Nessuno tocchi Caino - SOFFOCARE UN ESSERE UMANO FINO ALLA MORTE NON PROTEGGE LA DIGNITÀ DI UNA NAZIONE
NESSUNO TOCCHI CAINO – SPES CONTRA SPEM |
Associazione Radicale Nonviolenta |
Anno 25 - n. 36 - 01-11-2025 |
| LA STORIA DELLA SETTIMANA SOFFOCARE UN ESSERE UMANO FINO ALLA MORTE NON PROTEGGE LA DIGNITÀ DI UNA NAZIONE NEWS FLASH 1. QUANDO PREVENIRE È PEGGIO CHE PUNIRE: IL CASO DELLE INTERDITTIVE ANTIMAFIA 2. IRAN: LA CAMPAGNA ‘MARTEDÌ CONTRO LE ESECUZIONI’ ENTRA NELLA SUA 92ª SETTIMANA IN 54 PRIGIONI 3. INDIA: CINQUE CONDANNATI A MORTE PER GLI OMICIDI DI UNA SINDACA E DI SUO MARITO 4. KUWAIT: GOVERNO APPROVA NUOVA LEGGE ANTIDROGA SOFFOCARE UN ESSERE UMANO FINO ALLA MORTE NON PROTEGGE LA DIGNITÀ DI UNA NAZIONE Anthony Boyd, 54 anni, di colore, è stato giustiziato il 23 ottobre 2025 in Alabama tramite ipossia da azoto. Quando il gas ha iniziato a fluire, Boyd ha stretto i pugni, ha sollevato leggermente la testa e le gambe dalla barella e ha iniziato a tremare. Ha ansimato per almeno 15 minuti prima di restare immobile. È stato dichiarato morto alle 18:33 ora locale. Poco prima la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva respinto l’istanza di sospendere l’esecuzione. La giudice Sonia Sotomayor ha redatto una dissenting opinion molto critica, condivisa dai giudici Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson. Ne pubblichiamo ampi stralci. Sonia Sotomayor Prendi il telefono, vai sull’app dell’orologio e trova il cronometro. Clicca su “Start”. Ora osserva i secondi che salgono. Tre secondi vanno e vengono in un batter d’occhio. Al trentaduesimo, la tua mente inizia a vagare. Passa un minuto e inizi a pensare che ci stia mettendo molto tempo. Due... tre... Il tempo continua a scorrere. Poi, finalmente, arrivi a quattro minuti. Premi “Stop”. Ora immagina per tutto quel tempo di soffocare. Vuoi respirare; devi respirare. Ma sei legato a una barella con una maschera sul viso che ti pompa azoto nei polmoni. La tua mente sa che il gas ti ucciderà. Ma il tuo corpo continua a dirti di respirare. Questo è ciò che attende Anthony Boyd stasera. Per due o quattro minuti, rimarrà cosciente mentre lo Stato dell’Alabama lo sta uccidendo. Quando il gas inizierà a fluire, avrà immediatamente le convulsioni. Ansimerà per respirare. E si dibatterà violentemente contro le cinghie che lo tengono fermo mentre sperimenta questo intenso tormento psicologico, fino a perdere conoscenza. Poco meno di venti minuti dopo, verrà dichiarato morto. Boyd chiede la più elementare forma di pietà: morire fucilato, cosa che lo ucciderebbe in pochi secondi, piuttosto che soffocato fino a quattro minuti. La Costituzione gli concederebbe questa grazia. I miei colleghi no. Questa Corte volta quindi le spalle a Boyd e alla garanzia dell’Ottavo Emendamento contro punizioni crudeli e inusuali. Dissento rispettosamente. L’ipossia da azoto è un nuovo metodo di esecuzione. In questo modo, i carcerieri costringono il condannato a inalare azoto puro, che sostituisce l’ossigeno nei polmoni. Privato dell’aria, il corpo respira spontaneamente. Allo stesso tempo, la mente comprende che respirare porterà alla morte. Cinque Stati hanno autorizzato l’ipossia da azoto come forma di esecuzione, sebbene finora solo Alabama e Louisiana l’abbiano utilizzata. È stata pubblicizzato dall’Alabama e da altri Stati come un’alternativa più “umana” all’iniezione letale perché era presumibilmente “indolore” e avrebbe provocato la perdita di coscienza entro “secondi”. Insieme, Alabama e Louisiana hanno giustiziato sette persone con l’azoto, e i resoconti di prima mano di quelle esecuzioni rivelano che l’ipossia da azoto non è affatto ciò che era stato promesso. Kenneth Eugene Smith è stato il primo nella storia del nostro Paese. Quando l’azoto iniziò a fluire, Smith fece immediatamente “movimenti violenti, ansimava in cerca d’aria... I piedi e la testa si sono sollevati dalla barella, le braccia sembrano tese contro i vincoli”. Smith ebbe convulsioni per due, quattro minuti, scuotendo la barella più volte. La moglie