anche la giustizia.



NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH

L’OPERA MERITORIA DI UNITELMA SAPIENZA E DELLA COOPERATIVA ETAM PER IL REINSERIMENTO SOCIALE DEI CARCERATI
Diana Zogno

Nella vita a Rebibbia “vedi la tossicodipendenza, l’uso e abuso di psicofarmaci, donne che girano come zombie. Puoi assistere alla morte”.
A testimoniarlo è Bruna Arcieri, detenuta, appartenente a quell’esiguo numero di reclusi che, in Italia, con l’applicazione dell’art. 21 della legge sull’ordinamento penitenziario, possono uscire dal carcere per essere assegnati a lavori esterni agli istituti penitenziari. L’occasione per parlare della sua e di altre storie che vivono e percorrono le carceri arriva con il seminario “Le attività d’inclusione durante e dopo la detenzione” organizzato da Unitelma Sapienza lo scorso 28 ottobre per raccontare il lavoro che l’Ateneo e il contact center in particolare, sta portando avanti a Roma in partnership con la cooperativa Etam, coordinata da Don Sandro Spriano.
“Per capire che cosa una persona vive in certi momenti, occorre entrarci in interazione diretta e farlo con umiltà” ricorda il Rettore Bruno Botta. “Offrire delle opportunità significa mettere nelle condizioni qualcuno di fare qualcosa, senza dover mettere in evidenza le sue esperienze passate. Sta a noi, piano piano, comprendere la bellezza di quello che stiamo vivendo, non solo nel donare opportunità, ma anche nel capire. Se noi per primi non ci mettiamo a disposizione e non mettiamo gli altri nella condizione di capire, di provare, di avere opportunità, abbiamo fallito”.
Un fallimento, quello della mancata vocazione all’inclusione e al rispetto dei diritti, che è già realtà sul piano dei fatti e della legge in Italia. “Pannella diceva che la nostra Costituzione è così buona che se la sono mangiata” ricorda Rita Bernardini, presidente di Nessuno tocchi Caino. “La Costituzione viene costantemente violata. La finalità, per esempio, costituzionale che prevede il percorso individuale del detenuto verso la risocializzazione non è percepito né presente nelle carceri nazionali. Tornando infatti al codice di ordinamento penitenziario”, prosegue Rita Bernardini, “basti pensare che questo contiene diversi articoli che non sono mai stati attuati e articoli dal 74 in poi che istituiscono i Consigli di aiuto sociale, istituzioni che non sono mai state realizzate e che avrebbero dovuto avere una forte valenza sociale per l’inserimento del detenuto in una rete di supporto, che poi l’avrebbe condotto a trovare o ritrovare il proprio inseriment o lavorativo. Con l’On. Roberto Giachetti, con cui da decenni siamo al lavoro su questi temi, abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, Carlo Nordio, per chiedere che fine hanno fatto i Consigli di aiuto sociale. In realtà, su oltre 62mila detenuti che oggi sono presenti nelle carceri – in 45mila posti disponibili – meno di 2.000 hanno l’opportunità di fare esperienze esterne di inserimento anche lavorativo. L’ordinamento penitenziario stabilisce l’esistenza di un percorso individualizzato di trattamento. Vale a dirsi che dovrebbero esserci dei professionisti: educatori, psicologi, criminologi per attuare questo percorso che deve portare al reinserimento sociale.
Molti detenuti, tuttavia, non hanno mai visto un educatore, non conoscono neanche il concetto di percorso individualizzato, sono abbandonati a loro stessi. Così la legge non vive e perisce la carne viva delle persone”.
A ricordare l’inferno, perché di inferno in Terra parlano i numeri del sovraffollamento e delle morti negli istituti penitenziari, è lo stesso Don Sandro Spriano che da anni coordina la Cooperativa ETAM e che citando la Bibbia dà voce a un messaggio antico, attuale, profondamente umano. “Quando ho iniziato a frequentare le carceri ho pensato all’inferno così come è descritto, la geenna, la ‘valle di Innom’, dove si compiva il sacrificio dei bambini con il fuoco, una società di catene, della non solidarietà”. La stessa ‘non solidarietà’ che porta morte negli istituti penitenziari sotto lo stigma di un’indifferenza istituzionale e politica senza precedenti.
E se proprio l’indifferenza, l’egoismo, la violenza diventano i pilastri di quegli istituti di democrazia dove la grazia della giustizia dovrebbe essere faro di verità e speranza, come possiamo immaginare che oltre quelle sbarre, la società specchio dei non detenuti, si regga su principi diversi? Abbiamo costruito l’inferno e gli abbiamo dato un nome diverso in ogni epoca che abbiamo abitato nel tempo, rendendolo sempre più terreno, sempre più reale e vicino.
A essere cambiata è la spregiudicatezza del boia, della mente che giudica senza comprendere, della mano che si chiude senza aprirsi, del cuore che sanguina senza più chiedere aiuto.