testimoniò che era come “vedere qualcuno annegare senza acqua”. Il consigliere spirituale, che ha assistito ad almeno cinque esecuzioni tramite iniezione letale, ha osservato che “non abbiamo visto nessuno perdere i sensi in 30 secondi. Quello che abbiamo visto è stato uno che per minuti lottava per la vita. Uno che per minuti si agitava avanti e indietro. Abbiamo visto sputi e ogni sorta di roba uscire dalla sua maschera”. Ha detto che “è stata la cosa più orribile” che avesse “mai visto”. Smith è stato dichiarato morto 18 minuti dopo l’inizio dell’esecuzione. Lo Stato ha in pratica dato la c olpa a Smith per essere rimasto cosciente. Ha insistito sul fatto che le sue convulsioni erano dovute principalmente al fatto che aveva trattenuto il respiro e si era opposto alla procedura mortale. Le esecuzioni successive, tuttavia, dimostrano che Smith non era certamente il problema… I testimoni hanno ogni volta fatto osservazioni simili: apparente stato di coscienza per minuti, non secondi, e violente convulsioni, occhi sporgenti, continui dimenarsi contro i legacci e un chiaro ansimare in cerca di aria che non arrivava... L’Ottavo Emendamento “non garantisce a un prigioniero una morte indolore” [ha stabilito la Corte Suprema nel Caso Bucklew]. Ma quando uno Stato introduce un metodo di esecuzione che aggiunge il terrore psicologico come elemento necessario per la sua riuscita, i tribunali dovrebbero osservare il mandato dell’Ottavo Emendamento contro punizioni crudeli e inusuali. Permettere che la morte da ipossia d’azoto continui nonostante le crescenti e inconfutabili prove che viola la Costituzione infliggendo sofferenze inutili, non protegge la dignità della Nazione che siamo stati, della Nazione che siamo e della Nazione che vogliamo essere. NESSUNO TOCCHI CAINO - NEWS FLASH QUANDO PREVENIRE È PEGGIO CHE PUNIRE: IL CASO DELLE INTERDITTIVE ANTIMAFIA Giovanni Francesco Fidone* Quando parlo di interdittive antimafia, e lo faccio spesso vista la mia professione, sento sempre la necessità di una premessa, per non scadere in equivoci: quella che leggerete è una critica all’istituto, per come concepito all’interno del nostro ordinamento giuridico, e non di certo alle finalità che intende perseguire. La mafia è un fenomeno che va contrastato con ogni forza e ogni strumento possibile, entro i confini del nostro stato di diritto. Ma gli strumenti delle interdittive, oltre a rivelarsi troppo spesso inefficaci sul piano pratico, determinano storture che travolgono vite di persone, aziende e diritti fondamentali. La logica su cui si fondano questi provvedimenti è la medesima dello scioglimento dei consigli comunali ex art. 143 del Tuel, cioè quella del “più probabile che non”. Tutto si fonda su un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico: nessun accertamento di responsabilità, in capo a nessuno, ma un atto con finalità di prevenzione che ha più o meno gli effetti della peste bubbonica. La giurisprudenza amministrativa è piena di decine e decine di casi di aziende che sono state colpite da interdittiva per le più disparate ragioni e che sono risultate, all’esito di lunghi procedimenti giudiziari, assolutamente distanti da qualsiasi forma di contiguità mafiosa. Le conseguenze di questi provvedimenti, tuttavia, sono disastrose e comportano, letteralmente, l’interruzione della vita di aziende e imprenditori, senza limiti ragionevoli di tempo. Se le Prefetture di tutta Italia applicano in maniera altamente discrezionale l’istituto è perché la norma lo consente. E ciò determina nelle Amministrazioni una inevitabile e comprensibile predisposizione a emettere il provvedimento, tanto, al più, sarà un Giudice Amministrativo ad annullarlo. Tanto nessuno risarcirà nessuno e nessuno pagherà per gli anni di vita di cui gli sfortunati protagonisti di queste vicende sono stati, ingiustamente, privati. Perché la tutela risarcitoria, in questo campo, è assai residuale e sono rarissimi i casi in cui all’annullamento di una interdittiva fa seguito un ristoro dei danni patiti. Senza contare quanto statuito dal Consiglio di Stato con l’Adunanza Plenaria n. 3 del 2022: nella lettura più conforme alla norma sia chiaro, riconobbe titolo a conseguire un risarcimento dei danni solo alle società e non ad amministratori e soci. Come se questi provvedimenti non incidessero sulla vita degli amministratori, dei soci e delle persone che vivono dietro il soggetto giuridico colpito. Nel corso della mia vita professionale ho affrontato tantissimi casi di aziende colpite da interdittiva per le più disparate ragioni e assolutamente distanti da qualsiasi forma di contiguità mafiosa. Ricordo, fra tutti, il caso emblematico dell’azienda colpita da interdittiva, a causa di un dipendente ritenuto contiguo a soggetti che avevano commesso “reati spia” e cioè sintomatici del rischio di contaminazione criminale. L’azienda licenziò immediatamente il dipendente e, oltre al contenzioso davanti ai Giudici Amministrativi, avviò una concreta opera di “self cleaning”. Un giorno, il titolare dell’azienda invitò l’ex dipendente a un convegno organizzato da “Nessuno tocchi Caino” proprio sul tema delle interdittive: un’occasione per approfondire una questione dai contorni poco chiari, che lascia alle Prefetture campo libero alle più disparate interpretazioni sui rischi di contaminazione criminale di un’azienda. Di ritorno dal convegno, il titolare della ditta e l’ex dipendente furono fermati a un posto di blocco di routine, che si concluse dopo pochi secondi di controllo. Al momento della rivalutazione della posizione della ditta, mesi dopo, la Prefettura indicò quale indice di contiguità mafiosa il fatto che l’imprenditore e l’ex dipendente fossero insieme in auto, nonostante nel corso del procedimento amministrativo fossero state fornite tutte le giustificazioni del perché (ricevute dell’hotel, invito al convegno sulle interdittive, locandine). Non mi stanco di dirlo: il nostro paese ha bisogno di strumenti concreti ed efficaci nella lotta alla criminalità organizzata e non di quello che spesso si trasforma in una caccia alle streghe. Sarebbe ora di ancorare l’emissione dell’interdittiva a presupposti giuridici certi, che siano rigidamente tipizzati o, ancora, sarebbe ora di introdurre strumenti di limitazione della discrezionalità di cui godono le Amministrazioni e di far prevalere il principio di certezza del diritto. E allora, le associazioni, i partiti, i movimenti, possono farsi propulsori di una battaglia di civiltà, perché l’istituto diventi autentico presidio di legalità e venga per questo opportunamente rivisto nelle aule a ciò deputate. E, soprattutto, perché prevenire non diventi, davvero, peggio che punire. * Avvocato amministrativista IRAN: LA CAMPAGNA ‘MARTEDÌ CONTRO LE ESECUZIONI’ ENTRA NELLA SUA 92ª SETTIMANA IN 54 PRIGIONI Martedì 28 ottobre 2025, la campagna “Martedì contro le esecuzioni” raggiunge la sua 92ª settimana, con le prigioni di Borujerd e Ilam che si uniscono al movimento di protesta. Nella dichiarazione di questa settimana, i detenuti hanno sottolineato le 283 esecuzioni avvenute solo nel mese persiano di Mehr, tra cui 7 detenuti politici, scrivendo: “Questa portata di uccisioni di detenuti è un chiaro tentativo di creare terrore nella società e di mettere a tacere le richieste di libertà del popolo iraniano”. Il testo completo della dichiarazione della 92ª campagna “Martedì contro le esecuzioni” è il seguente: “Martedì contro le esecuzioni” si espande a 54 prigioni nella sua 92ª settimana, con l'adesione di Borujerd e Ilam. Mentre superiamo la 92ª settimana della campagna “No ai martedì delle esecuzioni”, il regime repressivo e incline alle esecuzioni ha registrato 283 esecuzioni nel suo vergognoso record per il mese persiano di Mehr 1404 (23 settembre - 22 ottobre 2025), rendendolo il mese più sanguinoso degli ultimi decenni. Durante questo mese, 7 detenuti politici, 7 donne e due minorenni sono stati condannati alla pena capitale. Da martedì scorso sono state registrate 59 esecuzioni, tra cui quelle di 2 donne. Questa ondata di esecuzioni è stata accompagnata