SINGAPORE: TERZA ESECUZIONE IN UNA SETTIMANA
Singapore ha eseguito la terza impiccagione di un trafficante di droga in una settimana, ha dichiarato l'agenzia antidroga della città-stato il 22 novembre 2024.
Rosman Abdullah, 55 anni, è stato giustiziato per aver trafficato 57,43 g di eroina, nonostante le richieste di clemenza avanzate dalle Nazioni Unite.
A Rosman, un singaporiano, è stato "garantito il pieno e dovuto processo ai sensi della legge ed è stato rappresentato da un avvocato durante tutto il procedimento", ha affermato il Central Narcotics Bureau.
"La pena capitale viene imposta solo per i crimini più gravi, come il traffico di quantità significative di droga che causano danni molto gravi, non solo ai singoli tossicodipendenti, ma anche alle loro famiglie e alla società in generale", ha aggiunto il CNB.
Gli esperti delle Nazioni Unite avevano chiesto alle autorità di Singapore di risparmiare la vita di Rosman, sostenendo che la pena di morte faccia poco per scoraggiare la criminalità e che le autorità non avessero preso adeguatamente in considerazione le sue disabilità intellettive. "Siamo seriamente preoccupati dal momento che il signor Rosman bin Abdullah non sembra aver avuto accesso ad adeguati strumenti procedurali, tra cui un’assistenza personalizzata, per la sua disabilità, durante l'interrogatorio o il processo", avevano affermato il 20 novembre gli esperti in una dichiarazione rilasciata dall'Ufficio dell'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani.
Amnesty International aveva condannato l'esecuzione programmata di Rosman definendola "agghiacciante" ed "estremamente allarmante".
L'impiccagione di Rosman nella prigione di Changi a Singapore arriva esattamente una settimana dopo le esecuzioni di un malese di 39 anni e di un singaporiano di 53 anni, sempre per traffico di droga.
Nonostante la reputazione di moderna città-stato e centro commerciale internazionale, Singapore è tra i pochi Paesi, tra cui Cina e Corea del Nord, che impongono la pena di morte per reati di droga.
Secondo le leggi del Paese, chiunque traffichi più di 500 g di cannabis o 15 g di eroina incorre nella pena capitale obbligatoria.
Da quando sono riprese le esecuzioni nel marzo 2022, dopo una pausa dovuta alla pandemia di COVID-19, le autorità di Singapore hanno praticato 24 esecuzioni, di cui otto finora nel corrente anno.
(Fonte: Al Jazeera, 22/11/2024)