dall'emissione e dalla conferma di nuove condanne a morte contro detenuti politici, tra cui Kavous Abdollahzadeh, un detenuto politico curdo, e Zahra Shahbaz Tabari nella prigione di Lakan a Rasht, nonché dalla riconferma delle condanne a morte per Manouchehr Fallah ed Ehsan Faridi da parte della Corte Suprema. La scorsa settimana, le autorità e le forze di sicurezza della prigione di Evin hanno tentato di trasferire Ehsan Afreshteh per l'esecuzione della sua condanna, ma hanno incontrato la resistenza degli altri detenuti. Il rischio che venga trasferito per essere giustiziato rimane imminente in qualsiasi momento. Queste sentenze spietate sono un palese tentativo di seminare il terrore nella società e di mettere a tacere la voce amante della libertà del popolo iraniano. Questo regime dispotico, che da oltre 46 anni trascina il popolo e il Paese verso la morte e la distruzione attraverso la corruzione e il saccheggio delle risorse del popolo oppresso - una pratica che continua - cerca la propria sopravvivenza attraverso lo strumento dell'esecuzione. Tuttavia, di fronte a questa macchina di morte e intimidazione, il popolo rimane saldo. Le prigioni di Borujerd e Ilam si sono unite al gruppo di prigioni che, nel cuore delle tenebre, mantengono viva la fiamma della protesta. Aderendo alla campagna “No ai martedì delle esecuzioni”, stanno facendo sentire la voce della resistenza oltre le alte mura della prigione, al mondo intero. Anche le coraggiose e addolorate famiglie dei detenuti nel braccio della morte hanno manifestato questa settimana davanti al parlamento, scandendo “No alle esecuzioni”, dimostrando che nessun potere può spegnere la fiamma dell'amore per la libertà e il diritto alla vita in questa terra. Noi, membri di questa campagna, dichiariamo ancora una volta: L'esecuzione capitale è uno strumento criminale per la sopravvivenza dei regimi dispotici. Nessuna giustificazione religiosa o politica può legittimare la negazione del diritto alla vita di un essere umano. Ogni esecuzione è una nuova ferita sul corpo della società e un segno del fallimento della legge, della dignità umana e della giustizia. Chiediamo l'immediata sospensione dell'esecuzione di tutte le condanne a morte, l'annullamento di tutte le condanne a morte emesse e l'accesso incondizionato delle organizzazioni internazionali per i diritti umani alle prigioni e ai detenuti in Iran. La campagna “Martedì contro le esecuzioni” è in sciopero della fame martedì 28 ottobre 2025 nelle seguenti cinquantaquattro prigioni: Prigione di Evin (reparti 6 e 7), Prigione di Ghezel-Hesar (unità 2, 3 e 4), prigione centrale di Karaj, prigione Fardis di Karaj, penitenziario “Grande Teheran” (Grater Tehran), prigione di Qarchak, prigione di Khorin di Varamin, prigione di Choubindar di Qazvin, prigione di Ahar, prigione di Arak, prigione di Langarud, Prigione di Qom, Prigione di Khorramabad, Prigione di Yasuj, Prigione Asadabad di Isfahan, Prigione Dastgerd di Isfahan, Prigione Sheiban di Ahvaz, Prigione Sepidar di Ahvaz (reparti maschili e femminili), Prigione Nezam di Shiraz, Prigione Adelabad di Shiraz (reparti maschili e femminili), Prigione Firozabad di Fars, Prigione di Dehdasht, Prigione di Zahedan (reparto femminile), Prigione di Borazjan, Prigione di Ramhormoz, Prigione di Behbahan, Prigione di Bam, Prigione di Yazd, Prigione di Kahnuj, Prigione di Tabas, Prigione di Mashhad, Prigione di Sabzevar, Prigione di Gonbad-e Kavus, Prigione di Qaemshahr, Prigione di Rasht (reparti maschili e femminili), Pr igione di Rudsar, Prigione Havigh di Talesh, Prigione Ezbaram di Lahijan, Prigione Dizelabad di Kermanshah, Prigione di Ardabil, Prigione di Tabriz, Prigione di Urmia, Prigione di Salmas, Prigione di Khoy, Prigione di Naqadeh, Prigione di Miandoab, Prigione di Mahabad, Prigione di Bukan, Prigione di Saqqez, Prigione di Baneh, Prigione di Marivan, Prigione di Sanandaj, Prigione di Kamyaran, Prigione Tircheh Blok di Borujerd e Prigione di Ilam. (Fonte: Iran HRM) INDIA: CINQUE CONDANNATI A MORTE PER GLI OMICIDI DI