ALABAMA (USA): CAREY DALE GRAYSON GIUSTIZIATO CON L'AZOTO
Carey Dale Grayson, 50 anni, bianco, è stato giustiziato con azoto il 21 novembre nel penitenziario Holman ad Atmore.
Si tratta della terza esecuzione di quest'anno con azoto in Alabama, sesta in totale nello Stato.
La figlia della sua vittima si è espressa contro la pena capitale.
Grayson era uno dei quattro adolescenti condannati per omicidio di Vickie Lynn Deblieux il 21 febbraio 1994. Deblieux, 37 anni, stava facendo l'autostop dal Tennessee per andare a trovare la madre in Louisiana, quando i quattro adolescenti la fecero salire. Poco dopo la donna fu aggredita, picchiata e gettata da un dirupo.
Le tende della sala delle esecuzioni sono state aperte poco dopo le 18:00.
Legato a una barella con una maschera antigas sul viso, Grayson ha risposto con un'oscenità quando il direttore gli ha chiesto se avesse delle ultime parole da dire. I funzionari del carcere hanno spento il microfono e le parole successive non si sono potute sentire nella stanza dei testimoni, mentre Grayson ha alzato entrambe le dita medie.
Non è chiaro quando il gas abbia iniziato a scorrere. Grayson dondolava la testa, si scuoteva e tirava contro le cinghie della barella. Ha stretto il pugno, ed è sembrato che lottasse per cercare di gesticolare di nuovo. Le sue gambe avvolte nel lenzuolo si sono sollevate in aria alle 18.14, come riporta l'Associated Press. Ha fatto una serie periodica di più di una dozzina di respiri affannosi per diversi minuti. Apparentemente ha smesso di respirare alle 18.21, le tende della sala dei testimoni dei media si sono chiuse alle 18.27 e Grayson è stato dichiarato morto alle 18.33.
L'esecuzione ha segnato la terza volta che l'Alabama ha ucciso qualcuno con il gas azoto. L'Alabama è l'unico Stato a utilizzare questo metodo, che prevede il pompaggio di azoto attraverso una maschera, e quindi la privazione dell'ossigeno.
“L'unica lezione che si può trarre da questa triste sequenza di eventi è che quando gli Stati usano gli esseri umani come cavie per esperimenti letali, sono destinati a soffrire, che sia sulla punta di un ago o dietro una maschera”, ha dichiarato Matt Wells, vice direttore del gruppo per i diritti umani Reprieve US.
Le prime due esecuzioni con azoto condotte in Alabama non sono avvenute senza polemiche. L'Alabama ha insistito sul fatto che la prima uccisione con azoto di Kenneth Smith, avvenuta a gennaio, è stata “forse il metodo di esecuzione più umano mai ideato”.
Questa affermazione era in conflitto con i racconti dei testimoni oculari, che hanno registrato che Smith si è contorto e convulso sulla barella per diversi minuti, mentre il suo corpo tremava e gli occhi si rovesciavano all'indietro.
John Hamm, a capo dell’Amministrazione Penitenziaria dell'Alabama, ha dichiarato che l'azoto ha fluito per 15 minuti e che un elettrocardiogramma ha mostrato che Grayson non aveva più il battito cardiaco circa 10 minuti dopo l'inizio del flusso di gas.
Hamm ha detto di ritenere che alcuni dei movimenti iniziali di Grayson - agitarsi e ansimare sulla barella - fossero “tutto un programma”, ma ha sostenuto che gli altri movimenti esibiti da Grayson e dagli altri due giustiziati con il gas azoto erano movimenti involontari previsti, compreso il respiro alla fine.
Grayson faceva parte di un gruppo di quattro adolescenti che nel 1994 hanno ucciso Deblieux.
In quattro processi separati, il pubblico ministero ha utilizzato teorie reciprocamente incompatibili, sostenendo che ogni imputato era il più colpevole, in modo da ottenere per tutti una condanna a morte. Poiché gli altri tre imputati avevano meno di 18 anni, la loro condanna a morte venne in seguito convertita in ergastolo dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva dichiarato incostituzionale la pena di morte per crimini commessi da minorenni.
Dei quattro, solo Grayson, che all'epoca aveva 19 anni, ha affrontato l'esecuzione.
La figlia della vittima ha dichiarato ai giornalisti, la sera del 21 novembreh, che a sua madre è stato rubato il futuro. Ma si è anche espressa contro la decisione di giustiziare Grayson.
“L'assassinio di detenuti con il pretesto della giustizia deve finire”, ha detto, aggiungendo che ‘nessuno dovrebbe avere il diritto di prendere le possibilità, i giorni e la vita di una persona’, ha detto Jodi Haley, che aveva 12 anni quando sua madre è stata uccisa.
Grayson diventa il 6° giustiziato quest'anno in Alabama, il 78° da quando l'Alabama ha ripreso le esecuzioni nel 1983, il 22° dell'anno negli Stati Uniti e il n. 1604 da quando gli Stati Uniti hanno ripreso le esecuzioni nel 1977.
(Fonte: The Guardian, 21/11/2024)



AFGHANISTAN: TALEBANI FRUSTANO IN PUBBLICO 10 PERSONE
I Talebani hanno comunicato il 28 novembre 2024 di aver frustato in pubblico due donne e otto uomini nelle province afghane di Balkh, Ghor e Khost.
Le punizioni a Balkh e Ghor sono state eseguite il 27 novembre, mentre a Khost il 21 novembre.
A Balkh, due uomini sono stati frustati 35 volte ciascuno in pubblico con l'accusa di "sodomia", secondo la dichiarazione dei talebani.
I due sono stati anche condannati a quattro anni di prigione.
A Ghor, una donna e un uomo hanno subito tra le 25 e le 39 frustate dopo essere stati giudicati colpevoli di "corruzione morale", oltre a ricevere condanne a cinque mesi di prigione.
Altri quattro uomini a Ghor, riconosciuti colpevoli di adulterio e sodomia, hanno subito tra le 25 e le 39 frustate, ricevendo inoltre pene detentive che vanno dai quattro mesi ai due anni, ha affermato la Corte Suprema talebana.
A Khost, una donna e un uomo hanno ricevuto 39 frustate ciascuno per "corruzione morale".
Le fustigazioni sono state eseguite in spazi pubblici, tra cui uno stadio sportivo a Ghor e il cortile della corte d'appello di Khost. Residenti, funzionari giudiziari talebani, dipendenti pubblici e personale militare hanno assistito alle fustigazioni, ha detto la Corte.
(Fonte: Amu.tv, 28/11/2024)




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