UNA SINDACA E DI SUO MARITO Cinque persone sono state condannate a morte il 31 ottobre 2025 da un tribunale dell’Andhra Pradesh in relazione agli omicidi della sindaca di Chittoor, Katari Anuradha, e di suo marito Mohan. I condannati a morte sono stati identificati come: Chandrasekhar, GS Venkatachalapathi, Jayaprakash Reddy, Manjunath e Venkatesh. L'aggressione avvenne il 17 novembre 2015, quando un gruppo armato entrò negli uffici del Comune di Chittoor e apri il fuoco su Anuradha, che si trovava nella sua stanza. Anche suo marito Mohan, accorso in aiuto, fu ucciso. Il principale accusato, Chandrasekhar, è il nipote di Anuradha. Il movente degli omicidi sarebbe legato a controversie politiche e su delle proprietà all'interno della famiglia. Il tribunale di Chittoor aveva stabilito la colpevolezza dei cinque imputati lo scorso 24 ottobre. Il caso, pendente da quasi un decennio, ha dovuto subire diversi rinvii per motivi procedurali e probatori. (Fonte: News18, 31/10/2025) KUWAIT: GOVERNO APPROVA NUOVA LEGGE ANTIDROGA Il Consiglio dei Ministri del Kuwait ha approvato una nuova legge quadro antidroga che introduce test antidroga random per dipendenti pubblici militari e civili, test obbligatori per i richiedenti patente e matrimonio, e pene più severe per i reati legati alla droga, inclusa la pena di morte nei casi più gravi, ha riportato Gulf News il 29 ottobre 2025. La nuova legge è stata approvata in una riunione del Consiglio dei Ministri presieduta dal Primo Ministro Sheikh Ahmad Al Abdullah Al Sabah e sarà sottoposta all'approvazione dell'Emiro Sheikh Mishal Al Ahmad Al Jaber Al Sabah, rende noto l'agenzia di stampa statale KUNA. La legge emendata consolida due leggi precedenti – la Legge n. 74 del 1983 sulla lotta agli stupefacenti e la Legge n. 48 del 1987 sulle sostanze psicotrope – stabilendo un quadro normativo unificato per colmare lacune procedurali ritenute in passato alla base di assoluzioni. Stabilisce pene più severe, tra cui l'esecuzione capitale o l'ergastolo per trafficanti, spacciatori e intermediari, oltre a multe fino a due milioni di dinari. Descritta dai funzionari come una "guerra globale alla droga", la legge emendata introduce disposizioni preventive, terapeutiche e punitive senza precedenti in altre giurisdizioni. Autorizza test antidroga casuali per i dipendenti pubblici, sia militari che civili, per garantire la continua idoneità al servizio. La legge autorizza inoltre il Ministro della Salute a includere lo screening antidroga nei controlli medici prematrimoniali e il Ministro dell'Interno ad aggiungerlo ai requisiti per la patente di guida e il porto d'armi. Rifiutare un test antidroga può comportare una pena detentiva fino a quattro anni, ad eccezione di coloro che intendono sposarsi e degli studenti, mentre alla polizia sono stati concessi poteri di arresto immediato per i sospetti consumatori. La legge prevede inoltre il ricovero ospedaliero obbligatorio per i tossicodipendenti sotto la supervisione della polizia fino al recupero, con carceri separate per chi commette reati legati alla droga. La legge prevede condanne a morte in quattro casi, incluso fornire droga a minori, sfruttare un ufficio pubblico per trafficare stupefacenti o scambiare droga con favori. Prevede inoltre pene detentive fino a 10 anni per gli atleti che fanno uso di stimolanti e fino a tre anni per chiunque inciti o faciliti l'uso di droga, anche indirettamente. I funzionari hanno affermato che la legge mira a unificare la terminologia, standardizzare l'applicazione della legge e rafforzare la prevenzione, il trattamento e la deterrenza all'interno di un unico e solido quadro giuridico per proteggere la società dagli stupefacenti. (Fonte: Gulf News, 29/10/2025) I SUGGERIMENTI DELLA SETTIMANA NESSUNO TOCCHI CAINO NEWS è un servizio di informazione gratuito distribuito dalla associazione senza fini di lucro Nessuno Tocchi Caino - Spes contra spem. Per maggiori informazioni scrivi a info@nessunotocchicaino.it |



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